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“Alla ricerca delle tradizioni perdute”: Gabriella Piccioni racconta il suo viaggio nel tempo nel Piceno

ASCOLI - La professoressa del Liceo “Stabili-Trebbiani”, ospite di “Leggi che ti passa”, ripercorre le tappe fondamentali della stesura del volume, finanziato dal Bim Tronto, dedicato alla valorizzazione del patrimonio legato alle tradizioni e ai costumi locali, tra incidenti di percorso, felici intuizioni e importanti scoperte
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di Federico Ameli

150 interviste alle memorie storiche del Piceno e un totale di quasi 700 pagine interamente dedicate ad aneddoti e racconti popolari riportati alla luce grazie a due anni di intenso lavoro, finalizzato a fornire una panoramica quanto più fedele degli antichi usi e costumi del nostro territorio.

Sono questi gli impressionanti numeri di “Alla ricerca delle tradizioni perdute”, il volume curato dalla professoressa Gabriella Piccioni e patrocinato dal Bim Tronto, che in virtù del grande successo riscosso dal libro, edito nel 2014, ha recentemente commissionato una ristampa aggiornata pubblicata nell’aprile dello scorso anno.

Gabriella Piccioni

Un’idea, quella che ha poi portato la docente di lettere del liceo “Stabili-Trebbiani” a indagare sulle tradizioni del nostro territorio, che nasce dalla ferma volontà del direttivo del Consorzio del Bacino Imbrifero del Tronto di investire sul rilancio della cultura locale.

«Fin dal suo insediamento – spiega la Piccioni, responsabile del settore scuola e cultura dell’ente – il presidente Luigi Contisciani ha dimostrato di voler puntare sulla valorizzazione del nostro patrimonio culturale, destinando negli anni alla scuola pubblica risorse e borse di studio anche attraverso dei concorsi riservati ai giovani studenti del territorio. Il volume stesso, in un certo senso, è una diretta conseguenza di uno dei concorsi indetti dal Bim Tronto, dedicato alla riscoperta delle antiche tradizioni. Alla luce del grande coinvolgimento di alunni e insegnanti, il presidente mi ha proposto di continuare a lavorare in quella direzione, scrivendo un volume incentrato sugli usi e sui costumi di un tempo».

È stato allora che, armata di carta, penna e registratore, ma anche di passione e di una certa dose di pazienza, la professoressa Piccioni ha iniziato il suo personale viaggio nella cultura locale. Un percorso lungo e articolato, tutt’altro che in discesa, che nel giro di due anni l’ha portata ad approfondire in prima persona, tra fonti scritte e testimonianze orali, e poi a raccontare, la storia e le storie di un territorio estremamente eterogeneo, concedendosi anche un piccolo omaggio a un grande scrittore del passato.

«L’obiettivo del volume – spiega – era quello di riportare, in un certo senso, in vita il tempo passato finito nel dimenticatoio e, in quest’ottica, il titolo costituisce una sorta di parafrasi di “Alla ricerca del tempo perdutodi Marcel Proust, uno dei miei autori del cuore. Ho iniziato consultando quotidiani del 1800, all’interno dei quali ho avuto la fortuna di trovare diversi spunti interessanti, disseminati tra i resoconti di, tra le altre cose, matrimoni in montagna, serenate e scampanate, ma anche episodi di cronaca e lettere di sfogo. Ho frequentato archivi e biblioteche di tutta la Provincia, consultando numerose riviste pubblicate a cavallo tra ‘800 e ‘900 fino ad arrivare sostanzialmente agli anni ‘40, quando il mondo delle tradizioni popolari è stato stravolto dalla guerra prima e dall’industrializzazione poi».

Particolarmente preziosi ai fini della sua ricerca si sono rivelati i volumi pubblicati nella seconda metà del diciannovesimo secolo, quando la cultura romantica e la conseguente riscoperta del folklore hanno spinto diversi intellettuali locali, come Antonio Orsini e Giulio Gabrielli, a interessarsi più da vicino all’affascinante universo delle tradizioni popolari. Una volta interiorizzate le testimonianze dei grandi del passato, poi, per la Piccioni è stato tempo di passare al lavoro sul campo, dove ad attenderla ha trovato una serie di ostacoli legati alla non sempre agevole interazione con i custodi della memoria popolare.

«Nei due anni di lavoro – dichiara la professoressa – ho avuto modo di intervistare circa 200 anziani sparsi nei 17 comuni del Bacino Imbrifero del Tronto, una realtà molto variegata e composita che va da Arquata a San Benedetto, passando per Ascoli e la vallata del Tronto. Dagli usi della montagna – con conversazioni e riflessioni che, a seguito degli eventi sismici che hanno interessato quell’area, hanno acquisito un valore inestimabile – alle consuetudini della realtà collinare, fino ad arrivare alla civiltà marinara. Ho visitato abitazioni private, come anche circoli ricreativi e di pescatori, alla ricerca di notizie e aneddoti, ma in una prima fase ho fatto molta fatica a tirar fuori qualcosa di concreto dalle interviste ai testimoni dell’epoca».

«Con il passare del tempo – prosegue – ho capito che era necessario porre delle domande molto specifiche per riuscire a superare lo scoglio rappresentato dal pure episodio privato e personale, che in assoluto costituiva il primo aspetto a emergere in ogni conversazione. Purtroppo, ho avuto modo di capire sulla mia pelle che, nel nuovo mondo globalizzato, è venuto meno il tradizionale dialogo intergenerazionale. Ormai, il solo rapporto contemplato dalla società moderna è quello tra pari, con gli anziani che, da preziosi testimoni della cultura orale, hanno finito per perdere l’abitudine a comunicare e a trasmettere ai più giovani il patrimonio culturale di matrice popolare».

Un autentico scrigno di usi, costumi e tradizioni gelosamente custodito da una generazione che, inevitabilmente, fa più fatica del previsto a rapportarsi con gli altri. Eppure, con tutte le difficoltà del caso e di certo non senza fatica, alla fine Gabriella Piccioni è riuscita a riportarlo alla luce.

«Ho raccolto e registrato – racconta, con un certo orgoglio, la professoressa – canti, stornelli e proverbi in dialetto, riuscendo a evidenziare dei parallelismi con alcuni grandi esponenti della cultura classica, come Orazio, Plinio il Vecchio e gli altri autori di età romana che citano il Piceno nelle proprie opere. Con il passare del tempo, poi, mi sono resa conto che sulla base delle contaminazioni reciproche è effettivamente possibile instaurare un collegamento tra la cultura popolare e quella letteraria. Tanto per fare alcuni esempi, ho avuto modo di notare come alcuni stornelli popolari scimmiottassero i versi di Dante o Ariosto e come, allo stesso tempo, opere di autori come Verga, Leopardi e D’Annunzio contenessero a loro volta numerosi riferimenti alle tradizioni popolari. D’altra parte, la parola stessa deriva dal latino “tradĕre”, che vuol dire “consegnare”: le tradizioni costituiscono l’eredità che una generazione consegna alle successive, a partire dagli antichi Romani fino ad arrivare ai giorni nostri».

Tanti i temi trattati nelle oltre 600 pagine che compongono il volume: si passa dalle abitudini e dalle credenze legate al ciclo della vita e dell’anno al resoconto della dura vita dei campi, senza dimenticare l’elemento religioso, legato a doppio filo ai riti e alle superstizioni che un tempo dominavano la sfera della spiritualità, e il variegato panorama delle feste popolari.

Una preziosa ricostruzione del tenore di vita che dei nostri antenati che il Bim Tronto mette gratuitamente a disposizione della cittadinanza, confezionando un’opera che merita un posto di rilievo in ogni libreria, mensola o scaffale del Piceno e che, secondo l’autrice, avrebbe anche tutte le carte in regola per rappresentare una potenziale fonte di ispirazione nell’implementazione dell’offerta turistica del territorio, un aspetto che ad oggi costituisce uno dei temi caldi della politica locale.

«Lungo il percorso che ha poi portato alla pubblicazione del volume, ho avuto modo di intraprendere quello che mi piace definire come un “viaggio dei cinque sensitra mare e montagna. Credo fermamente che i paesaggi, gli odori, i sapori e i prodotti tipici del nostro territorio rappresentino un vero e proprio valore aggiunto per la nostra zona, oltre che delle risorse importanti per il rilancio dell’economia e del turismo locale. Ad esempio, ricreare alcuni scenari legati agli antichi rituali potrebbe attrarre un buon numero di turisti nel Piceno. Si tratta ovviamente di prospettive da valutare adeguatamente, ma sono convinta che il territorio ne gioverebbe».

Al di là delle sue possibili applicazioni in campo turistico, “Alla ricerca delle tradizioni perdute” ha ben presto riscontrato un successo tale da convincere il Bim Tronto e la professoressa Piccioni a intraprendere la stesura di un altro volume, questa volta dedicato a un mondo che l’autrice conosce molto da vicino.

«Da qualche anno a questa parte – rivela – sto lavorando a un’indagine sulla storia dell’istruzione nel Piceno. La recente emergenza sanitaria ha inevitabilmente dilatato i tempi di pubblicazione, ma già da qualche tempo l’opera può dirsi conclusa e con tutta probabilità entro l’anno verrà ufficialmente presentata alla cittadinanza. Per il momento, posso anticiparti che, nonostante sia passato oltre un secolo, diverse problematiche della scuola dell’800 non hanno ancora trovato una soluzione».

Al di là dell’amara consapevolezza di chi opera nel mondo della scuola e conosce bene i suoi problemi, la speranza è che “Carta, penna e calamaio” – questo il titolo scelto, in omaggio ai “Promessi Sposi” – possa bissare la fortuna del suo predecessore. Ai lettori l’ardua sentenza, volendo parafrasare un’altra celebre opera di Manzoni: quel che è certo, a questo punto, è che tra qualche mese avremo di nuovo il piacere di conversare con la professoressa Piccioni: questa volta, però, si parlerà di istruzione e riforme scolastiche, con quella che ormai, tra esperienza sul campo e conoscenza della storia e delle dinamiche del territorio, possiamo tranquillamente definire una delle massime esperte del settore.


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