Sono stati davvero tanti i messaggi di saluto per Arshad, il 29enne pakistano, ospite del “Sistema di accoglienza e integrazione” morto la scorsa settimana a Grottammare.
Questa mattina, venerdì 16 aprile, tutti quelli che lo hanno conosciuto si sono riuniti in piazza San Pio V e hanno scritto i propri pensieri su dei biglietti, poi lasciati sulla siepe di fronte all’abitazione del ragazzo, affinché anche l’intera comunità grottammarese potesse partecipare alla piccola cerimonia di addio, ricordando Arshad.
Il giovane da quattro mesi era uno dei beneficiari del progetto “Sistema di Accoglienza e Integrazione” (Sai) di Grottammare. Originario di una regione poco sicura del Pakistan, lì aveva lasciato ben 7 figli con la speranza di poterli aiutare cercando condizioni di vita migliori in Italia, dove era giunto più di un anno fa.
L’emergenza covid non l’ha certo aiutato facendo naufragare i suoi intenti nella disperazione più assoluta. Arshad aveva il supporto della rete di assistenza (sanitaria, legale, lavorativa e psicologica) del Sai, ma ciò non è bastato a impedire il gesto estremo compiuto nella casa in cui era ospitato tramite proprio il progetto di accoglienza.
Dopo il rito funebre, previsto la prossima settimana, la salma sarà rimpatriata e restituita ai familiari, che sono sempre stati in stretto contatto con gli operatori e i compagni di Arshad.
Anche il sindaco Enrico Piergallini ha inviato loro un messaggio di condoglianze. «Era dovere della nostra comunità dare simbolicamente un saluto ad Arshad – dice il primo cittadino – il ricordo di questa giornata lo abbiamo condiviso con i familiari ai quali ho espresso il mio cordoglio a nome di tutti. La comunità di Grottammare ha vissuto con dolore questa vicenda come se avesse perso uno dei suoi figli. In questa occasione – conclude Piergallini – abbiamo avuto tutti modo di riflettere su quanto sia sofferta la vicenda di tanti ragazzi che sono giunti in Italia dopo grandi fatiche. E quanto, sui loro cuori, persino le difficoltà di questo periodo, a tal punto da sopraffarli nell’anima».
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