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Zingaretti scalda la sinistra picena:
«Con noi anche tanti elettori dei 5Stelle»

ASCOLI - Oltre trecento persone alla sala convegni del Piceno Consind per ascoltare il candidato alla segretaria nazionale del Pd: «Siamo stati sul dirigibile senza ascoltare la pancia dell'Italia. Non voglio fare l'accordo con i 5Stelle, ma riconquistare gran parte della base che votava per noi»
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Nicola Zingaretti e Angelo Procaccini

di Renato Pierantozzi

Oltre trecento persone e sala convegni del Piceno Consind gremita per l’arrivo di Nicola Zingaretti che ha scelto Ascoli per una delle 12 tappe del suo viaggio in giro per l’Italia in vista delle primarie per la scelta del segretario nazionale del Pd in programma il 3 marzo. E alla fine il suo discorso ha riscaldato i cuori dei militanti del Pd (e non solo) presenti in uno dei momenti forse più difficile del partito. Dopo i saluti del segretario comunale Angelo Procaccini e del capogruppo Francesco Ameli, Zingaretti ha illustrato la sua “Piazza Grande” strappando applausi a più riprese.

«Non vi nascondo – ha esordito l’attuale governatore del Lazio – che abbiamo una scelto una strada per buttarci dentro la “pancia” dell’Italia con questo slogan. Sono orgoglioso di candidarmi e Piazza Grande non è solo un luogo del Pd, ma un posto dove ci stiamo ritrovando in tanti: militanti, gente che aveva perso la fiducia, che non ci aveva votato, anche molti elettori dei Cinque Stelle. Abbiamo deciso di smetterla di parlare dei problemi volendo cominciare a cambiare le regola. In questi anni il problema è stata la distruzione di una cultura politica unitaria tra di noi che ha visto troppo spesso nemici internamente: il partito ha litigato troppo e discusso e alla fine ci siamo logorati ed isolati».

PIAZZA GRANDE

Ecco allora il movimento zingarettiano. «Piazza grande non è un nome banale -rivela il candidato alla segreteria dem-: è la piazza dove nei comuni ci si va per non essere soli, dove si organizzano le lotti, dove c’è il riscatto dalla voglia di non essere soli. Il nostro popolo ha voglia di superare i problemi e non di fermarsi a contemplarli. E poi c’è “grande”: dobbiamo uscire dalla follia di pensare di essere pochi ma buoni. Dobbiamo ricostruire una nuova cultura politica basata sul rispetto delle differenze. Ci siamo allontanati dall’Italia perché siamo stati tutti sul dirigibile: andavamo sui talk show invece che all’assemblea di Ascoli Piceno. Non stavamo nella pancia dell’Italia. Ora cerchiamo di moltiplicare le opportunità di Piazza Grande oltre il compito del congresso. Torniamo a cercare gli altri, torniamo nelle piazze, non nei circoli, nelle piazze, tra gli studenti, i commercianti. Piazza Grande è una provocazione e uno stimolo. Noi dobbiamo promuovere un’iniziativa esterna. Il tema del congresso del Pd non è il segretario, ma l’apertura di una proposta per l’Italia e gli italiani rispetto a quella di questo governo. cinque appuntamenti nazionali. ricostruiamo una cultura politica unitaria, che non vuole dire essere uniti anche avendo idee diverse. Se non c’è una comunità come possiamo chiedere alle persone di sceglierla per mettere in mano il proprio destino? E’ ora di riscoprire una dimensione collettiva della politica. Non ho mai creduto ad un partito del leader, ma con il leader».

LA DISCESA IN CAMPO

Zingaretti ha anche svelato i motivi alla base della sua discesa in campo: «Dobbiamo sconfiggere la pigrizia e l’idea che è tutto scritto -afferma- Mi sono candidato, dopo la famosa intervista a Repubblica del 14 marzo, perché ho avuto paura di come il Pd stava reagendo alla sconfitta del 4 marzo a partire dall’idea sbagliata di sciogliere il partito. Bisogna fare più opposizione altrimenti ci restiamo a vita. E dobbiamo rompere la tenaglia che sta uccidendo la democrazia italiana che ha due lame: su questo governo c’è una grande aspettativa popolare poiché i partiti (Lega e M5S) hanno saputo interpretare ansia di riscatto e paura del popolo. L’ altra lama è l’incapacità di risolvere i problemi a partire dalla guerra all’Europa. Hanno prodotto una legge di bilancio catastrofica per l’Italia, fatta di corsa poiché scritta in 48 ore dopo 4 mesi di bluff aumentando tasse, bloccando assunzioni e tagliando le pensioni. La terza fase del populismo -aggiunge- sarà la ricerca del capro espiatorio e la spallata alle istituzioni democratiche di questo Paese aprendo la stagione delle democrazia della maggioranza al posto di quella liberale».

ZINGARETTI E I 5STELLE

E ancora: «Mi accusano – continua Zingaretti – di voler fare l’accordo con i 5 stelle. Io non voglio fare l’accordo, ma voglio parlare alla loro base che è una parte immensa del Paese e che, gran parte, votava per noi. Voglio riconquistare. Non è vero che l’elettorato 5 stelle e della lega è la stessa cosa. Voglio sconfiggere questo comune progetto politico ed anche le espulsioni (nei grillini, ndr) ci dimostrano che c’è una discussione variopinta. Lo zoccolo duro dei partiti non esiste più, ma in politica il vuoto non esiste. Per questo ci dobbiamo muovere altrimenti governano 30 anni».

Poi l’autocritica che ha portato il Pd alla pesante sconfitta del 4 marzo scorso. «Dobbiamo farci le domande che fanno male e non mettere la polvere sotto il tappeto – dice sempre Zingaretti – io ho votato si al referendum e mi sono impegnato come un matto, ma abbiamo rimosso il motivo del no al 60%  poi le sconfitte alla amministrative. Abbiamo sottovalutato questi segnali. Qual è la vera questione? Le idee di Salvini? No, ci sono sempre state. La vera questione è perché gli italiani hanno scelto loro e non noi anche sei i 5stelle sono così’ fragili».

LA CRISI DEL PD

Che cosa è accaduto allora? «Dal 2008 ad oggi abbiamo perso il 50% dei voti da 12,6 milioni a 6 – prosegue – abbiamo portato fuori il paese dalla crisi, ma non abbiamo visto la crescita delle diseguaglianze sociali o il taglio di 10 miliardi agli enti locali. Nell’ultimo decennio tutta la sinistra europea non ha visto gli effetti ella globalizzazione sulle persone. Noi esistiamo perché c’è l’articolo 3 della costituzione che afferma che la Repubblica rimuove gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione delle persone. invece abbiamo pensato che bastava fare 5 tweet e andare 3 volte a Porta Porta, invece arriva il Salvini di turno e affonda la lama come il coltello nel burro, ma la cosa grave è che non trova più niente a fermarlo. La loro idea di democrazia del popolo è l’idea di una persona sola che gestisce il potere. Per me cambiare significa tornare ad un’economia giusta. Dobbiamo tornare ad essere percepiti come quelli che vogliono una crescita da redistribuire all’insegna dell’uguaglianza rimettendo il lavoro al centro della nostra identità. Le priorità sono ricerca, scuola, università, trasferimento tecnologico, fisco. E andiamo a dire che agli imprenditori che hanno aumentato 13 miliardi di tasse, legalità facendo una cosa oscena togliendo il certificato antimafia per le gare fino a 150.000 euro con la scusa della burocrazia. Anche le infrastrutture vengono messe in discussione».

L’ITALIA E L’EUROPA

Capitolo Europa. Zingaretti è netto. «Bisogna cambiarla – dice – riscoprendo- riscoprendo un nuovo patriottismo. Dobbiamo rompere lo schema che loro vogliono cambiaria e noi conservarla. Loro la vogliono distruggere mentre è l’unico scudo che abbiamo. Dobbiamo rifondarla dando più poteri altrimenti non esistiamo nel mondo. I sovranisti sono i principali nemici della sovranità italiana: un Comune contro un miliardo di cinesi. Dove andiamo? La Cina spende 450 miliardi di euro in ricerca e sviluppo».

In conclusione la standing ovation. «Il partito dei gruppi, correnti, capi e capetti è fallito – accusa Zingaretti – Non dobbiamo distruggere l’identità ma costruirne una comune. In Italia la società ribolle nelle piazze, nelle università, ma non si sa come costruire l’alternativa. Basta con ossessione dell’essere soli e perfetti: non dobbiamo confondere l’orgoglio di partito con la presunzione di partito. Abbiamo tutti i comuni e le regioni dove si vota con il sistema maggioritario ed è vitale ricostruire rapporto di reti con associazioni, ormai non c’è più nessuno, dobbiamo innaffiare la democrazia. Nel Lazio accanto al Pd c’erano associazioni, liste civiche: alla fine la coalizione è andata meglio del Pd nello stesso giorno in cui si votava per il parlamento».

L’APPELLO FINALE

«Non voglio rifare i Ds -mette in chiaro il candidato- non voglio tornare indietro, quello è il passato che bisogna conoscerlo non per viverci ma per non sbagliare. Serve un nuovo Pd, non pezzetti che si dividono, ma costruire nuova stagione e nuovo gruppo dirigente che non si vergogna chiedendo anche scusa. Il tema centrale è l’esistenza stessa della democrazia del dopoguerra: abbiamo sbagliato anche ad augurarci che Lega e 5Stelle si mettessero insieme. Invece dobbiamo dividerli. Chi paga il prezzo del loro governo? La democrazia italiana. Battiamoci perché il 3 marzo ci sia la fila ai gazebo contro la deriva di Salvini e Di Maio per far tornare le primarie del Pd il centro della democrazia italiana. Andate a chiamare -è l’appello finale- chi non ci crede più. Piazza Grande è uno spazio in più per ricostruire una nuova storia e salvare la democrazia italiana. Devono andare a votare anche se alle primarie non tutti voteranno per me. Altrimenti siamo muti di fronte alla loro violenza e alla loro forza. Io mi batto per vincere perché da 4 marzo dobbiamo avere un segno tangibile di apertura di una nuova fase. Dobbiamo crederci per riaprire una storia collettiva. Salvini è diventato Salvini perché è stato un battitore delle strade italiane. E’ vero che da soli si va veloce, ma insieme si va più lontano. Noi dobbiamo andare lontano questa volta perché dobbiamo fermarli e ricostruire una speranza per gli italiani».

 


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