Fino ad ora le messe della domenica non erano state fermate dal Coronavirus e, di fronte alle legittime restrizioni imposte a livello nazionale, i vescovi non le avevano vietate seppure aveva imposto regole ben precise che tutti i fedeli hanno rispettato. Anche oggi nel Piceno sono stati eseguiti gli ordini dei vescovi Giovanni D’Ercole, della Diocesi di Ascoli, e Carlo Bresciani di San Benedetto. Le chiese infatti non erano vuote. C’erano poche persone, distribuite da assistenti dei parroci una per banco o poco più, in fila per la comunione mantenendo una distanza di almeno due passi l’uno dall’altro.
Da domani invece il divieto sarà assoluto e non si celebreranno più messe, nemmeno per i funerali, fino al 3 aprile. I vescovi fanno la loro parte, accettano il divieto e lo comunicano alla popolazione: «La Chiesa che vive in Italia e, attraverso le Diocesi e le parrocchie si rende prossima a ogni uomo, condivide la comune preoccupazione, di fronte all’emergenza sanitaria che sta interessando il Paese. Rispetto a tale situazione, la Conferenza episcopale italiana, all’interno di un rapporto di confronto e di collaborazione, in queste settimane ha fatto proprie, rilanciandole, le misure attraverso le quali il Governo è impegnato a contrastare la diffusione del Coronavirus. Il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, entrato in vigore quest’oggi, 8 marzo, sospende a livello preventivo fino a venerdì 3 aprile, sull’intero territorio nazionale “le cerimonie civili e religiose, ivi comprese quelle funebri”. L’interpretazione fornita dal Governo include rigorosamente le Sante Messe e le esequie tra le “cerimonie religiose”. Si tratta di un passaggio fortemente restrittivo, la cui accoglienza incontra sofferenze e difficoltà nei Pastori, nei sacerdoti e nei fedeli. L’accoglienza del Decreto è mediata unicamente dalla volontà di fare, anche in questo frangente, la propria parte per contribuire alla tutela della salute pubblica».
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