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L’incredibile dramma di Norina:
«Dallo scippo alla morte per Covid,
così mia madre se n’è andata»

MARCHE - Uscita per andare dal medico, non fa ritorno a casa. La trovano sotto choc e giorni dopo capiscono che è stata vittima di un borseggio. Ricoverata in ospedale, e poi in clinica per sottoporsi ad un esame, si contagia e dopo un mese di ricovero al Covid center muore. La figlia Patrizia: «Non cerchiamo colpevoli, ma non meritava questa fine. Per paura del Coronavirus da un anno non vedeva i nipoti»
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Norina Garbuglia

 

di Laura Boccanera

Viene scippata, vaga per ore sotto choc, ricoverata contrae il Covid e dopo un mese muore. E’ una storia drammatica quella che ha portato alla fine di Norina Garbuglia, 75 anni, donna sana come un pesce, deceduta l’altroieri al Covid hospital di Civitanova dopo un mese di ricovero.

Drammatica perché Norina non c’è più, ma anche surreale perché a questo esito hanno concorso una serie di elementi imprevedibili e incontrollabili.

A raccontare questa storia col cuore gonfio è la figlia Patrizia.

Non cerca rivalsa, non vuole cartelle cliniche né ricerca responsabili, ma vuole che si sappia che sua mamma stava bene, che uno scippatore prima e un ricovero ospedaliero poi gliel’hanno portata via.

«Lei non me la ridarà nessuno, non so di chi sia la colpa, ma non meritava questa fine. Avrei anche accettato la sua morte, ma non così, non sola come un cane. Non era imprudente, dormiva perfino con la mascherina in ospedale per evitare il contagio, da un anno non abbracciava i nipoti per evitare di contagiarsi. Non posso dimenticarmi le sue parole: “non portatemi in ospedale che lì mi prendo il Covid”».

Tutto comincia il 13 gennaio quando Norina Garbuglia che abita nella zona residenziale di Villa Eugenia va dal suo medico di base per farsi prescrivere alcuni esami di controllo. Non vedendola tornare il marito e i figli iniziano a preoccuparsi. Norina è sempre puntuale e al telefono non risponde: «abbiamo subito pensato che ci fosse qualcosa che non andava e che le fosse successo qualcosa» racconta Patrizia, la figlia.

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Personale del Covid hospital

Subito viene sentito il medico, l’ultimo ad averla vista e cominciano a muoversi i familiari che sporgono denuncia.

Poi una donna chiama al telefono della figlia, dice di essere con sua mamma e che la donna si trova a Porto Potenza. Immediatamente la volante raggiunge il luogo del ritrovamento dell’anziana. Sono già le 21,45: «mia mamma era infreddolita, ma stava bene. Quando l’abbiamo raggiunta non ricordava nulla.

Gli ultimi luoghi che visualizzava erano le poste di San Marone e il Sert, non sapeva come era riuscita a piedi a raggiungere Porto Potenza, aveva freddo e si era gettata fra i resti dei tendaggi Grandinetti. Qui una persona l’ha sentita e l’ha soccorsa».

La figlia Patrizia e il figlio Massimo non sapranno ancora per giorni cosa ha determinato quello spaesamento nella loro madre. Poi un giorno la domanda di un’amica di famiglia fa sorgere l’interrogativo e un pezzo del puzzle finisce al suo posto.

Dov’è la borsa di Norina? Quando è andata dal medico l’aveva con sé. Norina non sa dirlo, non lo ricorda, però di quel pomeriggio ricorda un uomo che la seguiva. I familiari temono che sia successo qualcosa che abbia provocato lo choc, un furto, forse uno scippo violento. E infatti la borsa di Norina viene ritrovata avvolta in una busta per la spesa in un fosso che costeggia la pista ciclabile. All’interno non ci sono più i documenti, non c’è il borsello con 300 euro e nemmeno il prosciutto cotto che aveva acquistato per il marito.

reparti-covid-hospital-civitanova-FDM-5-650x434E’ stato lo choc per quel borseggio a provocare lo smarrimento di Norina Garbuglia che quella sera del 13 gennaio vaga sotto choc fino a Porto Potenza. E’ qui che i familiari la raggiungono, arrivano anche i carabinieri e l’ambulanza. «Non mi portate in ospedale che prendo il virus, ora sto bene» dice Norina. Ma la figlia la rassicura, è solo una visita al pronto soccorso e poi torniamo a casa.

«Arrivati al pronto soccorso le fanno il tampone ed è negativo. Dal primo riscontro diagnostico risulta che c’è una macchia in testa e servirebbe una risonanza per capire meglio.

Ma i tempi sono lunghi e per non farla rimanere troppo al pronto soccorso viene disposto un trasferimento a Villa Pini dove sarebbe stata fatta la risonanza una settimana dopo.

E’ sempre Patrizia che racconta: «non mi sono messa contro i medici, potevo portarla a casa e farla tornare una settimana dopo per fare l’esame, ma ho pensato che fosse al sicuro. L’ho potuta abbracciare per caso perché ho incrociato l’ambulanza che la trasferiva proprio sotto la clinica privata e poi non l’ho più vista.

Le hanno fatto un tampone al giorno ed era sempre negativo, fino al mercoledì mattina prima della risonanza. Il tampone aveva dato esito positivo e ci hanno detto che mia mamma sarebbe stata trasferita al reparto Covid del Santo Stefano».

E’ da lì che la vita di Norina diventa una Via Crucis segnata dal virus. Prima asintomatica, poi con sintomi lievi, poi la situazione si aggrava e il 29 gennaio viene portata in ospedale a Civitanova. Ma le manca l’ossigeno, il caschetto non basta più.

Il 31 gennaio entra al Covid hospital: «all’improvviso un giorno è passata dal modulo 1 al modulo 5. Ci dicevano che forse rimaneva solo qualche giorno, invece una sera ci chiamano e ci dicono che l’hanno intubata. Non si riprenderà più – conclude la figlia che proprio questa mattina ha sepolto la mamma – ci hanno detto che sono state una serie di cose a provocare il peggioramento.

Io non ce l’ho con gli operatori del Covid hospital che anzi ringrazio e che sono stati di un’umanità straordinaria.

Una sera sono rimasta al telefono con una dottoressa per 40 minuti, ci ha telefonato dicendoci di iniziare a prepararci al peggio. Le ho chiesto allora solo se poteva avvicinare il telefono all’orecchio di mia mamma, per poterla accompagnare, per dirle le ultime parole.

Era una donna che è vissuta per i figli, per i nipoti, per tutti coloro che ha tirato su, i figli dei vicini di casa. Era una persona inarrestabile, stava bene, lo so che potrebbe dirlo ogni figlia della mamma, ma lei proprio non se lo meritava di morire così.

Era sempre attentissima, non abbracciava i nipoti da un anno per evitare il contagio, aveva con sé sempre i disinfettanti, scrupolosissima. Non faremo azioni legali, non faremo ricerche su chi fosse colui che ha scippato nostra madre, perché comunque nulla lenirebbe il nostro dolore.

Raccontiamo tutto questo solo per far sapere che nostra madre poteva essere ancora viva, che il virus è pericoloso, che lei stava bene e non aveva patologie. E che ora non c’è più».

 

 


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