di Federico Ameli
Con tutti quei palazzi attorno e un buon numero di piante a oscurarne la visuale dalla strada, i meno pratici della zona farebbero non poca fatica nell’individuare il campo da calcetto che nel corso degli ultimi vent’anni ha saputo ritagliarsi il suo spazio tra viale della Libertà e via dei Gelsomini, nel quartiere di Monticelli.
Il campetto di Monticelli e, sullo sfondo, la villetta dei Celani
Le reti sono integre e la pavimentazione appare in buono stato. Le condizioni generali sono da far invidia a qualche collega cittadino, il che in un primo momento farebbe pensare a un utilizzo sporadico e occasionale. Niente di più sbagliato: ogni giorno, quasi a tutte le ore, il campetto è terra di conquista per le comitive più disparate.
Dai più piccoli fino ad arrivare a chi ormai ha smarrito lo spunto dei tempi d’oro, tanti ragazzi del quartiere – e non manca neppure qualche “forestiero” – si danno appuntamento al campetto per dare due calci al pallone nell’intimità garantita dai palazzoni limitrofi.
E cosa ci sarà mai di male? Proviamo a chiederlo a Giovanni Celani e a sua moglie Cecilia Giovannozzi, residenti nella vicinissima via delle Stelle Alpine, a qualche metro di distanza da una delle due porte del campo.
Giovanni Celani
Quando arriviamo sul posto, Giovanni – noto a tutti in città come Paccò – è sul punto di andarsene per la disperazione. Dopo una vita trascorsa nella storica macelleria di piazza Giacomini, lui e la signora Cecilia vorrebbero tanto godersi il meritato riposo, ma schiamazzi e pallonate quotidiane finiscono inevitabilmente per turbare la loro quiete.
«Da quando hanno realizzato il campo – spiega Giovanni – tutti i giorni il nostro vicinato è teatro di urla e insulti di ogni genere, oltre al fatto che puntualmente i palloni finisce nella nostra proprietà, provocando danni talvolta anche gravi».
Nel giardino dei Celani spiccano in maniera piuttosto inequivocabile i segni di tanti anni di dure battaglie, con lampioni abbattuti a suon di pallonate, piante che temono di fare presto la stessa fine e una piccola nicchia di carattere religioso che però si rivela inefficace quando si tratta di correggere la mira rivedibile di tanti aspiranti calciatori della zona.
Uno dei lampioncini di casa Celani. Per proteggerlo dalla pioggia viene coperto da un sacchetto di plastica
Oltre a quella fatta installare dalla famiglia di Giovanni per marcare ulteriormente il confine tra la sua proprietà e il campetto della discordia, oltre le due porte c’è una rete piuttosto alta che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe scongiurare il rischio di pallonate indesiderate. Eppure si sa, in periferia i piedi non sono mai così educati e capita spesso che i tiri diretti in porta finiscano tra le villette di via delle Stelle Alpine.
Se la presenza del cane dei vicini fa desistere anche i più coraggiosi dall’azzardare le operazioni di recupero, Giovanni e sua moglie sono continuamente bersagliati dalle richieste di restituzione da parte dei ragazzi, che non sempre si dimostrano maestri di cerimonie.
«Vengono spesso a richiederci i palloni a brutto muso e in modo sgarbato – racconta un’esasperata Cecilia, che più di tutti soffre questa condizione di disagio -. Poi, se chiedo loro di fare piano e prestare attenzione o se esito a restituire la palla partono parolacce, bestemmie e insulti. Una volta ci hanno perfino tirato un fumogeno in giardino. Ormai, però, per non rischiare, quasi tutti portano con sé due palloni».
In assenza dei due coniugi, i ragazzi si mettono in proprio per recuperare i palloni, come testimoniato dai danni subiti
Quella dei Celani è una battaglia che va avanti ormai da tempo, come testimoniano i danni alla recinzione provocati da qualche spedizione illecita a caccia di palloni dispersi e, soprattutto, le fiancate dell’auto di Giovanni, sfregiata in maniera inequivocabile ormai qualche anno fa da una comitiva particolarmente rancorosa. Eppure, malgrado un evidente condizione di disagio, nessuno ha ancora posto rimedio alla situazione.
«Nonostante le promesse delle varie Amministrazioni – spiega il signor Giovanni – non è cambiato mai niente. Fortunatamente, possediamo un altro appartamento in centro che stiamo ristrutturando per poterci trasferire prima possibile».
Sarebbe davvero un peccato, anche perché dalle finestre del piano superiore si gode di una bella vista sul vicinato, con la possibilità di assistere dal vivo alle accese partitelle dei ragazzi della zona. Uno spettacolo a cui, tuttavia, i Celani rinuncerebbero molto volentieri. L’unica speranza? La pioggia, o in alternativa una partita dell’Ascoli, che fortunatamente il più delle volte tiene i patiti del pallone incollati allo schermo.
La vista dalle finestre del primo piano
«Lo scorso anno – prosegue Paccò – dei tecnici del Comune ci hanno proposto alcune soluzioni, come la copertura del campetto e l’installazione di telecamere e di una barriera antirumore, ma non se n’è mai fatto nulla. Negli anni abbiamo presentato denunce ed esposti e stiamo anche pensando di chiedere un risarcimento danni, ma ormai stiamo perdendo le speranze».
Neppure in un periodo delicato come quello che stiamo vivendo l’attività del campetto sembra conoscere tregua. Durante la nostra visita, uno dei ragazzi protesta per un fallo mentre l’altra squadra se ne va indisturbata in porta, nel bel mezzo di un’emergenza sanitaria che sulla carta vieterebbe gli sport di contatto, anche in zona gialla.
«Nel periodo del lockdown tutti i campi della città erano chiusi, tutti tranne questo – spiega amaramente la signora Cecilia, che confessa in cuor suo di avere un po’ paura a farsi vedere in giro, probabilmente per timore di ulteriori ritorsioni-. Le forze dell’ordine conoscono la situazione, ma non se ne curano e tendono a giustificare i ragazzi».
Una delle due fiancate dell’auto dei Celani
Nonostante le limitazioni imposte dalle vigenti norme anticontagio, i ragazzi giocano alla luce del sole, anche perché di illuminazione artificiale – fatta eccezione per quella del verde pubblico della zona – non ce n’è. «E meno male» aggiunge Cecilia: quando le giornate si allungano, a casa Celani si scatena l’inferno.
In questo senso, una limitazione oraria degli accessi al campetto potrebbe rappresentare un primo passo verso la risoluzione del problema, in attesa di valutare ulteriori interventi di natura strutturale. Messo al corrente della situazione, l’assessore comunale allo Sport, Nico Stallone, promette di prendersi cura del caso già a partire da lunedì.
L’assessore Nico Stallone
Nell’attesa, però, i ragazzi continuano a giocare e proprio mentre stiamo per andarcene notiamo che anche Giovanni e sua moglie si apprestano a uscire di casa. «Impossibile restare qui, meglio fare due passi». Purtroppo oggi non piove e l’Ascoli ha già giocato: non resta dunque che confidare nell’intervento dell’Amministrazione, nella speranza di mettere presto fine alle sofferenze dei due coniugi individuando una soluzione in grado di mettere tutti d’accordo.
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