di Marco Braccetti
Sulla Riviera torna ad aleggiare lo spettro delle polveri sottili e, soprattutto a Porto d’Ascoli, si paventa un aumento di malattie legate all’inquinamento. Dopo mesi di relativa tranquillità, negli ultimi giorni la centralina che analizza la qualità dell’aria sambenedettese ha nuovamente registrato quantità eccessive di Pm10: micro-particelle di smog, dannose per la nostra salute. In particolare, quelle tra il 10 ed 14 ottobre sono state tutte giornate nelle quali si è oltrepassata la soglia massima giornaliera di tollerabilità, fissata da leggi europee in 50 microgrammi di Pm10 per metro cubo d’aria. Sempre l’Unione Europea ha stabilito che tale soglia può essere superata al massimo per 35 giornate nell’arco di un anno.
A San Benedetto, dal 1 gennaio al 18 ottobre 2018, gli sforamenti giornalieri sono stati 16. Numeri che non sono solo mere statistiche. Infatti, è scientificamente dimostrato come la presenza di elevate concentrazioni di micropolveri nell’aria incida sfavorevolmente sulla qualità della vita di chi quell’aria è costretto a respirarla. A tal proposito: c’è un passaggio preoccupante nella mozione presentata, nel corso di quest’anno, dai consiglieri regionali Peppino Giorgini (M5S) e Fabio Urbinati (Pd) per chiedere al governatore Ceriscioli l’attivazione di una seconda centralina di monitoraggio dello smog in città. Un passaggio che interessa direttamente la salute di quanti vivono nei quartieri Sud di San Benedetto, proprio dove i due consiglieri invocano maggiori controlli delle emissioni inquinanti. L’atto parla di un “incremento in tale zona di cittadini con patologie importanti, quasi sicuramente riconducibili agli inquinanti atmosferici prodotti dalle auto e dalla micidiale concentrazione di abitazioni e impianti che producono inquinanti”. Insomma: a Porto d’Ascoli lo smog porterebbe con sé malattie.
Via Turati a Porto d’Ascoli
Al momento risulta che la mozione deve essere ancora discussa in Consiglio regionale. L’atto di Giorgini e Urbinati cita pure una relazione dell’Arpam del febbraio 2015, dalla quale si evince che: “Il 97% dei residenti nelle Marche è stato esposto a concentrazioni di Pm 2,5 superiori alle linee guida proposte dall’Organizzazione Mondiale Sanità”. Una stima allarmante, che a San Benedetto non può essere sostenuta da dati concreti. Perché? Perché l’unica centralina attiva, collocata in via Asiago, non monitora (almeno nei dati resi pubblici) queste particolari polveri: più piccole delle loro “sorelle maggiori” Pm10 e, proprio per questo, ancor più pericolose per l’apparato respiratorio, poiché vi si insinuano con maggiore facilità. Una carenza sulla quale, anni fa, aveva puntato i fari il consigliere comunale Riego Gambini ma che, successivamente, è finita sotto silenzio.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati