di Bruno Ferretti
Con 263 partite tra serie A, B e C, più 15 in Coppa Italia è recordman di presenze nella storia dell’Ascoli Calcio. Totale 278. Precede Luigi Giambruno (275) ed Eugenio Perico (270).
Mario Vivani detto “Bruschetta”, centrocampista bianconero dal 1967 al 1976, è stato un protagonista assoluto dell’ascesa dell’Ascoli dalla C alla Serie A. Era il Rivera bianconero e il suo nome resta scolpito nell’albo d’oro dell’Ascoli di sempre. Oggi, a 71 anni, è ancora in forma e vive nella sua Cagli allenando il Cantiano in Promozione. Casa e bottega visto che i due centri del Pesarese distano una decina di chilometri. Vivani é rimasto sempre legato all’Ascoli (dove vive il figlio Manuel con la propria famiglia) e non perde occasione per seguire la sua ex squadra. Qualche volta torna al “Del Duca” e si confonde fra i tifosi.
«Ho visto l’Ascoli a Perugia e altre volte in tv. Mi ha fatto un’ottima impressione e non pensavo mai che potesse andare così indietro – dice Vivani – è una buona squadra, ma al mercato di gennaio andava rinforzata di più a centrocampo che reputo il reparto fondamentale. Nel girone d’andata aveva un attacco fortissimo con uomini di esperienza e giovani di valore assoluto».
«Personalmente non avrei mai esonerato Zanetti che stava facendo un buon lavoro ma si è trovato da solo a gestire una situazione non facile. Nello spogliatoio c’erano alcuni giocatori un po’ indisciplinati come Da Cruz e Ninkovic e sarebbe stata opportuna una maggiore presenza della società per sostenere l’allenatore che era alla sua prima esperienza in Serie B – prosegue l’ex bianconero – poi è arrivato Stellone che è un ottimo allenatore ma non si è inserito, qualcosa non ha funzionato. La classifica non è affatto compromessa e sono convinto che, se il campionato ripartirà, l’Ascoli riuscirà sicuramente a salvarsi. Pensavo che uomini esperti come Troiano e Padoin potessero guidare i più giovani anche sotto l’aspetto comportamentale ma così non è stato».
Mario Vivani conclude salutando tutti i tifosi dell’Ascoli ed in particolare il suo ex allenatore Carlo Mazzone. «Se sono diventato calciatore lo devo soltanto a lui che ha creduto in me fin dal primo giorno. Mi ha fatto giocare praticamente sempre dandomi grande fiducia. Gli sono molto riconoscente e spero di rivederlo presto».
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