di Federico Ameli
Con tutta probabilità, chiunque negli ultimi giorni abbia dato anche solo un’occhiata distratta a social e mezzi di informazione si sarà reso conto dell’improvvisa e ritrovata popolarità del Sommo Poeta in occasione del cosiddetto Dantedì dello scorso 25 marzo, che in questa sua seconda edizione, oltre a segnare la canonica data d’inizio del viaggio di Dante Alighieri negli affascinanti meandri dell’aldilà, coglie la palla al balzo per alzare il sipario sulle celebrazioni del settecentesimo anniversario della morte di colui che a tutt’oggi è considerato uno dei padri fondatori della moderna lingua italiana.
Emanuele Di Silvestro
A qualche giorno di distanza da una lunga serie di dibattiti, tavole rotonde e convegni di stampo scientifico, ma anche di ricordi un po’ sbiaditi di una lontana gioventù scolastica e citazioni più o meno fedeli all’originale, anche noi della rubrica settimanale dedicata ai libri e alla letteratura locale abbiamo voluto in qualche modo ricordare l’importanza della poetica e del pensiero dantesco affidandoci alla consulenza di uno dei massimi esperti in materia di cantiche, terzine e meritate corone di alloro.
Parliamo di Emanuele Di Silvestro, venticinquenne studente di Filologia moderna all’università di Macerata e residente a Colli del Tronto, che a differenza di tanti cultori dell’ultima ora, probabilmente più avvezzi ai like che ai gironi infernali, dall’ormai lontano 2012 nutre una profonda devozione nei confronti del poeta fiorentino.
Una passione, quella di Emanuele per i testi danteschi, felicemente sbocciata ai tempi del liceo, che come le amicizie più fortunate è riuscita fin qui a reggere alla grande l’urto dei segni del tempo e a consolidarsi con il passare degli anni, fino a diventare un irrinunciabile punto di riferimento nella vita quotidiana del giovane letterato. Eppure, nonostante le belle premesse, il primo incontro tra il dantista in erba e il suo maestro non era certo andato in scena sotto i migliori auspici.
«Ricordo benissimo il momento in cui tutto ha avuto inizio – racconta Emanuele non senza un pizzico di nostalgia -. Parliamo del gennaio 2012, quando ancora frequentavo il liceo scientifico “Orsini” di Ascoli e la mia professoressa di italiano mi colse impreparato sul “Convivio” di Dante. Me ne vergognai moltissimo: all’epoca non andavo granché bene a scuola e temevo di perdere la stima dell’insegnante, che invece mi rassicurò e fece di tutto per spronarmi a migliorare.
Nel tentativo di recuperare, quando nel corso del secondo quadrimestre la professoressa ci chiese di imparare a memoria le prime quattro terzine dell’Inferno, studiai circa una trentina di versi che poi ebbi l’occasione di declamare davanti ai miei compagni di classe.
Da quel momento, Dante è diventato un amico carissimo: ho apprezzato in particolare la musicalità dei suoi testi e da allora questa rinnovata curiosità nei confronti della conoscenza e del sapere mi ha permesso di migliorare progressivamente in tutte le materie».
Nonostante un inizio tutt’altro che da incorniciare, Emanuele ha ben presto compreso a sue spese che un aspirante dantista degno di questo nome non può certo permettersi il lusso di snobbare le opere del Sommo Poeta meno note ai più.
Ad ogni modo, in questi ultimi novi anni il giovane appassionato di Dante si è dato molto da fare per guadagnarsi il suo perdono, e tra riletture, studi e incontri a tema ha dimostrato di meritare a sua volta, e per giunta a pieni voti, il prestigioso appellativo di “dantista”.
A questo proposito, sebbene in realtà – come spiega Emanuele – non sia mai stata formulata una classificazione chiara dei requisiti necessari per potersi fregiare di un titolo tanto esclusivo, pare sia comunque buona norma evitare di improvvisarsi cultori della materia da un giorno all’altro: forse non saranno richieste parafrasi e canti a memoria – anche se Di Silvestro dice di ricordarne «anche troppi» – ma non si può in alcun modo prescindere da una profonda conoscenza del testo dantesco. In questo senso, Emanuele opta comunque per un basso profilo definendosi “dantista dilettante”, «nel senso che mi diletto nel leggere e approfondire gli studi sulle opere dantesche».
Al di là delle etichette, quel che è certo è che gli ultimi giorni hanno costretto a dei ritmi davvero forsennati i tanti ammiratori del Sommo Poeta, tornato improvvisamente alla ribalta nell’orizzonte culturale collettivo in occasione dell’apprezzatissima ricorrenza del Dantedì. Al di là di una risonanza mediatica che agli appassionati del settore non può che far piacere, viene da chiedersi cosa avranno pensato i dantisti più intransigenti della selva oscura dei social, quella in cui bastano un paio di click per rivendicare un’affinità, reale o presunta, con i grandi del passato. Dal canto suo, Emanuele preferisce sottolineare i tanti aspetti positivi di un’iniziativa che intende conferire il giusto risalto a una figura cardine nelle sorti, e non solo letterarie, del nostro Paese.
«Personalmente – rivela Di Silvestro – credo che il Dantedì sia l’occasione ideale per vivificare e ampliare lo stimolo verso la conoscenza di Dante. Certo, in queste occasioni sarebbe preferibile evitare di incorrere in inesattezze, campanilismi e strumentalizzazioni di natura politica: non bisogna mai cadere nell’anacronismo, ma è un discorso che vale per qualsiasi altro autore».
A proposito della “concorrenza”, ad oggi il poeta fiorentino è l’unico uomo di lettere a poter vantare una giornata nazionale indetta in suo onore. Il motivo? Lasciamo che sia un esperto del settore, seppur “dilettante”, a illustrarci il suo punto di vista.
«A Dante dobbiamo davvero molto. Anche volendo prendere in considerazione solo il piano strettamente linguistico, siamo profondamente in debito con lui in quanto la diffusione di quello che potremmo definire un “best seller manoscritto” è andata di pari passo con quella della lingua dantesca.
Parliamo di uno spartiacque che in un modo o nell’altro è stato di influenzare ogni epoca successiva anche grazie a un’incredibile capacità di affrescare tutte le sfaccettature dell’animo umano. Tra le altre cose, Dante è un uomo che ha sofferto molto ed è anche per questo che i suoi testi traboccano di umanità ed esperienze realmente vissute, tra sentimenti e grandi passioni».
A questo punto, con la piacevole chiacchierata che volge lentamente alla conclusione, data la giovane età di Emanuele non possiamo certo risparmiargli la più classica delle domande di fine intervista. Ad attenderlo nel prossimo futuro c’è la laurea magistrale, che ben presto andrà a far compagnia alla triennale con una tesi di cui non è poi così difficile immaginare l’argomento.
«Sto lavorando su un elaborato dedicato al profetismo dantesco – conferma Di Silvestro -, all’interno del quale analizzerò le modalità di cui Dante si serve nel rielaborare l’esperienza e il modello profetico, in particolare quello di Geremia. Mi piace molto la cosiddetta “filigrana biblica”, ossia la conoscenza della vulgata che traspare all’interno dell’opera».
Una volta archiviata la parentesi universitaria, come prevedibile il sogno nel cassetto è accantonare definitivamente il termine “dilettante” e diventare un dantista a tutti gli effetti.
«Mi piacerebbe molto dedicarmi all’insegnamento, ma ad ogni modo non metterò certo da parte l’approfondimento dantesco -conclude-. Come in tutti gli altri ambiti della conoscenza umana, anche negli studi dedicati a Dante sorgono continuamente delle questioni inedite, e in quest’ottica spero di potermi dedicare anche in futuro al Sommo Poeta e di proseguire su questa strada».
E chissà, forse ci vorrà del tempo, ma di questo passo un giorno si potrà anche arrivare a riveder le stelle.
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