Il senatore della Lega, Paolo Arrigoni, con Matteo Salvini
di Adriano Cespi
Unità del centrodestra in frantumi. La candidatura di Marco Fioravanti, imposta dall’alto dal presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, non piace ad un’ampia fetta della coalizione, rappresentata dai due partiti principali: Lega e Forza Italia. Al punto che i vertici regionali: Paolo Arrigoni, per il Carroccio, e Marcello Fiori, per il partito di Berlusconi, secondo indiscrezioni, in settimana (probabilmente entro mercoledì) saranno in città per ascoltare la base e capire cosa fare.
Marcello Fiori di Forza Italia (a destra) con Antonio Tajani
Nonostante dal nazionale sia arrivato il diktat di andare uniti al voto. Concetto, però, che stride con la forte insoddisfazione, quasi una vera e propria ribellione, che cova tra le basi leghista e azzurra. In casa Lega, addirittura, c’è chi, tra il popolo dei banchetti e dei gazebo, parla di “dignità persa” e di desiderio di corsa solitaria col proprio candidato, Andrea Antonini. Stessa rabbia che si respira in casa forzista, con i vertici nazionali che, accolta la forte indignazione di quadri e attivisti per la bocciatura di un loro candidato (Piero Celani o Giovanni Silvestri), starebbero concretamente ragionando sulla possibilità di rompere la coalizione ed andare da soli al voto del 26 maggio.
E così la forzatura della Meloni e la morbidezza di Matteo Salvini nel concedere, durante la fase di ripartizione nazionale di sindaci e presidente della Regione Piemonte, Ascoli al terzo partito del rassemblement, rischiano di tramutarsi in un vero e proprio autogol. Nessuno dei due, né l’ex ministro del governo Berlusconi quater, né l’attuale vice premier del governo gialloverde, avrebbe mai immaginato il caos che quella decisione, con incarico poi affidato a Fioravanti, peraltro già sconfitto alle politiche del 2018, nella competizione elettorale per la Camera dei Deputati al collegio uninominale di Ascoli, dal candidato del M5S, Roberto Cataldi, poteva scatenare nel capoluogo Piceno. Quasi una sottovalutazione del comune sentire dell’elettorato ascolano di centrodestra.
Piero Celani (Forza Italia) e Marco Fioravanti (Fratelli d’Italia)
Sarà, dunque, una settimana infuocata quella che si apprestano a vivere Arrigoni e Fiori. Dove l’arte della diplomazia non potrà far altro che cozzare con i desiderata della gente. Ma se Fiori, con la dichiarazione di guerra («ci saranno ripercussioni») rilasciata a caldo subito dopo l’incoronazione a candidato sindaco del giovane esponente di Fratelli d’Italia, ha subito mostrato forte empatia con la base, Arrigoni non è stato altrettanto comprensivo e si è lasciato cogliere di sorpresa dalla reazione dei suoi. Determinanti saranno, allora, le riunioni, i confronti, i faccia a faccia, che i due massimi vertici marchigiani terranno in settimana. Con un interrogativo d’obbligo: riusciranno nell’impresa di ricucire lo strappo, riportare all’unità la coalizione, e convincere la base a votare Fioravanti? Oppure sarà solamente il prologo di uno strappo già annunciato e di decisioni estreme da prendere?
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