di Luca Capponi
«Ho sempre apprezzato la gentilezza, soprattutto da parte degli sconosciuti». Volano via così, con le parole di Mariangela D’Abbraccio, le due ore e mezza di “Un tram che si chiama desiderio“, dramma di Tennessee Williams andato in scena nella due giorni del teatro Ventidio Basso, martedì 22 e mercoledì 23 ottobre, sotto la regia del maestro Pier Luigi Pizzi.
Il maestro Pizzi
Portata per la prima volta sul palco il 17 ottobre in quel di Pesaro, la versione targata Pizzi ha confermato quanto di buono si è detto alla vigilia. In primis per l’efficacia de due protagonisti; superlativa la D’Abbraccio nel ruolo di Blanche DuBois, tormentata e discostata da una realtà opprimente, tra spettri, maldicenze, schiavitù e fragilità. Efficace anche l’irriconoscibile Daniele Pecci, fisico imponente e testa rasata, aggressivo e a tratti malefico nel ruolo di Stan Kowalski che al cinema fu di un mostro sacro come Marlon Brando. Ingredienti di un cocktail che funziona a dovere e che agisce con rispetto davanti ad un testo epocale, mantenendone forza e impatto.
Prossimo appuntamento con la stagione di prosa targata Amat e Comune, il 13 e 14 novembre con Monica Guerritore ne “L’anima buona di Sezuan” di Brecht (qui il programma).
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