di Bruno Ferretti
Ha trattato l’Ascoli come un’altra qualunque azienda in crisi. Cinquanta giorni dopo il fallimento, ovvero il 6 febbraio 2014, Francesco Bellini (insieme ai quattro soci ascolani Battista Faraotti, Giuliano Tosti, Gianluca Ciccoianni e Piero Palatroni) ha acquistato la società calcistica che era fallita nel dicembre 2013. Per i tifosi bianconeri, ma diciamo per tutta la città, furono giorni di festa perché credevano in questa compagine guidata da Bellini, maggiore azionista con l’80% circa delle quote. Dopo circa un mese Palatroni lasciò l’Ascoli (successivamente è diventato presidente del Monticelli in serie D). Gli altri soci hanno continuato ad affiancare Bellini e per sostenere l’Ascoli, evitando di entrare in polemica con Bellini anche quando non ne hanno condiviso alcune scelte.
A distanza di quasi quattro anni, nel corso dei quali l’Ascoli ha avuto la possibilità di risalire in B (grazie alla penalizzazione del Teramo), Bellini ha rivelato le sue reali intenzioni: vendere una società risanata. Si è comportato, insomma, come quelli che vengono chiamati “venture capitalist”, ovvero investitori in capitali a rischio. In altre parole comprano aziende in crisi, sull’orlo del fallimento o già fallite, ci investono denaro per rimetterle in piedi e poi le rivendono guadagnando. Per carità: tutto lecito, tutto entro i confini della legalità. Ma da Francesco Bellini nessuno (o forse solo pochissimi) si aspettavano questo.
Dove è finito l’amore dichiarato per i colori bianconeri, o il “Sogniamo insieme” della moglie Marisa proclamato dal palco di Piazza Arringo di fronte a una folla plaudente?
Siamo dunque nella fase della vendita. Bellini prima ha detto di non voler cedere la società agli ascolani, poi ha corretto il tiro specificando che gli va bene anche un acquirente ascolano, ma… senza sconti.
Quanto vuole ? Si parla di 12 milioni di euro che, in fase di trattativa, potrebbero diventare 10 o poco meno. Comunque tanti. Il secondo azionista Battista Faraotti ha sempre dichiarato di non voler compiere il grande passo. Poi c’è Giuliano Tosti, emergente imprenditore ascolano, da sempre sostenitore bianconero, il quale ha mostrato grande e disinteressato attaccamento all’Ascoli. Ci proverà lui, magari con il sostegno di qualche altro imprenditore amico ? Sarebbe la soluzione più gradita dalla tifoseria. Chissà. Ma non si può escludere una nuova proprietà non ascolana. Nei giorni scorsi due emissari dei fratelli Diego e Andrea Della Valle, imprenditore marchigiani di livello mondiale nel settore calzaturiero, si sono recati in Canada per parlare dell’Ascoli con Bellini. I Della Valle, nati a Sant’Elpidio a Mare (oggi provincia di Fermo ma fino a qualche anno fa di Ascoli), hanno rilevato la Fiorentina 15 anni fa, nel 2002. Lo scorso giugno, causa problemi con il Comune di Firenze e qualche contestazione dei tifosi viola, hanno detto stop: «La Fiorentina è in vendita, chi la vuole si faccia avanti».
Passare dalla Fiorentina (serie A) all’Ascoli (attualmente ultimo in B) sarebbe un passo indietro, questo è vero. Ma c’è da considerare che sono imprenditori piceni che in passato e anche in tempi molto recenti soprattutto dopo il terremoto del 2016, hanno fatto tanto per la loro terra di origine. I Della Valle sono fra gli industriali più ricchi d’Italia. Potrebbero acquistare l’Ascoli, anche senza vendere la Fiorentina. Potrebbero farlo utilizzando qualche altra figura, come fa ad esempio Lotito proprietario e presidente della Lazio in serie A ma anche comproprietario della Salernitana in B insieme al cognato Mezzaroma.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati