di Walter Luzi
Anpi, anniversario con polemiche. L’annuale cerimonia di commemorazione, a settantotto anni dal martirio dei ventinove giovani ascolani nella lotta di Resistenza ai nazifascisti sul Colle San Marco, sarà ricordata come una delle più amare di sempre.
Una partecipazione popolare scarsissima, l’assenza del picchetto armato d’onore, persino il mancato conforto religioso di un prete per la celebrazione della tradizionale santa messa al Sacrario, hanno esacerbato gli animi.
A conclusione della brevissima cerimonia alcuni attivisti della locale sezione dell’Anpi hanno contestato ad alta voce le poche autorità, civili e militari, presenti: «Vergogna», il grido levatosi per il tono dimesso dato alle celebrazioni, e per il mancato consueto intervento dal palco del Prefetto, pure presente alla manifestazione.
Dopo la deposizione di una corona di alloro sul cippo che sorge sul luogo della fucilazione dei giovani partigiani nell’ottobre del 1943, la cerimonia è proseguita come tradizione davanti al sacrario partigiano. In apertura i brevi saluti del sindaco Marco Fioravanti e del consigliere provinciale Stefano Novelli, in assenza del presidente della Provincia, decorata anch’essa come il Comune di Ascoli, con medaglia d’oro al valor militare per la lotta di Resistenza al nazifascismo. Poi è toccato a Pietro Perini, presidente del comitato provinciale Anpi. L’ultimo oratore della giornata. E anche il più deluso. Ha ricordato, fra gli applausi, i nomi e i cognomi dei ventinove caduti della Resistenza a Colle San Marco.
«Ci si dimentica oggi del loro estremo sacrificio per ridarci la libertà e la Democrazia – ha scandito teso e commosso dal palco – ci si dimentica dei dettami nobili della nostra Costituzione. Ci si dimentica che esistono leggi che puniscono l’apologia del Fascismo. Ci si dimentica, ci si vuole dimenticare, della nostra Storia, con tentativi di revisionismo sempre più frequenti e intollerabili».
Chiude con una amarezza senza precedenti, in questa giornata della Memoria da dimenticare: «Se potessi tornare indietro, a quella domenica del 1943 direi a quei ragazzi di tornare alle loro case, di non farsi ammazzare per quella libertà sognata da regalare anche a noi. Visto come vediamo ridotti, oggi, quei nobili ideali, avrei detto loro che quell’estremo sacrificio non ne valeva la pena».
Parole pesanti come macigni. Dolorose. Che non sono però, non saranno, e non dovranno mai essere di resa. Tutt’altro.
Nei prossimi giorni gli uomini delle Istituzioni chiamati in causa avranno modo di dare le loro spiegazioni, le loro versioni. Per l’Anpi questo giorno non rappresenta una sconfitta, ma uno stimolo a trarre rinnovate energie per rinnovare tutte le sfide.
Per continuare a perpetuare il ricordo, il messaggio di speranza, il sogno di un mondo nuovo, giusto, di quei nostri morti ammazzati settantotto anni fa. Nelle scuole, nelle associazioni civili, nelle strade e nelle piazze. Per opporsi a tutti i fascismi, vecchi e nuovi, che tornano minacciosamente ad affacciarsi.
O forse non sono mai morti. I troppi assenti, la stragrande maggioranza degli ascolani, che ha avuto altro, ed evidentemente di meglio, da fare in questa assolata mattinata domenicale di ottobre non sono meno complici di certe ideologie già condannate dalla Storia.
Il qualunquismo indotto nelle masse, il processo di rincretinimento globale in atto negli ultimi decenni, la sublimazione dell’ignoranza e del nulla, ad ogni livello, sono studiati per dare questi frutti avvelenati. Farci dimenticare chi siamo, e da dove veniamo.
Farci dimenticare quei martiri della Libertà falciati dalle raffiche nazifasciste in quella domenica del 1943 a Colle San Marco. Non ci riusciranno mai.
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