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La prima difesa della città: il quadrilatero difensivo di Ascoli medievale

ASCOLI - Le sponde dei fiumi Tronto e Castellano costituivano uno straordinario ostacolo, integrato, nel corso del tempo, da opere come Forte Malatesta, il fortino nella zona di San Pietro in Castello e la Fortezza Pia. Un formidabile quadrilatero di cui ripercorriamo la storia. Castel di Croce, Rocca di Morro e Porchiano; l'orizzonte fortificato esterno al territorio
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La Fortezza Pia si appoggia su una struttura geologica imponente (la piega coricata dell’anticlinale di Porta Cartara)

 

testo e foto di Gabriele Vecchioni

 

La città di Ascoli Piceno è stata costruita e si è sviluppata su un’area sopraelevata “creata” da due fiumi, il Tronto e il suo affluente Castellano. Le alte e scoscese rive dei corsi d’acqua costituivano uno straordinario ostacolo, integrato, nel corso del tempo, dalle opere difensive, soprattutto sul lato occidentale (articolo precedente, leggilo qui), dove le difese naturali erano carenti. Nel periodo comunale, la struttura di protezione della città era completata da diversi bastioni difensivi: il cosiddetto Forte Malatesta, verso oriente – dove la Via Salaria usciva dalla città; il fortino nella zona di San Pietro in Castello, a settentrione; la costruzione sul Colle Pelasgico (il punto più alto e panoramico della città, 260 metri), che diventerà, in seguito, la Fortezza Pia.

L’ingresso monumentale della Fortezza Pia

In questo articolo ci occuperemo delle difese esterne, quelle che avevano il compito di controllo e, eventualmente, di “prima difesa”: un formidabile quadrilatero difensivo che aveva il centro nella già citata Fortezza, quasi all’incrocio delle diagonali dell’immaginaria figura geometrica.

In realtà, la città era difesa anche da una seconda linea di castelli più o meno vicini al centro urbano: i castelli di Mozzano (verso l’area montana), Montadamo (zona dell’Ascensione) e Castel Folignano (verso l’Abruzzo). Più esterna la linea delle fortificazioni costituita da Arquata (la sua rocca controllava la Salaria e il confine con le terre di Norcia), Montecalvo (antica rocca dei Guiderocchi a guardia del valico boscoso di San Paolo, da dove si raggiungeva la zona di Amatrice e il Napoletano), Rovetino (alle falde dell’Ascensione) e Monte Cretaccio (rocca di frontiera sul Mare Adriatico, tra gli Stati di Ascoli e di Fermo). Di quest’ultimo caposaldo non è rimasta traccia, solo la storia. Il sambenedettese Gabriele Nepi scrisse (2000) che qui «si verifica un evento di importanza nazionale, anzi europea. Sono qui su Monte Cretaccio, Federico II, l’imperatore stupor mundi, con la sua corte… Qui, in tale località egli riceve e prende sotto la sua imperiale protezione la città di Alessandria, emblema e simbolo della Lega Lombarda che aveva fieramente resistito al Barbarossa, nonno di Federico».

Forte Malatesta e il Ponte di Cecco sul Castellano. Qui la Via Salaria “usciva” da Asculum

Prima di trattare dei “vertici” del quadrilatero, però, qualche frase sulla Fortezza Pia, la struttura principale – era il “càssero a monte” del sec. XV – che, essendo in contatto visivo diretto, riceveva le informazioni dagli altri castelli e vedette. La fortificazione nacque in epoca picena sul rilievo che dominava la città, in un luogo strategico di controllo del lato non protetto dalla natura del terreno. Soffrì una prima distruzione da parte di Gneo Pompeo Strabone (padre del Pompeo avversario di Giulio Cesare) ma fu subito ricostruita. Dopo diverse vicissitudini sofferte in epoca comunale, fu ristrutturata in maniera definitiva dopo la Guerra del Tronto (seconda metà del sec. XVI), quando fu munita di strutture cha la proteggevano dai tiri dell’artiglieria. Infine, fu abbandonata dopo la devastazione subìta nel 1799, ad opera delle truppe francesi del generale Monnier.

La Fortezza Pia (il nome le deriva da quello di Papa Pio IV Medici, che aveva approvato la ricostruzione) aveva anche funzione deterrente nei confronti dei riottosi ascolani: da lì, grazie al disboscamento della collina sulla quale sorgeva, era possibile controllare eventuali assembramenti nella piazza principale della città.

Ma torniamo al quadrilatero difensivo, un sistema funzionale esistente fin dall’Alto Medioevo e che rimase in auge fino al Cinquecento, quando le mutate condizioni politiche e militari avevano “spostato” l’area conflittuale a nord, verso il territorio fermano. In una delle immagini a corredo dell’articolo è riportata (con evidente incoerenza cronologica) una mappa d’epoca con evidenziati i luoghi descritti. Le linee che li collegano sono state tracciate per evidenziare il “poligono” di castelli-sentinella, tutti in contatto tra loro (con i segnali ottici e le fumate, Rocca di Morro arrivava fino al castello di Colonnella, in pratica sulla linea di costa).

Il raccolto centro di Castel di Croce. In evidenza il campanile della parrocchiale di San Lorenzo (in primo piano) e la torre di avvistamento, dall’ampia merlatura (ph. I luoghi del silenzio)

Nei tabelloni esplicativi (quelli rimasti!) a corredo dell’escursionistico “Anello del Castellano” il sistema difensivo esterno del territorio di Ascoli viene definito “orizzonte fortificato”: proprio di questo si tratta, di una linea difensiva più o meno vicina alla città, con lo scopo evidente di controllo territoriale. Dal Cassero di Ascoli erano visibili le località di Castel di Croce, Porchiano, Rocca di Morro e Castel Trosino, che ospitavano i siti fortificati a i vertici del quadrilatero difensivo della città; in realtà, l’ultima località era servita da una struttura vicina, la torre che sarà inglobata, più tardi, nell’edificio del monastero di San Giorgio ai Graniti.

Castel di Croce, appartenente al comune di Rotella, è un pittoresco centro situato a 768 metri sul livello del mare, sulle pendici settentrionali del Monte dell’Ascensione, a nord-ovest di Ascoli e dal quale si poteva controllare il confine fermano grazie alla sua posizione, a cavaliere tra le valli del Tronto e del Tesino. Il centro è menzionato in un diploma di Federico I Barbarossa (fine sec. XII) ed era ricordato, negli Statuti di Ascoli del 1377, insieme a Monte Moro, come podesteria di 3° grado. Il castello, costituito dall’intero borgo, era circondato da una cinta di mura e al quale si accede(va) tramite un ingresso a due archi, il secondo dei quali è inglobato in un’antica costruzione. Nel punto più alto del borgo svetta l’alta torre di avvistamento che dominava la Valle del Tronto e gran parte della Marca fermana.

Una piccola digressione per chiarire cos’era una podesteria. Nel Medioevo, lo Stato di Ascoli comprendeva, oltre alla città, 233 “luoghi”, riuniti in 32 castelli. Fino al Trecento, essi erano governati da magistrati eletti e dovevano versare dei tributi alla città che provvedeva alla loro difesa. Con lo Statuto del 1377, sindaci e podestà erano eletti, scegliendoli tra i cittadini; nel 1426, consolidato il potere pontificio, Papa Martino V stabilì che vicari, sindaci e podestà fossero scelti tra i notai della città; i castelli, inoltre, furono divisi in categorie dipendenti dall’entità dei tributi versati.

La bassa valle del Tronto dalle pendici dell’Ascensione; a dx, il collegamento visivo tra Porchiano e Rocca di Morro, in alto (ph A. Palermi)

Porchiano, frazione del comune ascolano, è un piccolo centro situato su un panoramico crinale (a 580 metri di altitudine) con una spettacolare veduta sui calanchi del Bretta e del Chifente. Anche questo borgo era una podesteria di 3° grado e controllava il territorio a settentrione dello Stato di Ascoli.

Il rilievo dove sorgeva Rocca di Morro dalla stazione di servizio sull’Ascoli-Mare

Nel 1527 subì il brutale assedio delle truppe francesi e dei Lanzichenecchi di Francesco I diretti a Napoli; nell’occasione fu ucciso il castellano, conte Alvitreti, e massacrata gran parte della popolazione. Così lo racconta, nel 1855, Giambattista Carducci: «Il passaggio per Ascoli delle truppe francesi che venivano sotto il comando di Lautrec dirette al regno di Napoli, lasciaronvi segni di memoranda iniquità, talché nemici feroci, non ospitati amici qual’erano, tante depradazioni e misfatti, nei cinque soli dì del loro soggiorno, non avrebbero potuto commettere. Castel Porchiano fu per essi distrutto, e trucidati tutti gl’innocenti suoi abitanti».

Del castello non rimane praticamente nulla: fu distrutto, alla fine del ‘600, da una frana che lo trascinò a valle, insieme a gran parte delle abitazioni.

Rocca di Morro, appartenente al comune di Folignano, era un castello menzionato fin dal 1008 (era il Castellum de Murro) ma conosciuto già in epoca romana (Castrum Murciae); dominava la bassa valle del Tronto, al confine con il Regno di Napoli: dalla costruzione, a pianta ottagonal,e si vedeva praticamente tutta l’area di frontiera. Durante la già citata Guerra del Tronto (1557) fu minato e distrutto dagli Spagnoli; presto ricostruito, fu però abbandonato e spogliato dei conci lapidei (gli edifici evacuati e/o abbandonati fungevano spesso da “cava di pietre”). Oggi è “sparito”, coperto dalla vegetazione arborea che ha ammantato il cocuzzolo sul quale sorgeva.

Castel Trosino, frazione di Ascoli Piceno – sorge sulle rive del Castellano su «un masso nudo di travertino di prodigiosa altezza e volume … ora ritto e isolato sulla sponda di esso fiume (G. Carducci, 1855)»; il pittoresco villaggio, situato in posizione strategica, controllava la via che risaliva la Valle Castellana. Al borgo è stato dedicato un articolo (leggilo qui).

La non elevata altitudine (411 metri) impediva un contatto visivo diretto con il centro di coordinamento sul Colle Pelasgico, pertanto era stata costruita una torre di segnalazione nel luogo (520 metri) dove sorgerà «il Convento di S. Giorgio che si vede sulla china selvosa del monte opposto, per bei punti di vista che quel luogo presenta». La torre era in collegamento ottico con un altro edificio consimile, la turris speculatrix che diventerà l’alto campanile della chiesa benedettina di Santa Rufina (articolo precedente, leggilo qui), una torre di avvistamento che controllava, anch’essa, la via di penetrazione nella Valle Castellana. Nell’ambito del sistema difensivo della città picena, «Castel Trosino e San Giorgio vanno guardati insieme; elementi di un sistema di vigilanza e di difesa di quei percorsi che, convergenti sulla valle del Castellano, portavano alla città dai territori montani a sud-ovest (B. Carfagna, 1996)».

Il borgo di Porchiano sotto la rupe conglomeratica

Nella foto è ben visibile il rapporto visivo tra Castel Trosino (in basso a destra) e la torre-campanile di San Giorgio, sotto la Rupe di Rosara, in alto a sinistra)

Nella cartolina (anni ’30 del Novecento) è ancora visibile la torre campanaria del convento, crollata nel 1974, dopo essere stata danneggiata dal sisma di due anni prima

La Valle del Castellano. Nel riquadro, Santa Rufina col suo alto campanile

Ricostruzione del quadrilatero difensivo di Ascoli sulla base della Topografia dello Stato d’Ascoli di Odoardo Odoardi de’ Catilini, nonostante il palese anacronismo (la carta è del 1680)


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