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Piceno libero dai casi Covid,
Claudio Angelini:
«Senza isolare i “contatti stretti”
avremmo avuto altri numeri»

AREA VASTA 5 - Come è stata contenuta l’epidemia nella provincia di Ascoli, la meno colpita della regione? Quali le armi del virus? I contagiati sono ora immuni? Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro? Parla il direttore del servizio Igiene e Sanità pubblica
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di Maria Nerina Galiè

Nel Piceno libero dal Covid – non ci sono più positivi e dal 16 maggio non si registrano nuovi casi – c’è chi, ancora prima che l’epidemia arrivasse, lavorava per alzare le barricate.

Il dottor Claudio Angelini

Si tratta del servizio Igiene e Salute pubblica dell’Area Vasta 5, diretta dal dottor Claudio Angelini, che è anche referente del Gores.

Fermare l’avanzata del virus era impossibile.

Possibile invece dargli il filo da torcere, approfittando del fatto che, rispetto al resto delle Marche, la provincia di Ascoli ha avuto qualche settimana di vantaggio (il primo caso è stato confermato l’11 marzo).

Sono state contagiate 290 persone. Quasi il doppio nel vicino Fermano. Per non parlare del nord delle Marche.

«In linea con la tendenza nazionale, inoltre, l’80 % dei casi ha avuto sintomi molti simili a quelli influenzali.

Ed il virus ha circolato poco. Lo hanno dimostrato i test sierologici che hanno rilevato anticorpi solo nell’1,5% dei casi », commenta Angelini, al quale in molti, ai vertici della Sanità regionale e locale, hanno riconosciuto il merito di aver tenuto a bada l’epidemia.

Adesso che si può guardare al futuro con un certo ottimismo – il direttore del Sisp non smentisce seppure aggiunge «con prudenza» – è lui stesso a spiegarci la strategia adottata.

«E’ stata quella del contact tracing. Cioè la ricerca immediata dei contatti stretti dei positivi, andando indietro di 14 giorni rispetto alla data di conferma del tampone».

L’equipe del reparto di terapia intensiva del “Madonna del Soccorso”, in prima linea nel curare i malati più gravi

Cosa s’intende per contatti stretti?

«Tutti coloro che hanno avuto, con il contagiato, un contatto fisico oppure sono stati  a meno di un metro, in un ambiente chiuso e per più di 15 minuti.

L’indagine come è facile immaginare ha riguardato tutti gli ambienti frequentati dal soggetto. Familiare, lavorativo e sociale».

Tutte queste persone, individuate e contattate telefonicamente, sono state sottoposte ad isolamento fiduciario domiciliare per 14 giorni. Angelini parla di migliaia di chiamate. E non state le sole.

«I casi in quarantena erano monitorati con telefonate quotidiane, per conoscere l’andamento.

Alla comparsa dei primi sintomi diventavano sospetti Covid e sottoposti a tampone.

Il tampone veniva fatto subito ai contatti stretti familiari. In quel caso sarebbe stato davvero difficile, se non impossibile, un isolamento efficace. Ho sostenuto la tesi e Cesare Milani (direttore di Area Vasta 5, ndr)  mi ha sostenuto. E’ stata una strategia vincente.

In ogni caso, con familiari, colleghi o amici trovati positivi, si ricominciava la trafila.

Se i contagiati fossero stati liberi di circolare avremmo avuto ben altri numeri nel Piceno».

Qual è stato invece il punto di forza del Coronavirus?

«Il fatto che non si conosceva, prima di tutto.

Poi l’effetto del fattore R con zero su una popolazione “naive”, cioè che non era mai entrata in contatto con questo tipo di virus».

Può spiegare?

«L’indice di contagiosità del Coronavirus è di 2,3. Molto più basso ad esempio di quello del morbillo che è 18.

Il morbillo però si trova di fronte soggetti vaccinati o immuni perché l’hanno già contratto. Quindi l’indice non esprime tutta la potenzialità come invece è accaduto con il Covid.

In questo caso si è diffuso in maniera esponenziale, non lineare, ed in maniera molto rapida».

tamponi Covid

L’equipe del laboratorio di Biologia Molecolare del “Mazzoni” di Ascoli, dove sono stati esaminati tamponi e test sierologici

Adesso com’è la situazione?

«All’inizio i positivi avevano una carica virale molto forte. Ora per trovarla c’è bisogno di diversi cicli di ricerca. I sintomi sono meno gravi. E non si esclude che non sia in grado di contagiare»

Gli ex positivi sono immuni?

«Studi recenti dicono che l’immunità si esaurisce in due mesi. Quindi bisogna aspettare il vaccino».

L’autunno si guarda con timore. Giustificato?

«Dovrei avere la sfera magica.

Se ricomparirà stessa capacità di produrre danni, non lo possiamo dire.

Ma in genere, per una legge naturale, il virus tende a modificarsi e cambiare il rapporto con l’ospite.

Non più un rapporto da preda a predatore ma simbiotico.

Con la conseguenza che i sintomi sono meno aggressivi».

Senza dubbio una buona notizia. Ma non tanto da permetterci di abbassare la guardia.

Quali sono dottore i suoi consigli?

«Continuare con il distanziamento sociale. Usare tutti la mascherina.

Tutti, altrimenti è inutile.

E soprattutto lavarsi spesso le mani, come regola comportamentale.

Poi il vaccino anti influenzale. Anche in questo caso per tutti, compresi i bambini da 0 a 6 anni.

Tra poco uscirà circolare ministeriale che riguarderà proprio i bambini.

Sono i principali untori della famiglia. Andando a scuola possono riportare il virus ai nonni.  

Così come sono ora lo sono i giovani, con la movida e le occasioni per socializzare». 

Il vaccino per l’influenza stagionale non serve contro il Coronavirus.

«Ma permette diagnosi differenziale».

La preoccupa una recrudescenza?

«Ora abbiamo le armi per affrontarla. Sappiamo molte cose in più anche a livello di percorso terapeutico».

 

 


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