di Claudio Romanucci
«Sessant’anni di Carnevale per i big della manifestazione come Zè Vagni e Alberto “Peperoso” Ercoli? Adesso che ci penso è un anno importante anche per la mia attività. Abbiamo aperto nel 1958 sulla “costa dell’ospedale” (via Pretoriana, ndr). Era primavera, avevo 11 anni».
Zè Migliori
Sessant’anni ma, nella sua memoria, come fosse ieri. Zè Migliori è già all’opera su più fronti in vista del Carnevale. E’ diviso tra l’impegno nella sua attività enogastronomica in Piazza Arringo a preparare leccornie, il trentennale del premio “L’Asene che vola” (una sorta di premio della critica, fuori dai dettami del concorso classico) e l’idea di partecipare sempre e comunque all’evento. Con lui si entra nella porta a molla che conduce alla cucina. Parliamo di cibo e di tradizione. «I ravioli di carne non li fanno ovunque – precisa – basta spostarsi già poco oltre la vallata e l’usanza si affievolisce».
Di che si tratta?
«Del piatto forte del carnevale: serve una bella gallina. Dopo averla spennata e pulita per bene la mettiamo a bollire con un po’ di carne di maiale. Col brodo prodotto bagniamo anche del pane raffermo da destinare al successivo impasto. Una volta disossata e spolpata, aggiungiamo all’impasto del pecorino delle nostre zone. Parallelamente prepariamo la pannella. Una volta pronta la stendiamo e andiamo a realizzare i ravioli: una bella noce di impasto, il taglio a mezza luna e il classico pizzico per ‘la cresta del gallo’. Ci siamo, possiamo buttarli nell’acqua bollita e condirli poi con pecorino e/o cannella».
Cosa ci beviamo sopra?
«Un rosso del Piceno va benissimo».
Passiamo al dolci.
«Stavolta ci vogliono le castagne, zucchero e un po’ di rum per l’impasto. Ma occhio a non esagerare, li mangiano pure i bambini. Nel vassoio, con le frappe, finiscono anche i ravioli con la crema pasticcera. Nel bicchiere mettiamo del vino cotto o della sapa, non sbagliamo di sicuro».
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati