Inaugurata nella mattinata di sabato 18 gennaio piazza Magnitudo 6.5 ad Appignano. Uno spazio riflessivo-commemorativo in ricordo degli eventi sismici che hanno provocato lo sconvolgimento del volto storico di molti paesi del centro Italia. Oltre al sindaco Sara Moreschini, in rappresentanza degli enti che hanno finanziato la realizzazione della nuova piazza, alla cerimonia hanno partecipato anche il Presidente dell’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e sindaco di Bari Antonio Decaro e il presidente della Fondazione Carisap Angelo Davide Galeati.
Il progetto è un crowdfunding, dove la metà dell’importo è stato investito dall’Anci mentre il restante è arrivato da donazioni effettuate online tramite la piattaforma Eppela. Il maggior contributore è stata proprio la Fondazione Carisap, ma si sono aggiunte altre piccole donazioni di minore importo fatte da tanti cittadini. I lavori sono costati circa 45.000 euro e sono stati eseguiti dalla ditta Eredi Luzi di Ascoli. L’artista Valeria Colonnella ha realizzato una illustrazione posizionata all’interno dello spazio. Nel corso della cerimonia è stato anche insediato il Consiglio comunale dei ragazzi, a riconoscimento del grande lavorato svolto dalla scuola dopo il terremoto sul tema della resilienza.
«Il nome – ha affermato la sindaca – è stato scelto a dimostrazione che un terremoto di questa intensità con epicentro a circa 40 km di distanza è capace di generare gravi danni come quelli avvenuti ad Appignano. La storia di un paese lo attraversa, gli eventi legati ai rischi ambientali accadono e hanno lasciato e lasciano un segno indelebile sia nei luoghi che nelle persone. L’immobile che è parzialmente crollato sulla pubblica via era inagibile già da prima, quindi non soggetto a finanziamento. Moltissimi i proprietari non più rintracciabili in quanto emigrati all’estero e/o defunti. Era necessario fare una scelta, se lasciare una rudere nel centro storico per sempre creando inagibilità agli immobili vicini, oppure fare una scelta che sì, avrebbe cambiato l’immagine storica di via Giovanni Massimo, ma che avrebbe permesso anche alle generazioni future di utilizzare quello spazio: questa è stata la nostra scelta di resilienza».
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