Marchigiani con la valigia in mano per curarsi fuori regione, una triste realtà per quasi 22mila cittadini. E’ quanto emerge dai dati aggiornati al 31 dicembre 2016 delle schede di dimissioni ospedaliere diffuse dal Ministero della Salute. Migliora la cosiddetta mobilità passiva, ma resta ancora negativo il saldo tra il numero di pazienti che la regione attira e chi invece decide di curarsi fuori dalle Marche. “«Da anni la Cisl chiede investimenti sul personale e stabilizzazioni del personale precario per potenziare le strutture pubbliche ed affrontare sia il problema della mobilità passiva che delle liste d’attesa – commenta il segretario regionale Cisl Funzione pubblica Luca Talevi -. Basterebbe investire in progettualità sul personale una piccola parte dei milioni di euro che ogni anno le Marche danno alle altre regioni per far curare i pazienti marchigiani. Senza questa operazione non si riuscirà ad invertire il trend». Nel corso del 2016 infatti 21.867 marchigiani, pari al 13.4% dei 163.033 ricoverati acuti in regime ordinario, si sono rivolti fuori regione (mobilità passiva), contro i 17.064 italiani non marchigiani, pari al 10.8% del totale, che si sono rivolti verso strutture ospedaliere della regione (mobilità attiva).
A spingere questo “turismo sanitario” sono soprattutto le cure dovute a problemi oncologici, ortopedici e cardiaci. La gran parte dei marchigiani che si sono rivolti verso strutture ospedaliere extra regionali si sono curati in Emilia Romagna, ben 11.367 unità pari a oltre il 50% del totale, a seguire la Lombardia con 2978 unità, ed a “sorpresa” l’Umbria con 1776 unità. La mobilità passiva si denota cosi come un fenomeno che non riguarda solo la fascia costiera della regione ma anche la zona interna, tanto che le Marche contribuiscono al saldo attivo complessivo della vicina Umbria. La mobilità attiva proviene invece per oltre il 50% dall’Abruzzo con 7974 pazienti e distaccata la Puglia con 2078. Complessivamente le Marche al contrario di altre regioni, anche del centro Italia come Emilia-Romagna e Toscana, non riescono ad intercettare, se non in parte, la grande richiesta di sanità che giunge dalle regioni del Sud, spesso commissariate.
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