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Zona gialla,
la soddisfazione dei giovani:
«Bene le riaperture,
ma serve prudenza»

ASCOLI - Ad attendere con ansia la riapertura di confini, bar e ristoranti erano proprio le nuove generazioni, desiderose di tornare al più presto alla normalità. C’è anche chi esprime qualche perplessità su delle tempistiche forse troppo affrettate, ma un punto mette tutti d’accordo: quello del buon senso e dei controlli
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di Federico Ameli

Vuoi per la comprensibile nostalgia dell’ultimo aperitivo con gli amici, vuoi per le limitazioni agli spostamenti che in più di un’occasione hanno messo i bastoni tra le ruote alle relazioni umane, con il ritorno delle Marche in zona gialla a tirare un sospiro di sollievo sono stati soprattutto i giovani, più determinati che mai a riabbracciare la socialità di un tempo.

San Benedetto, viale Secondo Moretti in uno degli ultimi fine settimana in zona gialla

Finite da ormai oltre un anno nell’occhio del ciclone per via di qualche atteggiamento sopra le righe e di una temerarietà decisamente poco consona alle necessità dettate da un’emergenza sanitaria, dopo tanta attesa le nuove generazioni possono dunque tornare ad assaporare un po’ della quotidianità perduta.

Già da qualche giorno, infatti, gli adolescenti hanno ripreso lo zaino in spalla per fare ritorno sugli amati e odiati banchi di scuola, mentre tra i più grandicelli sono stati in parecchi a voler recuperare il tempo perduto salutando la tanto attesa zona gialla armati di birrette e calici di vino.

A meno di brutte sorprese, oltre alle solite temperature infernali la bella stagione porterà con sé una ventata di graduali riaperture che già da ora fanno decisamente gola agli irriducibili della movida d’altri tempi. Basterà per scongiurare il rischio di incappare negli stessi errori del recente passato? È ancora presto per poterlo stabilire con certezza. In attesa dei dati ufficiali sull’andamento, epidemiologico e non, delle riaperture, nulla ci vieta però di formulare qualche ipotesi in compagnia di alcuni aspiranti protagonisti dell’estate made in Piceno.

Per l’occasione, abbiamo chiesto il morigerato parere di tre ragazzi dell’Ascolano, non particolarmente avvezzi all’assembramento all’italiana ma neppure troppo ancorati al divano di casa, nel tentativo di comprendere le prime impressioni della fascia over 20/under 30 alle porte del primo vero banco di prova di quella normalità perduta ormai quasi un anno e mezzo fa.

Marco, ventottenne della provincia di Ascoli, fornisce una versione della ritrovata zona gialla che lui stesso definisce “egoistica”. «Quella “scientifico-economica” – spiega – potrebbe sembrare un po’ presuntuosa: non avendo conoscenze specifiche in materia e non essendo medico rischierei di perdermi entrando nel tecnico della decisione. Ad ogni modo, sinceramente, ammetto di avere un po’ paura del virus: non tanto per me, quanto invece per la salute della mia famiglia. Avrei preferito proseguire ancora per un po’ sulla via delle chiusure, che in un certo senso facevano da “filtro” a tutte le possibili occasioni di contagio – come ad esempio il calcetto o le uscite – per i quali, ora che siamo ormai in zona gialla, non ci sono più alibi: in questi casi, dopo un paio di rifiuti si rischia di venire esclusi per sempre».

In linea di massima, per Marco le restrizioni previste dai vari Dpcm, le stesse che agli occhi di molti rappresentavano delle insopportabili catene, costituivano una sorta di ancora di salvezza dai rischi del contagio. Più che di altruismo, però, qualche amico preferisce parlare di cara vecchia sedentarietà…

«Riesco a sacrificarmi e a rimanere a casa senza troppi problemi – prosegue Marco -. Non avendo un’attività artigiana o legata alla ristorazione da portare avanti, in tutta sincerità preferivo la zona arancione. In cuor mio, avrei rinviato la zona gialla a tempi migliori: andando verso l’estate il numero di positivi diminuirà fisiologicamente, mentre ora rischia di essere un po’ troppo presto per dare il via libera alle riaperture. La probabilità di contrarre il Covid resta infatti alta: non seguo molto i numeri, ma se non erro dovremmo ancora viaggiare al ritmo di 10.000 contagiati al giorno. Attendendo un altro mese, con più vaccini e meno positivi, per me le cose sarebbero andate senza dubbio meglio. Certo è che la mia resta una sensazione pura e semplice: so bene che dietro ci sono ragionamenti sanitari, economici e politici di respiro internazionale».

Piazza del Popolo durante l’ultimo sabato in zona gialla dello scorso inverno

Alessandro, ventisettenne a cui piace tenersi sempre informato su qualunque ambito della vita umana – figuriamoci in quello che forse ha più a che fare con la vita umana stessa – la vede un po’ diversamente.

«Sono molto felice del ritorno in zona gialla – annuncia raggiante -. Penso che dopo un anno e mezzo di chiusure si debba finalmente tornare a vivere. Personalmente, fosse stato per me, avrei anche tolto il coprifuoco. A questo proposito, mi auguro che anche le ultime misure restrittive vengano rimosse e credo si debba fare di più in favore delle riaperture».

Una posizione forse impopolare, ma corredata da autorevole studi scientifici. In casi del genere, di fronte al pericolo rappresentato da saggi e articoli divulgativi, gli amici tendono a credergli sulla fiducia, ma chi volesse approfondire la questione troverà pane per i suoi denti: garantisce uno degli epidemiologi più stimati al mondo.

«Come dimostrato dalle ricerche condotte dal professor Ioannidis di Stanford, non sembrano esserci evidenze scientifiche del fatto che il lockdown o il coprifuoco siano utile a diminuire i contagi -continua-. Non essendoci un supporto scientifico da questo punto di vista ben vengano le riaperture, ma guai a sottovalutare l’importanza dei controlli e dei soliti accorgimenti: riaprire sì, ma con buon senso».

C’è spazio anche per una piccola testimonianza personale. «Nel fine settimana ho fatto una passeggiata in centro e devo ammettere di aver vissuto un piccolo momento di gioia nell’incontrare tante persone intente a passeggiare, fare attività motoria e a prendere il sole, gesti importanti anche per la nostra salute –conclude-. Pur non essendo un amante delle folle ho vissuto una piacevole sensazione di serenità».

Dopo aver assistito allo scontro ideologico dei due amici, ci pensa Carlo – ventottenne residente nell’hinterland ascolano – a esprimere una posizione più conciliante.

«Se da un lato capisco chi, come Marco, preferirebbe rimandare le riaperture, dato che basta davvero poco per diffondere il contagio e tornare di nuovo in zona rossa, dall’altro mi duole constatare che da ottobre a questa parte chi ha rispettato le regole è stato fortemente penalizzato dal punto di vista sociale -dice-. Non si è potuto far quasi nulla, se non nelle brevi zone gialle istituite durante l’inverno, ma chi ha voluto trasgredire ha agito quasi indisturbato».

Evidentemente, però, la spada di Damocle delle trenta candeline inizia a incombere in maniera sempre più minacciosa, convincendo anche un paladino della legalità e della prudenza ad accogliere con favore le riaperture ordinate dal Governo.

La coda all’ingresso di un bar molto frequentato del centro di San Benedetto

«Pur comprendendo le ragioni di entrambi, dovendo prendere una posizione mi schiero dalla parte di Alessandro, ma mantenendo un certo criterio -prosegue-. Non possiamo restare due o tre anni chiusi in casa e credo sia tempo di iniziare a convivere realmente con il virus, agendo però con tutta la cautela del caso. Bar e ristoranti devono essere aiutati, ma anche aiutare. Mi spiego: in più di un’occasione lo scorso anno ho assistito a tavolate senza freni che tra un brindisi e l’altro non rispettavano – né erano messi in condizione di farlo – le distanze».

«Restando in tema – va avanti Carlo – sono convinto che l’introduzione del green pass sia necessaria. I vaccinati, i positivi già guariti e i tamponati nelle ultime 48 ore dovrebbero beneficiare di maggiore libertà per dare al tempo stesso un aiuto concreto agli esercizi commerciali e in particolare al settore della ristorazione».

Insomma, chi si attendeva un’orda di giovani pronti a fare baldoria è rimasto deluso. Abbiamo scelto di dar voce a ragazzi maturi in grado di esprimere in maniera civile ragionamenti più o meno condivisibili, ma in ogni caso dettati da considerazioni più che valide. È evidente, però, che per tre esponenti del buon senso ce ne saranno altrettanti pronti a gettarsi nel sacro fuoco della movida proibita. Non resta dunque che sperare che la campagna vaccinale e le norme anticontagio siano sufficienti a salvaguardare l’estate dei nostri tre amici e, soprattutto, il futuro economico e sanitario del nostro Paese.


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