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Un paesaggio inatteso:
i calanchi dell’Ascensione
(Le foto)

ALLA SCOPERTA dello splendido monte che cinge Ascoli e di una delle sue caratteristiche più interessanti: i calanchi. Una realtà esclusiva nel contesto dell’Appennino e dell’Italia centrale, un posto fuori dell’ordinario e unico nel suo genere. Proprio lì, nel 2013, si è formato un nuovo specchio d'acqua, il lago di Porchiano, ora quasi scomparso a causa della siccità
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Gli straordinari colori dei calanchi di San Rustico, contrada di Ripatransone

di Gabriele Vecchioni

(foto di Marco Aubert, Nazzareno Cesari, Alfredo Mozzoni, Lucio Piunti, Claudio Ricci, Pietro Tarli e Gabriele Vecchioni)

«Il monte dell’Ascensione, poco più di mille metri, è uno dei colli più belli che circondano Ascoli. […] sembra una piramide quasi perfetta con una vetta tricuspidale incisa da profondi burroni». Così, vent’anni fa, Secondo Balena presentava il Monte dell’Ascensione, straordinario sito storico e naturalistico, legato in modo indissociabile alla città di Ascoli Piceno.

I calanchi dell’Ascensione visti da Colle San Giacomo. Sullo sfondo, il rilievo del Cònero

Nel paesaggio di colline («li dolci colli» di Cecco d’Ascoli) che cingono le cento torri si innalza la sagoma bizzarra dell’Ascensione, fondale della città verso set­tentrione, un sipario che ne ha accompagnato la storia nel corso dei secoli. Il rilievo ha un’al­titudine modesta ma è ben visibile da ogni parte del territorio e presenta paesaggi affa­scinanti: l’uomo è intervenuto sul territorio creando un paesaggio dinamico, dove il “co­struito” si fonde straordinariamente con il “naturale”.
Il Monte dell’Ascensione (ma per gli ascolani è solo l’Ascensione) è un’altura isolata, un bal­cone panoramico eccezionale sulle colline picene e le catene più vicine dell’Appennino, la città di Ascoli e la vallata del Tronto, fino alla distesa azzurra del mare Adriatico. È una montagna che riesce a es­sere diversa da tutte le altre e diversa da se stessa: a seconda di dove lo si osservi, il monte offre sempre un’im­magine altra di sé; in più, c’è il territorio dei calanchi, splendido laboratorio natu­rale dove si può riconoscere la forza primordiale della natura. È sicu­ramente una realtà esclusiva nel contesto dell’Appennino (e dell’Italia centrale in gene­rale), un posto fuori dell’ordinario: la popolazione deve avere coscienza di ciò e sentire l’or­goglio di vivere in un territorio unico.

A Porchiano i campi coltivati arrivano fin quasi ai piedi dei calanchi

I geositi. Con il termine “geosito” si indica una specificità geologica o geomorfolo­gica del patrimonio paesaggistico di un territorio, di particolare pregio scientifico-ambien­tale, costi­tuita da singolarità naturali che testimoniano i processi di formazione e di modella­mento della superficie del pianeta. La parola manifesta in forma abbreviata un “sito di inte­resse geologico” (nel territorio dell’Ascensione, sono considerati geositi gli affiora­menti di conglomerati, le aree calanchive, la Fossa del Lupo…). Il geosito offre un aiuto im­por­tante alla comprensione della storia geologica di un territorio ma è interessante anche in riferimento al paesaggio e all’economia, perché può fornire nuove opportunità di la­voro, specie per i giovani (la sua valorizzazione e la sua fruizione richiedono la creazione di infrastrutture e un’adeguata ricezione turistica).
I calanchi. Sono forme di erosione diffuse in diverse zone del nostro paese, in aree colli­nari della catena appenninica, impostate sulle formazioni argillose di terreni che hanno avuto origine dall’Eocene al Pliocene, in un arco di tempo iniziato circa 50 milioni di anni.
La parola “calanco” deriva, probabilmente, dalla voce indoeuropea cal, che indica uno sco­scendimento del terreno; altri la fanno derivare dalla voce latina calare (scavare in profon­dità): quest’ultima ipotesi sembra confermata dall’aspetto tormentato del territorio.

I centri di Castignano e Ripaberarda si fronteggiano, “sospesi” sulle affilate creste calanchive

I calanchi sono dovuti all’erosione idrica che colpisce i terreni argillosi; costituiscono il retag­gio di fasi climatiche passate, più piovose dell’attuale, probabilmente risalenti al Plei­sto­cene (poco meno di un milione di anni fa). La formazione dei calanchi parte da una lacera­zione, una “ferita” sul versante, dovuta, per esempio, a una frana che asporta la vegeta­zione che protegge il terreno. Il “lavoro” è completato dalle acque meteoriche che, ca­dendo sui pendii, dilavano le formazioni argillose e, scorrendo in superficie, scavano ed erodono rapidamente il terreno, approfondendo i solchi e abbassando il rilievo.
Le acque piovane disgregano le particelle d’argilla che successivamente sono trascinate dalla corrivazione dell’acqua che, inoltre, asporta i semi delle piante che tentano di attec­chire sul versante denudato, rendendo impossibile l’insediamento dei vegetali e la colonizza­zione dei versanti. Il paesaggio appare quindi particolarmente aspro a causa della scarsa copertura vegetale, provocata dalle severe condizioni ambientali: le argille sono imper­meabili e questo provoca una forte aridità; la composizione del terreno non faci­lita lo sviluppo dei vegetali e gli strati superficiali sono asportati dal fenomeno erosivo che im­pe­disce lo sviluppo delle radici delle piante e il loro attecchimento.

Il lago di Porchiano si è formato recentemente (2013) per lo smotta­mento di un corpo argilloso sulla sinistra orografica del torrente Chiaro Morto. A sinistra, visto dall’area di Colonnata (2017); a destra visto da quella di Porchiano (2018)

Di solito, l’erosione del calanco è un processo naturalmente inarrestabile; questo ren­de inuti­lizzabili grandi estensioni di terreno, sottraendole all’agricoltura. I calanchi costitui­sco­no, però, un paesaggio di grande fascino per l’osservatore: in essi si evidenzia la forza pri­mordiale della natura che rende il paesaggio mai uguale a se stesso, uno spettacolo gran­dioso che si ritrova in poche altre zone d’Italia. Nello scenario dei calanchi si possono apprezzare luci, ombre e la straordinaria capacità di adattamento del reticolo idrografico.
La rete idrografica delle aree calanchive è di tipo den­dritico (da una parola greca che significa “albero”): a struttura ramificata, con un fosso principale “di avvio” che si divide in rami sempre più piccoli che formano piccole vallette, separate da sottili creste “a lama di col­tello”. La larghezza di questi bacini varia da 50 a 100 metri, le incisioni sono del­l’ordine di metri e decine di me­tri.
Il lago di Porchiano. Da qualche anno, il territorio si è arricchito di una nuova emergenza naturalistica. Nel dicembre 2013, a seguito di abbondanti precipitazioni meteoriche, si veri­ficò lo smottamento di un corpo argilloso di grosse dimensioni. Il materiale detritico, accumulatosi alla base dell’area, ostruì l’alveo del torrente Chiaro Morto, tra i centri di Porchiano e Colonnata, causando la formazione di un lago di frana, abba­stanza esteso e tuttora in essere, con una superficie di circa 5 ettari. Nell’ultimo periodo il lago è quasi “scomparso” prosciugato dalla siccità: per ora, è solo un’enorme area fangosa (il confronto è possibile nelle foto a corredo dell’articolo).

Ripaberarda dal fondovalle del torrente Bretta

Le aree calanchive. La zona più estesa è quella del Monte dell’Ascensione, dove le “ferite” del territorio sono ben visibili, soprattutto nei comprensori di Castignano e di Appignano del Tronto (contrada Montecalvo) e in aree limitrofe, come Offida. Ci sono zone vaste di calanchi anche nel­l’Acquavivano e a Ripatransone, a San Savino e a San Rustico, dove le argille hanno un singolare colore latteo; zone interessate a questo fenomeno sono pre­senti anche nel comprensorio di Cossignano. Aree calanchive “vicine” si incontrano anche al di là del Tronto, il corso d’acqua che fa da confine con la Regione Abruzzo, nei territori pros­simi di Colonnella e di Controguerra.
La pericolosità del fenomeno è chiara se si pensa che diversi centri storici ri­schiano di essere seriamente danneggiati per l’avanzare dei calanchi. L’abbassamento del rilievo spesso innesca movimenti franosi che minacciano l’abitato: per citare due paesi vi­cini, Castignano e Ripaberarda sono “puntellati” da robusti muraglioni di sostegno.
Conclusioni. Nel comprensorio dei calanchi la natura e la storia si fondono in un unicum straordinario: è auspicabile la protezione di un’area così interessante con la costituzione definitiva di un Parco dei Calanchi, sul modello di altri simili già nati in Italia: potrebbe essere il segnale di un modo diverso di vivere il territorio, valorizzando le emergenze naturali e paesaggisti­che con prospettive con solo culturali ma anche occupazionali.

Giochi di luce a Valle Senzana

La luce calda del tramonto addolcisce gli aspri rilievi dei calanchi. Sullo sfondo, le case di Castignano

Ancora giochi di luce a Valle Senzana

Segni della quotidianità in un ambiente straordinario

Area calanchiva di Porchiano

La nebbia autunnale vela il campanile cinquecentesco di Ripaberarda

Fiori e calanchi

 


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