di Luca Capponi
(foto e video di Andrea Vagnoni)
Come ogni capolavoro che si rispetti, esistono versioni in centinaia di lingue, dal russo al cinese, e in altrettanti dialetti italiani: milanese, napoletano, barese, veneto, sardo. Mastro Ciliegia, però, non si era mai chiamato “Cerecia”, né il Gatto e la Volpe erano divenuti “lù Atte e la Volpe”. Ci ha pensato il mitico Enzo Morganti, sopraffino fotografo classe 1940, ma anche scrittore, scultore e soprattutto grande conoscitore del vernacolo di casa nostra, a tradurre Pinocchio dall’italiano di Carlo Collodi…al dialetto ascolano.
L’interessante versione, edita da Lìbrati (con le illustrazioni di Lorenza Scarsi), è già nelle librerie e verrà presentata sabato 31 marzo presso la libreria Rinascita alle 17,30. Oltre al buon Morganti, saranno presenti Antonio D’Isidoro (autore della prefazione), Carmelita Galiè, Sabina Gaspari e Gianluca Giani, che leggeranno alcuni passi dell’opera.
Morganti mostra il suo libro
«La mia è una traduzione letterale frase per frase, non ho omesso né cambiato né aggiunto nulla all’originale. -spiega Morganti, che ha lavorato al progetto per un’estate intera- Anche i nomi dei personaggi sono rimasti quelli, ho cambiato solo dove c’era la possibilità, ad esempio Pinocchio, Lucignolo e Geppetto non li ho tradotti. L’opera di Collodi è un capolavoro non solo della letteratura dell’infanzia, ma un libro ricco di considerazioni morali elevate. Al cinema resta nella storia la trasposizione di Comencini».
Un progetto rimasto nel cassetto, però, per cinque anni, in attesa di una pubblicazione più volte rinviata e per cui, soprattutto le istituzioni, a cui pure un volume del genere poteva (e può) interessare, hanno mostrato interesse solo di facciata: «Per fortuna, a un certo punto, è arrivata la Fondazione Carisap, che non ha esitato un attimo a supportare il progetto».
Ma non solo. Il lavoro di Morganti ha attirato anche l’attenzione di Angelo Speranza, pescarese, “cacciatore” di tutte le versioni di Pinocchio esistenti nelle diverse lingue del mondo. Il quale ha già detto che, in occasione della presentazione del 31, esporrà una serie di rari volumi provenienti dalla sua collezione.
«Ho pensato ai bambini che non parlano più in dialetto, addirittura nelle scuole ci sono certe maestre che glielo proibiscono, così come le famiglie. E invece il dialetto è una lingua “nostra”, del popolo, antica, non è un difetto, è un modo di comunicare, e come tale credo vada almeno imparato. -conclude Morganti- Per fortuna ci sono insegnanti che condividono il messaggio e hanno interesse. Alla presentazione, non a caso, ho invitato anche i dirigenti scolastici. Lo scopo è di diffondere questa cultura presso le nuove generazioni, ho scelto Pinocchio proprio per questo».
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