di Franco De Marco
Le bucce di banana, lei, non le butta via, tanto meno ci scivola sopra, ma le trasforma in una materia naturale cento per cento, totalmente riciclabile, con la quale realizza braccialetti, collane, anelli e altri articoli di bigiotteria. Oggetti che emanano anche un piacevole profumo, tra cui proprio il braccialetto rappresenta una novità assoluta. Che esploda una nuova moda? Chissà.
Questa originale e rivoluzionaria materia, utilizzabile anche per altri prodotti, si chiama Banpur. A scoprirla, con formula naturalmente segreta, è stata un’ascolana italo-greca, Chiara Galentsios, 31 anni, padre greco e madre ascolana (la dottoressa Patrizia Righetti titolare dell’omonima farmacia in centro), con doppia laurea, una in Scienze e Tecnologie della Conservazione dei Beni culturali e del Restauro presso l’Università di Camerino e un’altra in Disegno Industriale ed Ambientale sempre presso l’Unicam. Il progetto Banpur, in occasione della sua laurea triennale in Disegno Industriale, è stato seguito dai professori Carlo Santulli e Mirco Palpacelli. Lo studio ha visto anche la pubblicazione sul Journal of Basic and Applied Research International vol. 23 n. 2 col titolo “DIY bioplastic material developed fron banana skin waste and aromatised for the productionof bijoutry objects”. Il Banpur ha immediatamente suscitato l’interesse degli “addetti ai lavori” nel mondo scientifico e industriale. Il suo campo di applicazione potrebbe essere molto vasto. Al microscopio l’immagine del materiale appare di carattere legnoso. Per la produzione sono state effettuate prove meccaniche presso l’Istituto Tecnico Superiore Fermi-Sacconi-Ceci con l’apporto del professor Renato Marchetti e del tecnico Alessio Guerrieri. La caratterizzazione espressivo-sensoriale è stata realizzata con la collaborazione di Maria Francesca Zerani.
Chiara, come le è venuta l’idea di utilizzare le bucce di banana? «Gli scarti sono ormai qualcosa con cui si è perso il contatto, che si gettano perché ritenuti non più utili ed interessanti. Per questo occorre adoperarsi per ricostruire un legame, o bond ,con il materiale che si butta creando oggetti interessanti e simbolici. Tale processo di creazione di valore si chiama upcycling e viene investigato da varie università tra cui naturalmente Unicam. Gli scarti agroalimentari hanno anche un aspetto “culturale” non trascurabile facendo parte di una filiera complessa e prestandosi particolarmente bene all’upcycling».
Bigiotteria e cos’altro? «La mia ricerca propone un possibile utilizzo di un rifiuto molto diffuso, come le bucce di banana, per la fabbricazione di un materiale biocomposito, adatto alla produzione di piccoli oggetti di design, in particolare ad una collezione di articoli di bigiotteria che comprende una serie di oggetti, in particolare parure, ciondoli e orecchini. Il campo di applicazione potrebbe essere tuttavia allargato ad altri oggetti».
Ci svela la formula del Banpur?
«Ho accoppiato le bucce di banana nel modo più “leggero” e naturale alla sua matrice a base di farina. Inoltre ho scelto di aromatizzarlo con essenze provenienti dalla Grecia, viste le mie origini, nel tentativo di caratterizzarlo, in particolare consentendo al materiale di essere il più possibile personalizzato per l’uso. Alle bucce di banana ho addizionato via via vari ingredienti naturali di origine greca, dal tipico distillato ad altra gradazione alcolica, Ouzo, alla mastika, resina ottenuta dal lentisco. Di più non posso dire se non che lo studio sulle possibilità offerte dalle bucce di banana nel settore dei materiali bio da parte di Unicam prosegue in collaborazione anche con la University of Plymouth grazie allo stage di Achille Ferrante».
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