Oltre 13.000 operatori, 1 ettaro su 5 dedicato al biologico e 2 denominazioni di origine a sottolineare l’alta qualità del prodotto. Stiamo parlando dell’olio extravergine di oliva marchigiano il cui rilancio è stato al centro del dibattito assembleare dell’Aprol Marche, l’associazione che riunisce i produttori olivicoli marchigiani legati a Coldiretti.
Un uliveto
Un settore che si sta leccando le ferite dal Covid con un calo di vendite del 15% dovuto alla chiusura forzata di bar, ristoranti e agriturismi e preoccupato per il futuro visto il crollo dei prezzi (-44%) e la presenza nei mercati mondiali di abbondanti scorte di olio “vecchio” spagnolo, pronto per arrivare sugli scaffali a prezzi stracciati.
La nostra regione arriva da due campagne olivicole sottotono come produzione a causa del meteo infausto del 2018: circa 2.400 tonnellate lo scorso anno, oltre il 30% in meno rispetto alla media delle tre stagioni precedenti, secondo un’elaborazione della Coldiretti regionale su dati Ismea.
«Aprol attraverso le sue assemblee provinciali e poi regionale ha ribadito la volontà di intensificare l’attività di assistenza tecnica e commerciale -spiega il direttore di Coldiretti Marche, Alberto Frau– . Le Marche hanno un patrimonio olivicolo importante che va tutelato. Aprol deve cambiare passo, rafforzare i servizi e dare assistenza continua alle aziende».
Nelle Marche lavorano anche 175 frantoi, 60 dei quali (il 34%) sono certificati bio. E proprio la qualità è la grande chance che la nostra regione si gioca. Le superfici biologiche sono aumentate del 70% negli ultimi 10 anni.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati