di Bruno Ferretti
La cassa integrazione sbarca in casa Ascoli. Anche la società bianconera, come molte altre professionistiche, ha dovuto far ricorso al più tradizionale degli ammortizzatori sociali. Ne beneficiano i dipendenti non tesserati Figc, ovvero il personale che lavora nella sede di corso Vittorio e al centro sportivo “Picchio Village”. Una decisione inevitabile causata dallo stop forzato del campionato. I mancati incassi hanno generato una situazione finanziaria piuttosto delicata che la dirigenza ha cercato di attenuare con questo provvedimento amministrativo. Senza dimenticare che dovranno essere in qualche modo risarciti gli abbonati che hanno acquistato la tessera annuale ma hanno assistito a solo 11 delle 19 partite previste dal calendario. Sono una dozzina i dipendenti in cassa integrazione in attesa di tornare alla normalità.
Bloccati i diritti televisivi, che sono la maggior fonte di reddito, rallentate le sponsorizzazioni per la crisi che vede coinvolte un po’ tutte le aziende: ecco le principali ragioni del deficit finanziario.
Per i calciatori, invece, si tratterà di effettuare alcuni “tagli” agli ingaggi in percentuale all’entità delle cifre percepite. Gli stipendi più elevati sembrano essere quelli di Brosco, Ninkovic, Cavion e Padoin. In discussione le mensilità di marzo, aprile e maggio ma la lista potrebbe allungarsi se il campionato non dovesse riprendere nei tempi sperati da tutti. Quando si ripartirà, tuttavia, le partite saranno a porte chiuse e anche questo determinerà un calo negli introiti delle società. Mentre il capitolo “uscite” resterà pressochè invariato.
L’eccezionalità dell’emergenza Coronavirus ha determinato questa situazione di grande difficoltà economica che rischia di mettere in ginocchio mezza Serie C ma anche alcune squadre di B. Fortunatamente l’Ascoli ha una proprietà solida che però deve fronteggiare una situazione molto difficile, davvero imprevista e imprevedibile.
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