Sono arrivate fino alle Marche le ceneri dell’Etna sprigionatesi durante l’eruzioni registrate tra il 24 ed il 27 febbraio scorsi.
A rilevarle – come riporta l’Ansa – è stata l’Arpa Marche che ha raccolto in quei giorni anche polveri sahariane. Sono state queste, secondo l’agenzia regionale, a favorire il picco di polveri fini, denominate Pm10, raggiunto il 27 febbraio e captate dalla centralina della stazione di Ancona.
«L’eruzione dell’Etna – ha riferito l’Arpam all’Ansa – la più grande emissione di anidride solforosa (SO2) dell’Etna per quel che riguarda il recente passato, ha emesso in atmosfera decine di kilotoni di tale sostanza.
I venti spiranti nel Catanese, prevalentemente di scirocco, hanno determinato lo spostamento di particelle carboniose e la caduta di cenere anche in altre città siciliane e hanno via via interessato il centro-sud dell’Italia, principalmente la Sardegna, il Lazio, la Toscana, l’Emilia Romagna, l’Umbria e anche le Marche».
Si tratta di un fenomeno ad alte quote e «non ha, o ha scarsamente, ripercussioni al suolo.
Si tratta di un fenomeno certo curioso, ma non così strano, se basta ricordare che, in caso di eruzioni potenti, le nubi vulcaniche riescono a raggiungere anche i 12-13 chilometri di altezza, penetrando parte della stratosfera, mentre i forti venti che spirano in queste zone – oltre 250 chilometri orari – riescono a trasportare minuscole particelle di fumo per centinaia e migliaia di chilometri».
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati