Negrita, Palariviera sold out
Pau al pubblico: «Siete un miracolo»
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SAN BENEDETTO - La band toscana ha dato vita ad un live trascinante per celebrare i 25 anni di carriera. Pezzi noti e meno noti si sono alternati in una nuova veste semiacustica, da "Cambio" fino a "Mama maè" e "Rotolando verso sud". Pubblico in piedi per "Ho imparato a sognare". La pungente "Sale" dedicata al ministro Salvini
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Paolo “Pau” Bruni sul palco del Palariviera

di Luca Capponi 

(foto di Andrea Vagnoni)

Hanno imparato a sognare dal 1994, anno in cui iniziò l’avventura. E con loro, nel tempo, hanno imparato a sognare anche migliaia di fan e appassionati. Gli stessi che nella serata di mercoledì 22 maggio hanno riempito il Palariviera per festeggiare i 25 anni di carriera dei Negrita. «Sono letteralmente volati via, come una stecca di sigarette» racconta Pau poco prima di dare il via alla cavalcata.

Il teatro pieno

Una cavalcata che racconta la storia musicale, riveduta per l’occasione e spogliata della veste rock, di un gruppo dal marchio inconfondibile: arrangiamento acustici, suoni latini, blues, country e influenze sudamericane pennellano la sequenza di brani che parte con “Il gioco”, “I ragazzi stanno bene” (presentata all’ultimo Festival di Sanremo) e “La tua canzone”, prima della dedica al pubblico, inevitabile, di “In ogni atomo”: «Questo pezzo parla anche di voi, è un atto d’amore nei vostri confronti che siete lì sotto a sentirci da 25 anni, è un miracolo» ribadisce il frontman della band toscana, che vede sul palco anche altri due pezzi fondamentali di quello che fu il nucleo originario, vale a dire i chitarristi Cesare “Mac” Petricich ed Enrico “Drigo” Salvi.

Come da promesse della vigilia (leggi l’intervista), in scaletta trovano spazio anche pezzi solitamente meno battuti dal vivo, riscoperte inattese che risaltano come pietre preziose. E’ il caso di “Greta” (dall’album “L’uomo sogna di volare” del 2005) o della sempiterna “Hemingway” (da “Radio Zombie” del 2001) mentre “Il giorno delle verità”, col duetto Drigo-Pau, altro non è che il terzo singolo estratto da “Dannato vivere” del 2011.

E se la storica “Cambio”, prima canzone da loro pubblicata, successo fulminante nel 1994, diventa quasi country, è con “Ho imparato a sognare” che il pubblico si alza in piedi, fazzoletti alla mano, per (com)muoversi all’unisono sotto il palco. Una ballata amarcord per molti (chi la ricorda nel film “Tre uomini e una gamba”?), amatissima anche dalle nuove generazioni.
Prima di altri classici come “Rotolando verso sud” e un versione morbida di “Mama maè”, ecco “Sale” con testo al fulmicotone che non dà possibilità di fraintendimenti: «Questo è un brano che scrivemmo nel 2004, all’epoca della triade Berlusconi-Bossi Fini…che nostalgia -sospira ironico Pau-. Quelli sì che erano tempi…si stava meglio quando si stava peggio. Dedichiamo questo pezzo a Matteo (Salvini, ndr), con tanto amore».

Drigo

Le due ore e più di concerto corrono via velocissime. Così si arriva presto ai bis “Adesso basta”, “Dannato vivere”, “Che rumore fa la felicità”, “Non torneranno più” (Pau ricorda una sua cara amica di Ancona il cui padre è scomparso poco prima del live) e finale con “Gioia infinita” con metà auditorium in piedi a muoversi e ballare.
Insomma, una gran festa che si conclude con i ragazzi a stringere mani e ricevere applausi convinti, con in sottofondo “Road to nowhere” dei Talking Heads. Una strada verso il nulla. Che per i Negrita porta dritto al cuore.

 


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