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Grenache Picena, supervino
alla conquista del mondo
C’è il concorso internazionale con 290 etichette

ASCOLI - Riscoperto un vitigno di 3.000 anni fa che era stato abbandonato. Alla prima apparizione, l'anno scorso, alla competizione nata in Francia, i produttori del Piceno hanno sbaragliato il campo conquistando più medaglie di tutti. Francesca Pantaloni: «Sembrava un progetto folle ma quando ci si crede si raggiungono i risultati. Questo vino mi fa pensare a piazza del Popolo: elegante armonia». Giovanni Vagnoni: «E' patrimonio di tutti. Spero che le aziende produttrici arrivino a cento»
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La presentazione dell’evento

di Luca Capponi 

È come quando uno storico dell’arte scopre, nell’angolo di una soffitta, dimenticato, un antico e prezioso dipinto ancora più prezioso e antico di quelli conosciuti fino a quel momento. Emozione infinita. Ed emozione infinita, insieme a fascino e sapore infiniti, è “Grenache Picena” (nome popolare Bordò, in fase di riconoscimento ufficiale, che pertanto non si può usare), variante picena di un vitigno che si ritiene comunemente importato in Italia dalla Spagna nel 1400 ma del quale sono stati trovati in Sardegna vinaccioli (Cannonau) risalenti addirittura a oltre 3.000 anni fa.

Francesca Pantaloni, Marco Fioravanti e Gino Sabatini

Questo nuovo, perché scoperto solo di recente, ma antichissimo vino, che per il momento viene prodotto solo da nove aziende della Provincia di Ascoli, ha stupito il parterre dell’enologia mondiale. Esiste infatti da 9 anni, con origine in Francia,  un concorso enologico internazionale, “Grenaches du Monde”, che premia i migliori prodotti di questo vitigno di altissima qualità, di nicchia, diffuso in tutto il mondo.

Nell’edizione 2020 per la prima volta si presentarono anche le 9 aziende del Piceno sbalordendo tutti e conquistando il maggior numero di medaglie (9) pur difronte a colossi provenienti da tutto il mondo. Quest’anno, grazie all’intraprendenza soprattutto di Francesca Pantaloni, titolare dell’azienda Pantaleone di Colonnata Alta, e degli altri produttori di bordò locale, il concorso farà tappa, ultimo appuntamento dopo Chateauneuf du Pape e Perpignan in Francia, nel capoluogo piceno dove arriveranno e saranno valutate da una qualificatissima giuria tecnica ben 250 etichette provenienti da tutti il mondo.

Vigneti nella valle del Tronto

La giuria sarà all’opera ed emetterà il suo giudizio il primo giugno nella Sala della Ragione – il pubblico non è ammesso causa Covid – tirando le somme anche delle altre tappe. Dal 31 maggio al 2 giugno tutti i partecipanti, ovvero esperti enologici, sommelier, buyers, giornalisti, produttori e altri addetti ai lavori, una trentina di persone in tutto, faranno visita alle cantine picene cominciando proprio da Pantaleone.

Le nove aziende del Piceno, che scendono in campo, sono: Allevi Maria Letizia di Castorano (nome del vino Red) , Cameli Irene di Castorano (Arsi), Clara Marcelli di Castorano (Ruggine), Le Caniette di Ripatransone (Cinabro),  Dianetti di Carassai (Michelangelo), Oasi degli Angeli di Cupra Marittima (Kupra), Valter Mattoni di Castorano (Rosso Matò),  Pantaleone di Ascoli (La Ribalta) e Poderi San Lazzaro di Offida (San Lazzaro).

Nella Sala De Carolis e Ferri del Comune, l’evento è stato presentato in un clima di generale entusiasmo con la consapevolezza non solo di mettere la città di Ascoli al centro di un evento enologico internazionale ma anche di avviare, attraverso la valorizzazione di questo supervino (sì, chiamiamolo così) , una nuovo e promettente flusso turistico a pandemia finita.

Siccome Ascoli è storia e il Granache è storia, ecco fatta la formula. Nella mattinata di martedì 25 maggio erano presenti il sindaco Marco Fioravanti, l’assessore regionale Guido Castelli, il presidente della Camera di Commercio delle Marche Gino Sabatini, il presidente del Bim Tronto Luigi Contisciani, il presidente della Cna di Ascoli Luigi Passaretti, Francesca Pantaloni (azienda Pantaleone) e Giovanni Vagnoni (Cantina Le Caniette). Questi ultimi due produttori, insieme a Marco  Casolanetti (Oasi degli Angeli), sono stati tra i maggiori promotori dell’operazione bordò. Da remoto hanno partecipato l’assessore regionale Guido Castelli, il responsabile internazionale  del concorso Frédéric Galtier da Barcellona e il rappresentante in Italia Maurizio Valeriani.

«Mettiamo al centro l’accoglienza turistica e la valorizzazione dei prodotti del territorio -sottolinea Fioravanti-. Siamo onorati di ospitare questa manifestazione con la quale cerchiamo di valorizzare la nostra terra, portandola all’attenzione internazionale, dopo che in passato, lo dico senza polemica, la Regione Marche ha fatto poco. È un’opportunità per estendere le presenze nella nostra città. Puntiamo anche sull’aspetto enologico. Stiamo lavorando molto con Francesca Pantaloni».

«Promuovere un vitigno agganciandoci la storia è un valore aggiunto -aggiunge Sabatini-. Abbiamo subito aderito al progetto con la nostra azienda speciale presieduta da Simone Mariani».

«La bellezza di Ascoli si collega con il mondo attraverso il vino stimolando ricerca e miglioramento dell’agricoltura puntualizza Castelli-. Così si crea un equilibrio perfetto. Stiamo lavorando, insieme all’assessore Mirco Carloni, per il riconoscimento della variante picena della Granache in maniera che resti la tracciabilità. La pratica è in essere».

«Il successo dei vini piceni alla scorsa edizione del concorso ha destato l’interesse di tutto il mondo. Hanno sbaragliato il campo conquistando 9 medaglie su 12» ricorda Valeriani.

«Era un vitigno abbandonato -ricorda Francesca Pantaloni-. Noi l’abbiamo recuperato con un’operazione che sembrava da folli. Proprio da folli. Il messaggio che mando al mondo dell’imprenditoria è credere in quello che si fa. La collaborazione tra pubblico e privato, come in questo caso, può dare risultati importanti. Quando penso alla Granache Picena penso a piazza del Popolo, all’emozione del bello, all’armonia dell’eleganza e alle sensazioni lunghe».

Giovanni Vagnoni ha voluto ricordare il pioniere di questo vitigno: Giuseppe Infriccioli, che per primo, nel 1986, imbottigliò questo vino rosso dal fascino incomparabile. «Nemmeno noi eravamo capaci di comprendere quello che avevamo in mano -sottolinea il titolare de Le Caniette-. Oggi le aziende produttrici sono 9 ma mi auguro crescano e diventino un centinaio. Questo vitigno è un patrimonio di tutti».


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