Ridi come se non fossi qui è il risultato della fusione di due anime in rock, Francesco Quinto e Alessandro Tacchini, ognuna col suo bagaglio di suggestioni e motivazioni.
Soundelirio, debutto rock
«Il brano è un urlo. È una vena del collo, turgida e pulsante. Bluastra. Gonfia di rabbia. Sul punto di esplodere. Sono tempi di rabbia questi. E qui si celebra pura rabbia umana. Catarticamente», raccontano i due musicisti ascolani in merito al singolo che segna il loro esordio e anticipa l’album.
Con un sound che si rifà nettamente agli anni Novanta, un’ode a Seattle e al grunge che riprende quei suoni e quelle sensazioni per parlare del qui e ora, sottolineando che «oggi è peggio».
Lo è a causa di uno smarrimento sonoro tangibile ed estremo e lo si intuisce sin dal drumming introduttivo, spezzato, pesante come un cuore malato. Lo si sente nel repentino innesto di un riff primordiale, gravoso e sporcato da armoniche dissonanti. Le parole arrivano subito allo stomaco, senza mezzi termini. Sono dure e ruvide come la voce che le pronuncia. Ecco come l’ambiente sonoro sottolinea ed enfatizza un senso di instabilità che non ha soluzione nemmeno nelle relazioni umane e si aggrappa solo a un’idea di sopravvivenza che domanda redenzione per continuare a resistere.
Quinto, autore e musicista, inizia sin da adolescente, a scrivere canzoni. All’epoca è influenzato dall’ultimo rantolo dell’hard rock classico. Divora dischi, scrive poesie, compie i primi esperimenti di fusione tra rabbia a sei corde ed elegie leopardiane. Poi cambia rotta e inizia una vita ordinaria. Continua a scrivere canzoni. Tutto fuoriesce quando incontra Alessandro, uno che viaggia incazzato tra schemi borghesi e urli underground. Inizialmente chitarrista, coltiva sommessamente l’hobby del rock. Si laurea e trova un lavoro. Continuando a girare intorno al sogno rock, come una iena intorno ad una carcassa. La sua voce nasce per caso quando, chiamato a suonare la chitarra in una fun band, sostituisce quasi casualmente il cantante.
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