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Cittadinanze “facili” ai calciatori,
i giudici danno il via libera
all’uso delle intercettazioni

ASCOLI - I fatti risalgono al 2014 a seguito di una indagine della Procura di Ascoli sul tesseramento di una decina di atleti sudamericani. Nei guai finirono tre impiegati e un noto procuratore calcistico
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Colpo di scena nel processo per la vicenda della cittadinanze “facili” ai gitani calciatori uruguaiani che sarebbero state concesse dagli uffici comunali di Spinetoli. Nell’udienza di stamattina, di fronte al collegio penale presieduto dal giudice Carlo Calvaresi, infatti, una testimone, una collega di uno degli imputati, ha dichiarato che anche lei avrebbe ricevute alcune piccole “regalie” (nell’ordine di cifre del valore massimo di 50 euro comunque consentite dal regolamento) per il il disbrigo di pratiche d’ufficio.

Il giudice Carlo Calvaresi

A processo sono finiti due impiegati comunali spinetolesi e un ex dipendente del Comune di San Benedetto. I reati contestati vanno dalla corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio alla falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici. Nella vicenda era stato coinvolto anche un noto procuratore calcistico che ha scelto però il rito abbreviato ricevendo una condanna a 2 anni e 8 mesi. I fatti risalgono al 2014 quando la Procura dei Ascoli accese un faro sul caso di una decina di calciatori provenienti dall’Uruguay che avrebbero utilizzato un iter illecito e più veloce per ottenere lo status di giocatore comunitario, attraverso le procedure di riconoscimento della forma di cittadinanza acquisita in base allo ‘iure sanguinis’ da stranieri discendenti di cittadini italiani. L’avvocato Mauro Gionni, difensore di uno degli impiegati spinetolesi, ha eccepito l’utilizzo delle intercettazioni nel processo, ma il collegio ha poi respinto tale eccezione. Il processo riprenderà a novembre quando giurerà il perito incaricato di trascrivere le intercettazioni.

rp


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