«Meno cibo gettato per più di un marchigiano su due (55%) che, anche a causa dell’emergenza Coronavirus tra lockdown e smart working, ha raggiunto una maggior consapevolezza sul valore del cibo».
Lo rivela un’indagine Coldiretti/Ixé sulle abitudini dei cittadini ai tempi del Covid, in vista della Giornata Nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare (venerdì 5 febbraio) istituita dal 2014 per sensibilizzare i cittadini su un tema etico che ha grande impatto sull’ambiente.
«Dati incoraggianti che derivano da comportamenti virtuosi: la strategia più diffusa (74%) è quella di una spesa più oculata acquistando solo ciò che serve – precisa Coldiretti – . Nel 38% dei casi invece si torna alla tradizione contadina di usare gli avanzi per il pasto successivo.
In 1 caso su 4 (25%) si cerca di fare più attenzione alla scadenza dei prodotti oppure riducendo le quantità acquistate (24%) evitando così di riempire il carrello e rischiare di farlo rovinare il cibo in frigo.
Esiste poi una quota del 7% che sceglie di donare in beneficienza i prodotti alimentari non consumati.
Comportamenti del quotidiano che Coldiretti e Fondazione Campagna Amica cercano da anni di diffondere anche attraverso percorsi didattici in collaborazione con le scuole, attraverso le proprie fattorie didattiche, agriasilo e agrinido per dare alle nuove generazione un’impronta culturale amica della terra, orientata alla sostenibilità e alle buone pratiche per l’ambiente.
Il risparmio del cibo non è solo un problema etico ma determina anche – dice ancora la Coldiretti – effetti sul piano economico e ambientale per l’impatto negativo sul dispendio energetico e sullo smaltimento dei rifiuti.
I marchigiani negli anni pre Covid avevano aumentato la quantità di rifiuti organici conferiti in discarica: oltre 163 chili pro capite, oltre 11 chili in più a testa tra il 2017 e il 2019 secondo una rielaborazione Coldiretti su dati Ispra. Gli sprechi domestici ammontano a circa 27 chili all’anno pro capite secondo Waste Watcher.
Tra gli alimenti più colpiti svettano verdura e frutta fresca, seguite da pane fresco, cipolle e aglio, latte e yogurt, formaggi, salse e sughi. A questi si aggiungono quelli nella ristorazione (21%), nella distribuzione commerciale (15%), nell’agricoltura (8%) e nella trasformazione (2%)».
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