Uccise sei pecore e dodici agnelli,
stavolta sono stati i lupi

ASCOLI - Ancora un attacco avvenuto alle porte della città. A Campolungo veterinari dell'Asur e Carabinieri Forestali hanno trovato le tracce e non hanno dubbi. La Coldiretti alza la voce: «I risarcimenti non coprono le perdite: dopo il danno anche la beffa. La Regione deve fare qualcosa»
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Pecore e agnelli sgozzati all’interno dell’ovile di Campolungo

Ancora un attacco a un gregge di pecore. Ancora animali morti, ancora danni per gli allevatori con i risarcimenti che non coprono le perdite. Stavolta ad essere attaccato è stato ovile situato nelle campagne di Campolungo, a pochi chilometri dalla città e non in un luogo sperduto di montagna. Dopo i sopralluoghi effettuati dal veterinario dell’Asur e dai Carabinieri Forestali, non sembra si tratti dei cosiddetti cani inselvatichiti, ma di lupi. Bilancio: due pecore e sedici agnelli sgozzati.

Tracce a terra

Alza la voce la Coldiretti che evidenzia una situazione che al danno unisce la beffa. «Il sistema di risarcimento prevede somme davvero basse. Su ogni capo ucciso – dicono Armando Marconi e Alessandro Visotti, presidente e direttore di Coldiretti Ascoli-Fermo – si considera il valore medio di mercato a seconda della specie. Il costo per smaltire le carcasse è a carico dell’allevatore. Vengono considerate solo le pecore sbranate riscontrate dal veterinario incaricato dall’Asur. Ciò significa che nella carneficina di cento pecore avvenuta lo scorso gennaio, l’allevatore colpito potrà chiedere il risarcimento solo per le sei sbranate. Le altre, morte nella calca venutasi a creare all’interno dell’ovile con i capi che cercavano la fuga, sono escluse dal conteggio».

Coldiretti rinnova il suo appello: «Oltre all’istituzione di una zona cuscinetto oltre le aree montane, perché gli animali selvatici si spingono sempre di più vicini ai centri abitati, la Regione deve ripensare l’entità del rimborso. Non è possibile che gli allevatori che subiscono gli attacchi debbano anche far fronte a tutto il resto. Si perde in redditività, in sicurezza e, di riflesso, è tutta l’entroterra a rimetterci perché queste aziende contribuiscono al presidio e al mantenimento della bellezza del paesaggio».


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