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Ricostruzione, Cesaroni:
«Le procedure sono farraginose,
ma non ci arrendiamo»

COMUNANZA - Sindaco in trincea. Su 3.100 abitanti, 71 famiglie percepiscono il "contributo autonoma sistemazione". In paese due zone rosse, ma la gente attende di tornare a casa. L'ospitalità ai cittadini dei centri vicini
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Uno dei tanti edifici puntellati nel centro di Comunanza

di Maria Nerina Galiè

A un anno e tre mesi dai terremoti che hanno cambiato le mappe sismiche e la vita di tante persone, proviamo a capire gli effetti e fare il punto sulla ricostruzione nel Comune di Comunanza.  Nel “dare i numeri”, insieme a date e acronimi, cerchiamo di fare chiarezza con riscontri dell’ufficio sisma, spiegazioni di tecnici impegnati in prima linea, precisazioni e commenti del sindaco Alvaro Cesaroni.

Il sindaco Alvaro Cesaroni

Dal report mensile della Regione Marche si evince che a fine 2017, a Comunanza hanno percepito il contributo per l’autonoma sistemazione (Cas) 71 nuclei familiari, per un totale di 169 persone su poco meno 3.100 abitanti. Dato confermato dall’ufficio sisma il quale precisa che ad oggi sta valutando altre 10 domande. Si potrebbe dunque arrivare a 80 famiglie circa. Un numero esiguo rispetto ai paesi confinanti. Ad esempio ad Amandola, a dicembre 2017 risultavano assistiti dal Cas 226 nuclei familiari, 487 residenti dei totali 3.700. A Montemonaco 68 famiglie su 600 abitanti. O addirittura a Montegallo, 136 famiglie su 573 residenti.
«Sicuramente gli altri paesi sono stati più sfortunati di noi – sostiene il sindaco – qui i danni sono stati meno ingenti». Tanto che a Comunanza hanno trovato riparo diversi cittadini dei comuni vicini.
«Dopo la chiusura dell’ospedale di Amandola – ricorda il primo cittadino – il Comune aveva anche offerto l’utilizzo del Poliambulatorio per fare fronte all’emergenza sanitaria. Poi si sono organizzati diversamente. Riguardo al Cas, posso dire che fin dall’inizio abbiamo adottato severi criteri nella valutazione delle richieste. Il contributo, per legge, spetta a chi ha dovuto lasciare la dimora abituale. Quindi abbiamo preteso le bollette delle utenze, per riscontrare la veridicità di quanto dichiarato dal cittadino».
Gli architetti Silvia Berardi e Monia Germani: «Alcune famiglie che hanno ricevuto l’ordinanza di sgombero con una classificazione del danno B (utilizzabile senza rischi con lavori di pronto intervento, ndr) hanno preferito, e avuto la possibilità economica, di provvedere da soli alla riparazione e rientrare così in breve tempo».

Gli architetti Silvia Berardi e Monia Germani

Ci spiegano che anche queste persone avranno accesso al contributo, dimostrando in seguito i lavori effettuati.
Ricordiamo che il contributo per l’autonoma sistemazione, spettante a chi ha dovuto “sgomberare” la dimora abituale danneggiata dal sisma, ammonta ad un minimo di 400 euro mensili ad un massimo di 900 euro.
Cifra stabilita in base al numero dei componenti del nucleo familiare, con l’aggiunta di 200 euro per le persone diversamente abili o sopra i 65 anni di età.

Ben più preoccupante il confronto tra i numeri della conta dei danni e i presupposti per la ricostruzione. A Comunanza sono stati effettuati circa 1.200 sopralluoghi che hanno prodotto 763 schedature, anche se all’ufficio sisma precisano che i dati sono in corso di aggiornamento, perché le ultime verifiche si sono concluse con gennaio.  Dalle 763 schede è risultato che 370 edifici sono agibili e 16 già ruderi, 377 non utilizzabili o inagibili. Ma i progetti per la ricostruzione, presentanti attraverso la piattaforma informatica Mude, Modello unico digitale per l’edilizia, sono soltanto 10, di cui 4 finanziati con decreto, gli altri 6 in istruttoria.
«La procedura è macchinosa e farraginosa. La normativa è di difficile interpretazione e in continua evoluzione»: sindaco, architetti e impiegati dell’ufficio sisma sono dello stesso avviso.
«Ci sono tante incertezze – specifica l’architetto Berardi – anche per dare risposte ai proprietari. Nella progettazione dobbiamo inserire spese per lavori necessari, ma non sappiamo se verranno finanziate oppure stralciate e caricate al cliente».
Quasi 50 le ordinanze emanate dal Governo, in risposta alle esigenze che si sono ravvisate nel succedersi degli eventi. «Eppure – continua la Berardi, che ha fatto parte delle squadre di volontari per i sopralluoghi Fast in tutta la provincia – non è la prima volta che avvengono i fenomeni sismici e purtroppo non sarà nemmeno l’ultima. Mi chiedo come mai ancora non è ancora stata codificata e standardizzata una procedura».
Come funziona. Il presupposto base per la richiesta dei contributi è il riconoscimento del danno provocato dal terremoto da parte dell’Ufficio speciale per la ricostruzione (Usr). Fino al dicembre 2016, i sopralluoghi dovevano essere effettuati esclusivamente da tecnici della Protezione Civile, i cosiddetti agibilitatori, su richiesta del cittadino e coordinati dai Comuni. Il sistema si è intoppato subito: pochi agibilitatori e tantissime richieste di sopralluogo in tutto il cratere.
L’ordinanza 10 del dicembre 2016 ha esteso la possibilità di fare i sopralluoghi a tutti i tecnici professionisti. Inoltre ha istituito, accanto alla scheda Aedes (certificato di agibilità e danno nell’emergenza sismica), la scheda Fast (sui fabbricati per l’agibilità sintetica post-terremoto). La Fast è una perizia più speditiva della prima, riporta il solo dato “utilizzabile” o “non utilizzabile”, e non è rilevante ai fini dell’ammissione al contributo. Alla Fast che dichiara l’edificio “non utilizzabile”, deve far seguito un’ordinanza sindacale per lo sgombero. Subito dopo un altro tecnico, non lo stesso della Fast, deve presentare una perizia giurata corredata dalla scheda Aedes, dalla quale si riscontrano la temporanea o parziale inagibilità, il grave rischio strutturale o il danno esterno, riconducibili alle ormai tristemente note classificazioni “B, C, D, E, F”.
L’Aedes va inviata all’Usr (se si tratta di un condominio, le Aedes dei singoli alloggi vanno prima riunite) che approva l’esito e lo notifica al Comune il quale deve perfezionare la procedura con un’altra ordinanza. Sempre che il cittadino non chieda la revisione della perizia o addirittura le perizie siano multiple e di pareri discordi: in questo caso interviene il centro di coordinamento regionale, con sede a Macerata.
Arrivati faticosamente alla presentazione del progetto, l’Usr si riserva circa 5 mesi per dichiararne l’ammissibilità e chiedere al Comune di verificare la conformità urbanistica. Oltre il 50% degli edifici presenta irregolarità più o meno lievi. Lo dicono in Comune e lo confermano gli architetti. E la sanatoria, a carico del proprietario e con una spesa minima di 1.000 euro, è condizione essenziale per l’ammissione al contributo.
Numerosi passaggi dunque e molti ostacoli. E tanto lavoro in più per gli uffici comunali, con soltanto due impiegati in più, gli addetti all’ufficio sisma, ma che il sindaco auspica possano raddoppiare.
Chiaro un caso preso ad esempio dall’architetto Germani: «Lo scorso 1 aprile la Fast ha dichiarato non utilizzabile un immobile a Comunanza. La relativa ordinanza comunale è arrivata il 27 settembre. A quel punto il proprietario, che intanto ha dovuto trovarsi un’altra sistemazione, ha richiesto il sopralluogo Aedes. L’Usr ha convalidato la scheda il 20 novembre. Tutt’ora la famiglia è in attesa della nuova ordinanza comunale per poter presentare il progetto di ricostruzione».

Il Municipio di Comunanza

Quasi un anno senza trovare “la strada di casa”. Così come nel centro storico di Comunanza dove a fine novembre sono state notificate ordinanze relative a controlli Fast fatti tra marzo e aprile.
La parte vecchia del paese, due zone rosse, pochi residenti ma molti edifici abbandonati, ha dato non pochi grattacapi. Già dopo le prime scosse, il Comune ha provveduto alla messa in sicurezza di coppi e comignoli pericolanti e per le condizioni di alcuni edifici, per fortuna disabitati. E subito sono partite le prime ordinanze laddove c’era rischio per i residenti.
«Al centro storico – dicono ancora gli architetti – molte abitazioni sono state sgomberate poiché inserite in un aggregato composto anche da ruderi che possono recare danno. In questo caso i proprietari di tali ruderi hanno diritto al contributo per la ricostruzione, ma solo della parte strutturale». Contributo o no, alcuni residenti devono attendere le lungaggini della loro pratica e di quella del vicino di casa, ammesso che se ne abbia traccia.
Storie come tante, a Comunanza come in altri paesi del cratere, dove tecnici, impiegati e amministratori si danno da fare affinché tutto torni alla normalità. E dove tanti cittadini, con pazienza e un po’ di rassegnazione, attendono di tornare a casa il più presto possibile, senza evitare di pensare che tutto sommato poteva accadere di peggio.


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