Giuseppe Di Girolami e la scienza applicata all’arte

ASCOLI - L'imprenditore ascolano: «Il Piceno che vorrei è un territorio con più turismo culturale, più Università, più ricerca, più imprese innovative, più giovani che rimangono o tornano e che si mettono in gioco»
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di Piersandra Dragoni

La candidatura di Ascoli a Capitale della Cultura per l’anno 2024 costringe tutti noi, cittadini amministratori politici istituzioni pubbliche e private, a porre il comparto-cultura nella sua interezza al centro delle riflessioni e delle progettualità. Perchè non dobbiamo e non possiamo arrivare impreparati all’appuntamento. Nelle settimane passate abbiamo coinvolto nel confronto due imprenditori che si occupano di gestioni museali e di editoria, oggi parliamo con un giovane imprenditore che insieme ad alcuni colleghi ha creato una start up decisamente innovativa per il nostro territorio: Giuseppe Di Girolami, dopo la laurea ad Ascoli e le specializzazioni a Parma e Roma Tre, ha proposto a Unicam la creazione di uno spin-off universitario e così, nel 2016, è nata la A. R. T. & CO. Srl. A distanza di meno di cinque anni la A. R. T. & CO. è conosciuta e lavora in tutta Italia.

Giuseppe Di Girolami

Come è nata l’idea di una start up che si occupa di tecnologie applicate al restauro e alla conservazione delle opere d’arte?

«Sono sempre stato affascinato dalla scienza applicata all’arte e sono convinto che la tecnologia possa dare un contributo notevole alla conoscenza, alla conservazione e alla valorizzazione del patrimonio culturale. Volevo lavorare in questo campo»

Una scelta fortemente voluta ma che ha richiesto del coraggio.

«In effetti all’inizio è stata molto dura, sia perchè in parte è stato necessario creare il mercato, sia perchè il settore della cultura non è certamente tra i più facili nei quali operare. Ora va decisamente meglio e abbiamo anche la possibilità di investire nell’acquisto di nuove strumentazioni».

A proposito di strumentazioni, voi siete in grado di fare, fra le altre cose, imaging multispettrale, radiografie digitali, fluorescenze, spettroscopie, microscopie elettroniche, colorimetrie e rilievi fotogrammetrici: in pratica potete vedere le opere d’arte come nessun altro le vede.

«Usiamo per lo più macchinari che, senza entrare in contatto con i manufatti, forniscono informazioni di natura chimico-fisica sui materiali, su eventuali forme di degrado, sulla tecnica pittorica e sì, vediamo le opere d’arte come nessun altro le vede: a volte facciamo vere e proprie scoperte, scoperte davvero entusiasmanti visto che, grazie per esempio alla radiazione infrarossa e ai raggi X, riusciamo a vedere cosa c’è al di sotto del colore».

In base alla sua esperienza, la cultura può svolgere un ruolo strategico nello sviluppo del nostro territorio?

«La cultura può sicuramente contribuire in maniera determinante allo sviluppo di un territorio, in primis quello piceno, straordinariamente ricco di arte, borghi, paesaggi, tradizioni. Però non può bastare da sola. Il Piceno non può vivere di solo turismo, l’industria è fondamentale ed è necessario diversificare il più possibile in modo da non subire mazzate devastanti in occasione di crisi economiche o, come in questo periodo, pandemiche. E’ indubbio che il nostro territorio ha puntato troppo poco, in passato, sulla cultura. Siamo in ritardo di decenni: ad Ascoli in questo settore avrebbero potuto e potrebbero lavorare molte più persone. La mossa dell’amministrazione comunale di puntare in alto con la candidatura a Capitale Italiana della Cultura è azzeccata. Speriamo di essere tutti bravi (e fortunati) a vincerla, sarebbe sicuramente la svolta per Ascoli».

Quanto e perchè è importante la presenza delle università sul territorio?

«Perchè come ricorda spesso il rettore della Politecnica professor Gregori le ricadute economiche derivanti dalla presenza dell’Università sono spesso inimmaginabili, basta pensare che le migliaia di ragazzi portano benefici a chi affitta appartamenti, alle attività del centro storico, agli hotel, ecc… Inoltre, più Università significa più ragazzi piceni che avranno la possibilità di formarsi. Più Università significa più idee e proposte per la crescita del territorio. Più Università significa più studio, conoscenza e valorizzazione del patrimonio storico-artistico: tantissime, ad esempio, sono le scoperte che sono state fatte sui dipinti dei Musei Civici ascolani grazie agli studenti del corso di laurea in Tecnologie per i Beni Culturali e grazie alla lungimiranza del prof. Papetti che ha sempre creduto nel contributo che la Scienza può fornire all’Arte.  Come tanti sono i contributi di idee e progettuali che la Scuola di Architettura e Design ha donato alla città. Infine, più Università significa più imprese innovative, più giovani che rimangono sul territorio e creano attività imprenditoriali. La A. R. T. & CO. ne è un piccolo esempio e, sono sincero, senza il supporto dell’Università di Camerino, che ringrazierò sempre, non ce l’avremmo mai fatta».

Qual è l’intervento che l’ha emozionata di più?

«Sicuramente la campagna diagnostica pre-restauro sul grande Polittico di Carlo Crivelli della Cattedrale di Ascoli. Mi ha emozionato davvero molto. Si tratta di un’opera di una qualità altissima, uno dei pochi polittici del Maestro che non è stato smembrato e l’unico con la cornice in gran parte originale».

E quello che le piacerebbe fare?

«Ce ne sono tantissimi. Ricordo che quando è stato trasmesso in Rai il documentario sulle recenti scoperte effettuate a Pompei ho pensato che mi sarebbe piaciuto far parte di quel team. Chissà se in futuro riusciremo a lavorare a Pompei. Intanto qualcosa su un’importante area archeologica limitrofa è già in cantiere per i prossimi mesi…».

La domanda finale, com’è il Piceno che vorrebbe?

«Credo si sia ampiamente capito che il Piceno che vorrei è un territorio con più turismo culturale, più Università, più ricerca, più imprese innovative, più giovani che rimangono o tornano e che si mettono in gioco. Ultimamente mi pare che si sia quantomeno intrapresa questa strada».

 

 


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