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La bellezza spezzata di Vezzano
Al confine tra indifferenza e burocrazia

ARQUATA DEL TRONTO - A quasi tre anni dal terremoto che ha cambiato per sempre il centro Italia, continua il viaggio di Cronache Picene nel territorio del comune più devastato dall'immane tragedia
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Uno scorcio di Vezzano

di Luca Capponi

(foto di Andrea Vagnoni)

Attualmente, percorrendo la Salaria, all’altezza di Arquata si incontra una serie di ben tre semafori. Fare strike e beccare altrettanti rossi è una cosa da non augurare a nessuno, soprattutto sotto il sole cocente di questi giorni. La svolta per salire verso Vezzano si incrocia proprio in una delle strettoie semaforiche. I segnali posti sulla strada parlano chiaro e dicono che, almeno in teoria, girare a destra verso la frazione non si potrebbe.

Bellezza spezzata

Testimoniare però la storia di uno dei tanti “abbandoni” che questa terra sta vivendo diventa urgenza e, per chi scrive, assoluto dovere.
Vezzano aveva poche anime anche prima di subire quel cataclisma chiamato terremoto. Poche anime che però d’estate, come in ogni posto qui, aumentavano fino a trasformare l’intorno di voci, suoni, discussioni di anziani, panni stesi e giochi di bambini, che ancora oggi pare di sentirli rincorrersi e nascondersi tra le meravigliose strettoie di un luogo che, sembra incredibile, la magia di prima non l’ha persa. Anzi, la tiene stretta con tutta la poca forza rimasta.

Eppure qui non c’è nessuno. E girare tra quello che è rimasto in piedi stringe il cuore, come se si invadesse un posto sacro. C’è una cabina telefonica, quasi a ribadire che il tempo si è fermato, quasi a dire che il tempo, forse, non vuole ripartire. Tutto sembra stridere con il sottostante mormorio della Salaria, mentre immobilità e brutti pensieri si aggirano come fantasmi, come compagni di viaggio divenuti ormai (purtroppo) di famiglia.

Semaforo rosso sulla Salaria

Quella di Vezzano è una bellezza spezzata che aveva resistito al sisma del 24 agosto, ma che ha ceduto a quello del successivo 30 ottobre 2016. Sedie a terra, squarci nei muri, oggetti domestici e cartelli dalla beffarda dicitura “Vendesi”. Scenari troppo uguali a quelli di una montagna, al confine tra Marche e Lazio, che barcolla tra indifferenza e burocrazia. Con la sua bellezza violata a cui nessuno sembra voler portare conforto.

La prima tappa del viaggio a Colle di Arquata

Colle, il paese che resta in piedi «Le nostre rocce hanno sconfitto il sisma»

Le foto di Vezzano

 


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