di Federico Ameli
Con il Ferragosto ormai in archivio, l’estate può dirsi ormai al giro di boa. Eppure, prima di riporre costume, paletta e secchiello in soffitta, agosto offre ancora un paio di settimane da trascorrere, tempo permettendo, sotto l’ombrellone. Musica per le orecchie degli amanti del mare e, perché no, dei thriller, con una nuova uscita della casa editrice Mauna Loa che promette di tenere alla larga i tipici brutti pensieri di fine estate.
Qualora così fosse, il merito sarebbe tutto di Luca Cafaro, scrittore di origini pugliesi ma stabilitosi ormai da qualche anno a Rimini, teatro delle oscure vicende della sua ultima fatica letteraria. “Rimini criminale” è infatti il titolo del terzo libro di Cafaro, che dopo due thriller storici – “Un sogno chiamato libertà”, edito da Neftasia Editore nel 2011 e “Nel nome della fede. Otranto 1480”, pubblicato tre anni fa da Robin Edizioni – torna nelle librerie con un giallo ambientato nella città in cui vive e lavora.
Luca Cafaro
Con un titolo così, è difficile pensare di parlare d’altro per rompere il ghiaccio. «Nell’opinione pubblica – spiega l’autore – Rimini viene associata al relax e al divertimento ma, almeno nel mio libro, nasconde un risvolto criminale, un po’ come tutte le città di oggi. Parliamo di una splendida località, che però deve fare i conti con una microcriminalità che, lavorando di fantasia, ho cercato di ricreare all’interno del mio libro. D’altra parte, laddove movida e vita notturna la fanno da padrone, capita spesso che certi ambienti siano in un certo senso legati ai furti e al mondo della droga».
Al tramonto, quando le famiglie tornano a casa dopo una faticosa giornata di mare, tra il litorale e i monumenti della Rimini romana proietta la sua ombra un’organizzazione criminale di stampo mafioso – «che in realtà mi auguro non esista» tiene giustamente a precisare il nostro Luca – dedita al contrabbando di organi e alla vendita di bambini, sulla cui strada finirà per imbattersi, suo malgrado, il professor Roberto Casagrande.
Un uomo in cui tutti possono facilmente immedesimarsi, autore compreso. «Dire che in realtà sono io sotto falso nome sarebbe un’esagerazione, ma senza dubbio ci sono alcune sfumature della sua personalità che ricordano un po’ le mie, in particolare nei tratti tipici della figura dell’insegnante – nella vita di tutti i giorni Luca è un professore di educazione fisica -. Ad ogni modo, quel che è certo è che si tratta di un personaggio costruito sulle mie esperienze».
La casa editrice che ha curato la pubblicazione del romanzo è la sambenedettese Mauna Loa di Raffaella Milandri, che giusto un paio di settimane fa è stata ospite della nostra rubrica.
«Stavo navigando su Internet – racconta Cafaro, tirando fuori dal cassetto i primi ricordi legati al suo libro – alla ricerca di un editore serio che potesse accogliere il mio thriller e, in maniera del tutto casuale, mi sono imbattuto nella Mauna Loa. Devo dire di essere stato particolarmente fortunato, perché dopo una serie di esperienze poco soddisfacenti nel campo dell’editoria, ho dato fiducia alle recensioni positive e ho finalmente trovato una persona in grado di dare il giusto valore ai testi e, soprattutto, alle persone».
A proposito di pubblicazioni passate, abbiamo già tirato in ballo i due gialli storici scritti negli ultimi anni da Luca Cafaro, che in occasione del suo ultimo libro ha scelto di cambiare un po’ le carte in tavola e tornare ai giorni nostri.
«Ho sempre avuto una grande passione per la storia, ma allo stesso tempo sono molto affascinato anche dalla contemporaneità. Ho deciso di cambiare genere, ma non rinnego le mie precedenti esperienze letterarie: semplicemente, a seconda della storia e degli argomenti di sviluppare, scelgo poi il periodo storico in cui inquadrare la vicenda».
Senza dubbio, un intreccio ambientato nella nostra epoca strizza con più efficacia l’occhio al lettore, generalmente meno propenso ad acquistare un thriller storico rispetto a un equivalente più fresco e moderno, ma oltre che da esigenze di natura più spiccatamente commerciale, la scelta di Cafaro è stata principalmente dettata dalla volontà di trattare temi delicati da una prospettiva diversa dal solito.
«Credo che il mio libro sia indicato per un pubblico piuttosto ampio. Si tratta di un giallo che presenta delle sfumature di riflessione sul senso della vita, con un particolare approfondimento sulle dinamiche di coppia e sulle conseguenze del trapianto sulla stessa.
Luca Cafaro
L’ignoto ha sempre esercitato un fascino particolare su di me. Mi incuriosiscono molto le trasmissioni televisive dedicate all’analisi di aspetti ancora poco noti della realtà e, anche nel caso del mio libro, tutto è partito da una puntata di “Voyager” che indagava l’influenza del trapianto sulle scelte di una persona, soprattutto a livello di memoria cellulare insita nel cuore. Ho cercato di toccare l’aspetto più mistico del trapianto, abbinandole ad alcune riflessioni sui giovani e sulla vita nella nostra società, che ho inserito all’interno di un impianto tipicamente giallista».
Una piccola digressione sui modelli di riferimento nel panorama culturale mondiale offre poi lo spunto per parlare di futuro, che nel caso di Luca Cafaro sembra essere destinato a tingersi di inchiostro.
«Da un punto di vista letterario, la mia passione per il giallo nasce dai libri di Ken Follett e dal suo stile tipicamente descrittivo: i suoi romanzo non hanno mai deluso le mie altissime aspettative.
Anche Dan Brown, in un certo senso, ha avuto un ruolo importante nella definizione del mio stile letterario, con la sua prosa ritmata che ho cercato di far rivivere combinandola alle tecniche narrative di Follett. Lo stesso si può dire anche di John Grisham e, spostandoci un po’ più sul macabro, dei testi di Stephen King, che senza dubbio hanno esercitato una certa influenza nei miei scritti».
E se il professor Casagrande diventasse una sorta di Robert Langdon all’italiana, seguendo le orme dell’avventuroso storico dell’arte che da vent’anni a questa parte è l’indiscusso protagonista dei più grandi successi di Dan Brown? Cafaro di certo non smentisce, anzi, rilancia rivelando l’ambizioso progetto di dar vita a una trilogia.
«Il finale di “Rimini criminale” è piuttosto aperto, ed è proprio da lì che vorrei partire per la stesura di un sequel in qualche modo sempre legato agli ambienti di criminali di Rimini. L’idea è quella di dar vita a una trilogia, mantenendo una struttura di base composta da alcuni protagonisti del primo thriller a cui andrebbero poi ad aggiungersi delle new entry. L’unica cosa certa è che devo ancora parlarne con Raffaella».
A questo punto, proviamo a metterci una buona parola: Raffaella, se stai leggendo il pezzo, forse è il caso di dare una nuova chance a questo professore di Rimini appassionato di misteri e di letteratura. Forse, senza saperlo potremmo anche essere di fronte al nuovo Robert Langdon.
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