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“Non chiamarmi Poesia”,
Luca Capponi torna in libreria
«Il mio viaggio nell’anima»

LEGGI CHE TI PASSA - Appuntamento venerdì 22 gennaio alle 17,30 sulla pagina Facebook della Libreria Rinascita per la presentazione della nuova opera dello scrittore ascolano. Un "debutto" in versi introdotto da Giovanni Allevi e illustrato da Stefano Tamburrini. L'intervista all'autore
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di Federico Ameli

Edizione straordinaria della rubrica dedicata ai libri e agli autori nostrani, che anticipa di qualche giorno la tradizionale uscita della domenica per fare capolino in questa insolita mattinata di venerdì.

Il motivo è presto detto: qualche settimana fa Luca Capponi – scrittore, giornalista nonché redattore di Cronache Picene – ha fatto ritorno nelle librerie e negli store online con “Non chiamarmi Poesia”, che segna il suo esordio poetico dopo i successi in prosa di “C’era una volta il deserto” (2012, Lìbrati), “Inchiostro Nero” (Lìbrati, 2014) e “Un giorno capirai” (Capponi Editore, 2016).

Luca Capponi

E in tutto questo il venerdì cosa c’entra? C’entra, perché nel pomeriggio, alle 17,30, Capponi presenterà ufficialmente il suo libro in una diretta streaming in programma sulla pagina Facebook della Libreria Rinascita in compagnia dell’attore Stefano Artissunch, che leggerà alcuni passi di “Non chiamarmi Poesia”. Per questo motivo, con qualche ora di anticipo rispetto all’evento, abbiamo colto la palla al balzo per scambiare due chiacchiere con l’autore, che per la prima volta in carriera ha scelto di confrontarsi con versi e strofe.

«Una quarantena dell’anima prima che quarantena fosse davvero» dice Capponi a proposito di questo suo personalissimo viaggio, intrapreso quasi inconsapevolmente e tutt’altro che studiato a tavolino prima della partenza.

«Non c’è un momento esatto in cui ho iniziato a lavorarci, non è una cosa che ho programmato – racconta lo scrittore-. Ho iniziato a esprimermi coi versi quasi in maniera inconscia, senza pensare a dove sarei andato a parare. Non pensavo nemmeno di pubblicare.

Solo alla fine, cioè quando sono riuscito a dare un senso tutto ciò che avevo scritto negli ultimi due o tre anni, mi sono reso conto che l’unico modo per rappresentare ciò che accade al “protagonista” di “Non chiamarmi Poesia” erano appunto i versi. Ed ho capito.

In sostanza, ho intrapreso questo viaggio senza sapere su quale mezzo di trasporto mi sarei spostato né dove sarei arrivato. Mi sono lasciato condurre».

E allora proviamo anche noi a lasciarci condurre per mano in questo «libro sparito e poi riapparso» – come lo definisce lo stesso autore nei titoli di testa – partendo da un titolo sorprendente e per certi versi provocatorio, che spalanca le porte di un universo intimo e profondo al lettore, lasciato libero di trarre le proprie conclusioni e ricavarne una preziosa lezione. Quella suggerita da Capponi stesso, però, è di quelle che non ti aspetteresti.

«Senza fare spoiler, il finale vorrebbe riflettere sullo stesso titolo del libro -continua Capponi-. “Non chiamarmi Poesia” non va inteso come un ordine o una richiesta: io la intendo come un’invocazione, una spinta a riflettere quando ci troviamo ad avere a che fare con la vita.

Credo che anche davanti alle situazioni più scontate, in un’epoca che spinge a dare definizioni in maniera continuata e iperveloce, prendersi il tempo necessario per dare un nome o una definizione a ciò che ci accade sia fondamentale, vitale, credo che faccia la differenza. L’ultima poesia l’ho intitolata “Ti ho chiamato Poesia” proprio per mettere il punto su questo discorso.

Sono poesie sì, quasi tutte, ma ciò che voglio dire è altro: “Prenditi il tuo tempo per valutare, ponderare, rifletterci su, con consapevolezza, anche se la risposta ti sembra già saperla. Perché a volte una cosa può non essere ciò che sembra”. Che poi è lo stesso approdo a cui spero di essere arrivato io.

E cioè che non serve sempre e per forza dare subito un nome alle cose, ai sentimenti, alle persone, a ciò che proviamo: a volte i pensieri vanno lasciati decantare, persino lasciati liberi di sbagliare.

Infine, con “Non chiamarmi Poesia” rivendico anche il diritto di restare senza nome in un mondo che non fa altro che elencare, definire, appiccicare etichette. Insomma, come si può vedere già solo il titolo dà tante chiavi di lettura, ed è proprio ciò che volevo».

Giovanni Allevi ha scritto l’introduzione di “Non chiamarmi Poesia”

Riflettendo alla ricerca della chiave giusta, tra le pagine del libro il lettore finisce inevitabilmente per imbattersi in componimenti che sembrano rimandare a suggestioni diverse e lontane nel tempo. Una minoranza di poesie che riecheggiano in certa misura gli schemi metrici della tradizione si trova a convivere con la più totale libertà di espressione, garantita da un utilizzo del verso molto più moderno e vicino alla prosa, che evidentemente continua a esercitare un certo fascino sull’autore. D’altra parte, è lo stesso Capponi a suggerircelo quando afferma che quelle presenti nel libro siano «quasi tutte poesie».

«Faccio molta fatica a definire cosa sia realmente poesia – ammette l’autore -. Credo che sia qualcosa di talmente vasto, sfuggente e misterioso da rappresentare una specie di monolite dell’anima su cui interrogarsi continuamente. Forse la mia è una visione poco canonica. Ma per me poesia non è solo ed esclusivamente poesia in senso di componimento scritto: per me poesia è la sequenza finale di “Lost in translation” o le vibrazioni di “Romeo and Juliet” dei Dire Straits, una carezza, un ricordo, un addio, il sorriso di un bambino, un paio di occhi occhi tristi. Queste sono alcune delle cose che credo mi abbiano ispirato.

Ribadisco: mi interrogo spesso su ciò che si intende realmente per poesia, e ci vado con i piedi di piombo quando se ne discute o quando mi chiamano poeta. Un po’ anche per non essere racchiuso in una definizione, per non essere “prigioniero”. Il titolo del libro richiama anche a questo. A me piacciono le parole, la musica, che sono capaci di creare e mi piace pensare che questa musica si possa sposare con un significato, un’emozione, un senso, una figura, un’immagine, il tutto cercando di non risultare banali.

Se questa è poesia allora sì, ci sto, o quanto meno ci provo. Poi le definizioni le danno gli altri, magari dopo aver letto e valutato, giusto per riallacciarmi a ciò che dicevo sopra. Questo per dire che mi sono avvicinato a questa forma di scrittura senza modelli e senza avere in testa qualcosa di definito: ho avuto un approccio libero e privo di riferimenti. Forse è anche per questo che nel libro c’è alternanza di, chiamiamoli così, “stili”».

Luca Capponi e “Non chiamarmi poesia” in fase di editing

Nella sua introduzione, il maestro Giovanni Allevi parla di una poesia profonda e al tempo stesso familiare, che racconta un mondo che sembra non esserci più. In effetti, tra i vari temi affrontati nei 56 componimenti di “Non chiamarmi Poesia”, emergono in maniera fin troppo evidente la nostalgia nei confronti di un passato, neanche troppo lontano, fatto di rapporti sociali autentici e il disagio che l’autore prova nel vivere in una società in cui talvolta fatica a riconoscersi. Eppure, paradossalmente, tra qualche ora sarà proprio il principe dei social network, Facebook, a farsi portavoce del suo messaggio.

«Ho un rapporto abbastanza distaccato coi social, ma che poi per forza di cose, lavoro compreso, diventa quasi necessario: oggi tutto transita online e anche per promuovere ciò che si fa inevitabilmente occorre “esserci” e saperli utilizzare un minimo -ricorda-. Diciamo che ne farei volentieri a meno, ma che comunque cerco di prendere il buono che c’è, perché penso che alla fine del buono ci sia, utilizzandoli con equilibrio, senza farmi condizionare troppo. Io sono abbastanza analogico, e so bene che se di colpo collassassero tutti i social vivrei felice lo stesso: alle persone cui voglio bene non scrivo su Facebook o Instagram, ma le sento al telefono. E se non ci fossero i telefoni scriverei lettere».

Stefano Artissunch sarà ospite della presentazione del libro

Il viaggio che Luca Capponi intraprende si divide idealmente in sei tappe, ognuna delle quali introdotta da uno dei disegni di Stefano Tamburrini, che si susseguono mentre verso dopo verso si giunge alla conclusione. Non mancano gli omaggi al mondo della letteratura, del cinema e della musica, che Capponi si diverte a nascondere qua e là in un raffinato gioco a cui anche il lettore è tenuto a prendere parte.

«Molti dei titoli giocano con citazioni cinematografiche e musicali che mi sono divertito a disseminare, a volte in maniera più evidente, altre volte in modo più nascosto. Diversi titoli sono in lingua inglese, si tratta perlopiù di omaggi ad artisti che mi hanno in un modo o nell’altro ispirato e che mi accompagnano da sempre. Ma ci sono alcuni omaggi anche nei titoli in italiano. È un “gioco” che ho sempre fatto, anche nei miei libri precedenti».

La copertina del maestro Tamburrini

Allevi, Artissunch e Tamburrini sono i compagni di viaggio scelti dall’autore per questa sua nuova avventura in versi, ma pur tra tanti nomi di spicco non può non fare notizia l’assenza di Tuco Ramirez, il fuorilegge che ha sempre fatto coppia fissa con Luca Capponi in occasione dei loro primi tre libri. Che fine ha fatto? Che sia incappato in qualche guaio con la giustizia? Fortunatamente, ci pensa Luca a rassicurarci.

«Me lo chiedono in tanti, e non nascondo che mi fa piacere, perché sono molto affezionato a quel maledetto bandito -conclude Capponi-. Il fatto è che “Non chiamarmi Poesia” rappresentava un viaggio troppo intimo e personale da affrontare in coppia, zero fiction e tante situazioni contro cui ho sbattuto la faccia da solo: senza filtri, senza mediazioni, senza conciliaboli né confronti. E, dunque, senza pseudonimi. Ma Tuco non è uno che se la prende, ed ha capito la situazione. Tanto che ci rivedremo presto, molto presto».

Una promessa è una promessa. Ad ogni modo, in attesa del ritorno di Tuco, con Luca Capponi ci rivedremo davvero molto presto: appuntamento alle 17,30 sulla pagina Facebook della Libreria Rinascita per la presentazione di “Non chiamarmi Poesia”.


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