di Maria Nerina Galiè
Il destino degli stabilimenti Whirlpool di Comunanza e Napoli si è intrecciato fin dal 17 maggio 2018, quando all’incontro per il rinnovo del piano industriale era stata annunciata l’alienazione della lavatrice top di gamma, da sempre fiore all’occhiello del sito piceno, a favore di quello campano. La decisione dell’azienda di vendere Napoli, comunicata venerdì 31 maggio scorso al tavolo di coordinamento nazionale, ed in barba agli accordi siglati il 25 ottobre 2018 seguiti dal rinnovo degli ammortizzatori sociali da parte del Governo, a gennaio di quest’anno, ha fatto scattare il presidio a Comunanza, alle 6,45 di stamattina 3 giugno. Oggi a Comunanza non è giorno di lavoro per gli operai, come non lo era venerdì, perché è ormai noto che sono a casa la metà delle ore. Eppure una trentina di loro ha voluto essere presente, insieme con le Rsu Paolo Marini (Fiom), Raffaele Bartomioli (Uilm) e Angelo Forti (Fim) a cui si è aggiunto Angelo Alfonsi, segretario provinciale metalmeccanici della Cgil.
«Sarebbero bastate 5 persone per chiudere i cancelli» hanno affermato i sindacalisti. Lo scopo è stato raggiunto perché non sono entrati né gli impiegati né i tir. Questi, giunti anche dall’estero per caricare prodotti finiti o scaricare componenti, nel corso della mattina hanno via via allungato il serpentone che si è creato tra la Valdaso e l’imbocco di Villa Pera. Il direttore di stabilimento Francesco Menchetti, il capo del personale Francesco Conti ed un manutentore sono entrati alle 6,30. La manifestazione s’inserisce nel contesto nazionale che ha visto le fabbriche di Fabriano e Varese fermarsi per un’ora venerdì scorso, appena è stato reso noto il cambio di rotta della multinazionale. Siena, gli uffici di Fabriano e Comunanza, appunto, si sono mobilitati oggi. A Napoli sono fermi dal 31 maggio. Un sit-in in nome della solidarietà per i colleghi napoletani, ma anche per evidenziare i due più grandi timori. Il primo è relativo al fatto che quanto accaduto nel capoluogo campano, 430 dipendenti ed un investimento programmato pari a 17 milioni di euro, possa capitare anche qui. Il secondo, ritenuto però il più allarmante, è che la novità su Napoli induca lo Stato a fare dietro front sugli ammortizzatori sociali, prorogati fino a dicembre 2020 in cambio dell’impegno di Whirlpool a portare avanti una politica di rilancio dei plant italiani con il reshoring della produzione estera e la cancellazione degli esuberi.
«Difficile commentare gli ultimi avvenimenti – ha detto Alfonsi, visibilmente scoraggiato – ed è una magra consolazione sentir dire dal Ministro di aver fatto tutto quanto doveva per monitorare l’andamento del piano. Solo i lavoratori hanno fatto davvero quanto gli era stato chiesto, continuando a mantenere i livelli di produzione attesi ma con la busta paga dimezzata. Se poi venisse meno l’appoggio del Governo sugli ammortizzatori, allora l’intero piano degli investimenti e le sorti di tutti i dipendenti, sarebbero rimessi in discussione». Determinante sulla vicenda sarà l’esito del tavolo nazionale, convocato per martedì 4 giugno alle 15 da Luigi Di Maio, ministro del lavoro e dello sviluppo economico.
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