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Ultimo appello per l’Eremo di San Giorgio
Ora rischia di essere abbattuto

ASCOLI - L'allarme di Italia Nostra: «Il Comune lo ha dichiarato "collabente", il che ha determinato l’impossibilità di completare il sopralluogo con le indicazioni utili per la pratica di consolidamento o ricostruzione. L'atteggiamento passivo tenuto dai proprietari profila la soluzione infausta per questo gioiello, a cui non possiamo non opporci»
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L’eremo di San Giorgio com’era (foto dal sito del Comune di Ascoli)

Sarebbe un peccato mortale, ma tanto sembra profilarsi all’orizzonte. Perché dove non arriva l’egoismo e la stupidità dell’uomo, arriva purtroppo il tempo a porre le sue spietate sentenze. L’Eremo di San Giorgio, gioiello sito lungo la strada che sale verso Monte di Rosara, nel bel mezzo di un bosco, rischia di essere abbattuto. Dopo anni di appelli, proposte ai proprietari e mobilitazioni, niente da fare.
A renderlo noto è chi si è sempre battuto per preservare tale sito, ovvero la sezione ascolana di Italia Nostra presieduta da Gaetano Rinaldi. «Con una nota del 28 aprile il Comune di Ascoli ha dichiarato che si tratta di un edificio “collabente” o rudere o precario, il che ha determinato l’impossibilità di completare il sopralluogo con le indicazioni utili per la successiva pratica di consolidamento o ricostruzione. Va tenuto in conto che, per gli edifici collabenti, i proprietari hanno diritto al solo contributo per la demolizione dello stesso e relativi oneri di smaltimento macerie», spiega Rinaldi. «Insomma, con questa comunicazione si chiude definitivamente la storica vicenda del prestigioso convento e si accetta l’infausta idea che l’unica soluzione sia ridurre la memoria storica di un luogo topico del territorio piceno ad un informe ammasso di macerie. -va amanti amaro il presidente di Italia Nostra- Eppure da tempo avevamo segnalato l’importanza del monumento sia per il pregio delle antiche costruzioni, sia per la lunga storia del sito che si perde nella notte dei tempi a partire dal periodo in epoca pagana in cui era praticato il culto dedicato alla Dea Bona, sia per il contesto ambientale e per il fascino indescrivibile del sito esaltato dalla presenza della precipite impressionante parete di travertino di incredibile color rosato da cui il termine Rosara dato alla località».

Com’è oggi l’eremo (foto dal sito iluoghidelsilenzio.it)

«E’ per tutti questi motivi che, pur tenendo conto dell’atteggiamento passivo tenuto dai tanti proprietari dell’immobile che non solo non aderirono alla conveniente offerta di acquisto fatta dall’Amministrazione comunale di Ascoli, ma addirittura non fornirono alcuna risposta alle ripetute note della Soprintendenza di Ancona con cui fu richiesta la documentazione per consentire di poter procedere alla formalizzazione della Dichiarazione di Interesse Culturale per l’immobile, la sezione non può non opporsi alla idea che l’unica soluzione da dare a questa triste vicenda sia la distruzione dell’edificio.  -aggiunge Rinaldi- Crediamo si debba invece in primo luogo formalizzare, anche se con tanto ritardo, il vincolo di tutela riconoscendo ufficialmente la preminente presenza di interesse storico-architettonico. Allo stesso tempo occorre individuare ogni possibile azione che consenta di conservare l’integrità delle strutture murarie dell’edificio ancora esistenti, avviando la procedura per la dichiarazione di cessazione del diritto di proprietà e l’acquisizione del bene al patrimonio comunale in applicazione dei principi costituzionali che riconoscono l’esigenza del rispetto del principio della preminente funzione sociale di un bene, colpevolmente non assicurata dai proprietari per lo stato di abbandono in cui lo hanno tenuto per un lungo lasso di tempo».
Impossibile non convenire con quanto sostenuto da Rinaldi. Va dato atto al Comune di avere provato più volte a porre rimedio alla situazione. Ma la questione non era, tantomeno lo è oggi, affatto facile. A rimetterci, come al solito, un territorio e chi si fa vanto dei tanti tesori ivi contenuti. Non resta che sperare nell’illuminazione decisiva che ponga rimedio, in extremis, a un destino disgraziato.

Lu. Ca. 

 

 

 

 


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