di Luca Capponi
Saluto fascista sì, saluto fascista no. E giù di prosopopee social, commenti, insulti, litigi e battibecchi. Di cui una buona parte, diciamo il 99%, evitabile, da buttare, inutile per una discussione costruttiva. Come spesso succede, per qualsiasi altro argomento all’ordine del giorno nel mondo virtuale. Non ci stancheremo mai dirlo: ma ce n’è veramente bisogno? A cosa porta tutto ciò?
Il Babbo Natale incriminato con braccio teso
L’ultima riguarda il caso del Babbo Natale posizionato all’inizio di via Erasmo Mari, alle Caldaie, bardato anche con una sciarpetta dell’Ascoli Calcio e fermo nella posizione incriminata: braccio inequivocabilmente teso, ma mano destra col palmo insù. Saluto fascista? Sicuramente no. Chi l’ha messo così voleva mandare quel messaggio? Probabilmente sì. Probabilmente, ma non sicuramente. E allora?
E allora, senza entrare nel merito o nelle intenzioni di chi ha piazzato Santa Claus (o di chi poi ha pensato di alzargli il braccio in quella maniera), e senza dover sottolineare (ancora) quanto Ascoli sia tradizionalmente (e per molti in maniera condannabile) “destrorsa” e da anni propensa da quella parte (sì, quella, in barba alle medaglie al valore per attività partigiana), resta il fatto che, a volte, soprattutto in casi “ambigui” come questo, ciò che spaventa di più è altro. Qualche esempio? L’isteria social, la voracità forzata, la bulimia che schizza e si dirama nelle rete, senza senso, senza dare un senso, a suon di copia e incolla, sbagliando coordinate, luoghi, spesso solo per un click o una condivisione in più. E poi, ancora, il dover per forza dire qualcosa nel tempo minore possibile, sfornare un’opinione a tutti i costi, l’assenza di pensiero, la mancanza di pause, l’aprire la bocca comunque, in qualsiasi momento, a colpi di qualunquismo. Spesso a scapito di un silenzio che, quanto meno, concilierebbe con la riflessione. Questa sconosciuta.
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