di Nerina Galiè
A Comunanza la comunità indiana è piuttosto numerosa: 120 su 3081 residenti. Sono ben integrati nella vita cittadina, riservati, rispettosi dei loro usi e costumi, ma altrettanto di quelli occidentali. Hanno regolari occupazioni e alcuni di loro coprono anche 20-30 km in motorino per raggiungere il luogo di lavoro. I figli, molti dei quali nati in Italia, frequentano la scuola e partecipano a tutte le attività sia curriculari che ludiche. Eppure, a scatenare la violenta rissa tra cittadini di nazionalità indiana dello scorso 11 dicembre, potrebbe essere stata una storia d’amore e d’amicizia finita male. Otto ragazzi, divisi in due gruppi contrapposti, se le sono date di santa ragione in una via centralissima della città, tanto da indurre alcuni passanti a chiedere l’intervento dei carabinieri. In cinque sono rimasti feriti, alcuni seriamente, e trasportati in ospedale. Tutti sono finiti davanti al giudice e saranno sottoposti a processo per rissa, reato perseguito d’ufficio in presenza di lesioni.
«Convalidato l’arresto -spiega l’avvocato Enrico Pompei di San Benedetto del Tronto, difensore di 5 dei ragazzi coinvolti- il giudice ha disposto i domiciliari, convertiti poi in obbligo di dimora: tutti i ragazzi, ad eccezione di uno per cui mi sto adoperando, devono essere in casa dalle ore 20 fino alla mattina successiva. Questa misura cautelare, meno restrittiva della prima, fa sì che nessuno perda giorni di lavoro in attesa del giudizio».
Avvocato Pompei, a cosa andranno incontro?
«In caso di condanna, la pena prevista va da 3 mesi a 5 anni. Non ho ancora stabilito la linea difensiva né ho avuto ancora occasione di sentire l’avvocato Olindo Dionisi (che assiste i 3 della “fazione opposta”, ndr). Ma cercherò di ottenere tutte le attenuanti del caso. Ora la rissa è un fatto oggettivo, o c’è o non c’è: in questo caso c’è stata. Un ragazzo ha riportato un trauma cranico. Faccio però il penalista da anni e posso affermare di averne viste di peggio, e tra italiani, per una partita di calcio o per motivi politici».
Oltre al reato d’ufficio che riguarderà indistintamente tutti e 8 gli implicati, è possibile che un gruppo riverserà sull’altro ogni responsabilità?
«In questo caso bisognerebbe dimostrare la legittima difesa, non ne vedo proprio i presupposti. Spero invece di portarli a processo con il rito abbreviato, così da ottenere uno sconto della pena. Ed entrerò nella dinamica di quanto accaduto allo scopo di dimostrare i futili motivi. Ritengo, alla luce della mia esperienza, che la cosa migliore per tutti sia che questa storia si concluda il più presto possibile e che otto famiglie tornino alla quotidianità»Motivi d’amore e d’amicizia dicevamo, indubbiamente nobili e meritevoli di essere difesi in ogni parte del mondo. Ma magari non con la rissa: chi ne resta coinvolto rischia di farsi male seriamente e certamente sarà perseguito dalla legge. Almeno nel nostro Paese.
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