di Piersandra Dragoni
La conversazione con il professor Stefano Papetti della settimana scorsa ha suscitato un certo dibattito e qualcuno si è chiesto se la cultura può davvero svolgere un ruolo strategico nello sviluppo del nostro territorio. Abbiamo pensato, perciò, di approfondire il discorso su quelle che oramai chiamiamo “vie culturali allo sviluppo” con imprenditori che da anni operano nel settore: è la volta di Fabio Bracchi, presidente della società cooperativa “Integra-Gestione Integrata Sistemi per la Cultura”.
La tua società opera nel settore dei beni culturali dal 1999, all’epoca sembrava una scelta alquanto azzardata.
«Decisamente sì: abbiamo iniziato svolgendo per lo più attività di quasi-volontariato per piccole mostre o iniziative locali e avevamo fatturati ridicoli, tanto che la nostra commercialista non capiva perché mai avessimo costituito una cooperativa. Ma siamo andati avanti con determinazione riuscendo ad ottenere lavori importanti – la mostra Piceni Popolo d’Europa fu la prima – che ci permisero di sostenerci, sia economicamente che psicologicamente»
Fabio Bracchi
Oggi però Integra è una realtà consolidata che dà lavoro a 19 fra soci e dipendenti, tutti altamente formati e qualificati.
«Fortunatamente le nostre professionalità ma soprattutto le nostre forti motivazioni hanno avuto la meglio permettendoci di esprimere il nostro potenziale sia in città che fuori. Nel corso degli anni abbiamo gestito il polo museale civico di Fermo e il polo museale civico di Macerata mentre attualmente gestiamo, in partnership con il Consorzio Il Picchio, i Musei civici di Ascoli (Pinacoteca, Forte Malatesta, Galleria d’Arte Contemporanea Licini, Museo dell’Arte Ceramica) e la Cartiera Papale; il Museo del Mare di San Benedetto (Antiquarium Truentinum, Museo delle Anfore, Museo Ittico, Museo della Civiltà Marinara, Pinacoteca del mare e Villa Marittima) e il complesso monumentale della Fortezza di Civitella del Tronto con annesso Museo delle armi e mappe antiche. Inoltre gestiamo, autonomamente, il Rifugio Paci, struttura storica che è testimonianza di una cultura legata alla pastorizia prima e alla passione per la montagna poi, riconosciuta ufficialmente dalla Regione Marche come unico Centro di Educazione Ambientale del territorio ascolano»
La tua società concorre a provare che quello della cultura è un comparto in grado di generare professionalità e opportunità di sviluppo.
«Ma purtroppo nonostante la crescita di sempre più numerose imprese di settore la cultura continua a non essere riconosciuta come vero comparto produttivo. Uno studio di Symbola/Unioncamere ha analizzato l’impatto economico del sistema produttivo culturale italiano, sistema che comprende le industrie creative (architettura, comunicazione, design), il turismo, le industrie culturali (cinema, editoria, videogiochi, software, musica, stampa) e quelle che gestiscono il patrimonio storico-artistico, ebbene: nel 2018 l’industria culturale italiana ha prodotto circa 95,8 miliardi di euro di valore aggiunto. I risultati di questa ricerca ci devono far riflettere e devono far riflettere soprattutto molti dei nostri amministratori locali e nazionali che, negli ultimi anni, hanno ridotto sensibilmente gli investimenti nel settore perché fortemente condizionati dalla famigerata spending review, senza considerare i risvolti negativi che tali scelte producono nei diversi ambiti e soprattutto nelle realtà territoriali piccole come la nostra»
Investimenti ridotti e ora il Covid… ma almeno la pandemia ha stimolato nuovi modi per fare cultura e gestire i beni culturali.
«La pandemia ha aguzzato ingegno e creatività così, grazie alle nuove tecnologie nel campo della comunicazione digitale e dei social media, abbiamo animato ugualmente le collezioni con visite guidate dedicate, approfondimenti tematici, tour virtuali in 3D, interviste, laboratori didattici, ecc… il tutto per far rimanere alto il livello di attenzione verso le nostre realtà museali e per trasformare i tanti utenti virtuali in fruitori reali delle nostre strutture a pandemia superata. L’obiettivo è questo, noi confidiamo in una prossima riapertura, altrimenti sarà davvero problematico»
Ascoli Piceno capitale della cultura 2024: su cosa dobbiamo puntare per ottenere il riconoscimento?
«Ascoli ha tutti i requisiti per ottenere questo ambito riconoscimento. Occorrono un vero, concreto e sinergico lavoro di squadra tra tutti i soggetti pubblici e privati e un grande lavoro di coordinamento da parte del Comune insieme al comitato appena costituito per presentare una proposta originale, innovativa, accattivante, immersiva ed inclusiva. Secondo me sarebbe importante proporre un SistemAscoli aggregante, dove far convergere tutte le risorse disponibili, che interpreti il concetto di cultura/turismo in maniera più ampia e che dia impulsi importanti per una produzione culturale in città. Vedo il SistemAscoli proiettato nel futuro come una struttura, un organo di riferimento, un gruppo di lavoro in pianta stabile per sviluppare e accogliere idee, progettare, programmare e attuare tutte le iniziative e attività culturali in maniera condivisa, così come hanno fatto e fanno diverse città italiane di certo non più blasonate della nostra come Brescia, Bergamo, Treviso. Sarebbe un sogno»
Appunto: com’è il Piceno che sogni?
«Sogno un Piceno che viva veramente di cultura e turismo, sarebbe possibile se ci credessimo tutti un po’ di più. Mi auguro che si capisca quanto è importante il «fare squadra», soprattutto in un territorio piccolo come il nostro dove non può esserci spazio per individualismi e protagonismi. Vedo, con molto piacere, alcuni cambiamenti: penso, ad esempio, al nuovo Consorzio Turistico dei Monti Gemelli che sta portando avanti un’azione condivisa e partecipata della propria idea di marketing territoriale. Solo uniti potremo aspirare a determinati e ambiziosi obiettivi, promuovendo un brand unico di territorio e un piano più incisivo di comunicazione per essere maggiormente visibili in ambito nazionale e internazionale»
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