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L’artigiano che salva gli organi del sisma:
«Quello di Amandola un pezzo unico,
Greenwood mi ha ringraziato»

IL PERSONAGGIO - Pierpaolo Pallotti ha 39 anni e con il suo Atelier Organario è già un nome affermato in tutta Italia: «Questi strumenti sono la più grande tecnologia del passato, l'anima di una comunità. Il patrimonio marchigiano è immenso, uno dei più importanti in Italia, ce ne sono almeno 800 antichi e 200 circa solo nel Maceratese». A lui i complimenti del chitarrista dei Radiohead
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Pierpaolo Pallotti al lavoro nel suo laboratorio “Atelier Organario”

 

di Marco Ribechi

Missione organaro per salvare i capolavori distrutti dal terremoto nella provincia di Macerata e nelle Marche.

Si chiama Pierpaolo Pallotti e nonostante i suoi 39 anni d’età è già un professionista molto esperto del settore, che conta circa 70 rappresentanti in tutta Italia. Appassionato di organi fin dalla più tenera età, è attivo nel settore da  più di due decenni e, oltre a padroneggiare l’arte del restauro, è anche l’unico marchigiano negli ultimi centotrenta anni a costruire organi moderni interamente nuovi dopo quelli della famiglia Paci di fine ‘800. I suoi strumenti sono sparsi in tutta Italia e in Europa. Attivo nel suo Atelier Organario di Porto San Giorgio è tra le due o tre persone nella regione a portare avanti questa fondamentale attività artigianale. Sua è la mano che ha riportato all’antico splendore il rarissimo organo positivo di Amandola, balzato alle cronache per essere stato restaurato con l’interesse e l’aiuto del chitarrista dei Radiohead Jonny Greenwood. «Si tratta di uno strumento rarissimo poiché è un organo positivo ottava alta – spiega Pallotti – che produce un suono abbastanza insolito per orecchie moderne. Risulta anonimo ma potrebbe essere datato attorno al 1730 e appartenere alla scuola di Montecarotto, unica scuola marchigiana fondata da Benedetto Antonio Fioretti a cavallo tra il ‘600 e il ‘700».

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L’organo di Amandola prima e dopo il restauro

Lo strumento è stato restaurato grazie all’associazione ArteproArte nel cui direttivo risulta anche la moglie di Greenwood, chitarra dei Radiohead e proprietario di una casa nelle vicinanze di Amandola. «La scelta è caduta su questo strumento proprio per le sue dimensioni ridotte – prosegue Pallotti – altrimenti di solito gli organi sono ancorati agli edifici che li ospitano. Era in condizioni irriconoscibili, sembrava solamente un bel mobile poiché mancava la parte più caratteristica ovvero tutte le canne, probabilmente sottratte all’inizio del ‘900».

Pallotti, artigiano del territorio e studioso di questi strumenti, è stato identificato da subito come l’unico in grado di riportarlo alla luce. «Gli organi sono strumenti molto particolari che variano da scuola a scuola – spiega l’artigiano – a volte subiscono delle trasformazioni e manomissioni che rendono complicato risalire allo stato originale. Per questo bisogna conoscere tanti esemplari della stessa scuola da usare come modelli di confronto, altrimenti si rischia di produrre un falso storico. In questo caso ad esempio è stato molto prezioso l’organo della Chiesa di San Francesco di Sarnano».

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Pallotti nella fase di regolazione delle tastiere

Dopo una lunga fase di studio e di documentazione su macchine simili Pallotti ha potuto così ricostruire ex novo tutte le parti mancanti e ridare voce allo strumento. «E’ stata una grande emozione poter lavorare su questa macchina – continua l’artigiano – ho scoperto delle notazioni, delle scritte, c’erano persino i nomi delle note sui tasti indice che veniva suonato anche da mani non proprio esperte. Raramente ho provato così tanto rispetto per l’oggetto su cui lavoro, il desiderio di ripristinarlo al meglio era fortissimo anche perché, date le ristrette dimensioni, al suo interno tutto era minuto e raffinato, la perizia e l’abilità del costruttore emergeva in ogni singola parte su cui intervenivo». A lavori conclusi il ringraziamento di Greenwood: «L’artista ha scoperto il patrimonio organario delle Marche e se ne è subito appassionato componendo “Fanfara per Amandola” – continua Pallotti con un po’ di emozione – però sono stato io ad aver avuto il privilegio di sentire per la prima volta nel mio laboratorio la sua voce originaria, dopo almeno cento anni di silenzio. E’ stata una grande sorpresa».

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Ripristino funzionale dell’organo Morettini 1902 dell’Abbadia di Fiastra

Pallotti, laureato in beni culturali musicali a Perugia, dopo un apprendistato in Trentino dal maestro Andrea Zeni, è tornato nelle Marche specializzandosi sugli strumenti regionali e infatti è stato incaricato di catalogare e salvare i beni distrutti dal terremoto. «Il patrimonio marchigiano è immenso, uno dei più importanti in Italia – spiega l’esperto – ci sono almeno 800 organi antichi e 200 circa solo nella provincia di Macerata. La particolarità è che qui, meglio che in altri luoghi, si sono conservati intatti, senza trasformazioni dovute al cambiamento dei gusti musicali dei vari secoli».

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Recupero delle parti danneggiate dell’organo Raffaele Fedeli 1771 a Pieve Torina

 

Grazie a Pallotti molti esemplari sono stati salvati dalle macerie. «Le Marche sono state virtuose poiché negli anni 2000 sono state la prima regione a completare la catalogazione. Dopo il recente sisma l’abbiamo ulteriormente ampliata. Ci sono dei capolavori che non erano stati censiti come ad esempio quello della chiesa di San Francesco di Visso, un organo tra i più antichi datato 1650 circa. A Pieve Torina invece era presente un organo Fedeli, la più grande dinastia di organari italiana, che è andato completamente distrutto. Siamo però riusciti a salvare pezzi e frammenti dalle macerie estraendoli uno a uno, ora sono conservati in un luogo sicuro in attesa di restauro». Pallotti si è occupato anche dell’organo dell’Abbazia di Fiastra: «Proveniva da una chiesa romana, datato fine ‘800, aveva bisogno di cure e di un intervento di restauro».

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Accordatura delle ancie su di uno strumento storico nell’ anconetano

Veri e propri pezzi di altissima ingegneria, gli organi non sono solo oggetti di valore storico: «Si tratta di macchine straordinarie – conclude Pallotti – il massimo livello di tecnologia del passato, insieme agli orologi da torre. Chi ci lavora deve intendersi di falegnameria, di lavorazione di metalli e delle pelli, oltre che avere una sicura formazione artistica e storica. Spesso venivano costruiti con l’impegno economico di un’intera comunità e rappresentavano per il popolo l’unica occasione di ascoltare un certo tipo di musica. A differenza di violini e fiati, che sono di proprietà privata, gli organi sono rimasti sempre conservati nelle chiese a disposizione di tutti, credo che questo abbia molto colpito Greenwood che quando è arrivato ad Amandola non si aspettava di trovarne così tanti disseminati per le Marche».

 

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Fase di restauro di un’organo anonimo di scuola napoletana (XVIII sec.)

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Armonizzazione e intonazione delle canne di uno strumento di scuola olandese

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