Non si trovano lavoratori stagionali: «Pochi contratti regolari e troppi imprenditori improvvisati»

ASCOLI - E' il commento di Luana Agostini, segretaria provinciale Filcams Cgil, sull'allarme lanciato dalle aziende del settore turismo. La sua proposta, riunire intorno ad un tavolo istituzioni, associazioni di categoria e sindacati: «Per orientare azioni verso un turismo di qualità che, nel nome della legalità contrattuale, possa favorire la ripresa del settore e garantire stabilità»
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Nel riquadro, Luana Agostini

 

 

di Maria Nerina Galiè

 

E’ emergenza tra hotel, bar, ristoranti e chalet perché non trova personale per far fronte alla stagione estiva, in tutta Italia ed anche nel Piceno, con imprenditori che lanciano appelli, anche a fronte di lauti guadagni.

 

«Ma la realtà è ben diversa da quella che viene dipinta». A sottolinearlo, Luana Agostini segretaria generale Filcams Cgil della provincia di Ascoli: «Non vengono rispettati i contratti  nazionali della categoria, né dal punto di vista dell’inquadramento professionale né in termini di ore.

 

La pandemia ha fatto la sua parte, spingendo molti a dirottarsi su altri settori, ma non è stato l’elemento determinante. Se i lavoratori fossero stati “trattati bene” sarebbero rimasti o tornati. 

La verità è che adesso è che dopo la fuga dei cervelli, stiamo assistendo alla fuga delle braccia».

 

La sindacalista avrebbe un’idea su come risolvere il problema e sta portando avanti, con i colleghi di Cisl e Uil, l’intento di: «metterci intorno ad un tavolo con le associazioni di categoria e le istituzioni, per orientare azioni verso un turismo di qualità che, nel nome della legalità contrattuale, possa davvero favorire la ripresa del settore, vittima di un progressivo ed inesorabile impoverimento delle condizioni e dell’etica d’impresa.

Quasi nessuno qui rispetta la legge, nel Piceno ce ne sono 2 o 3, e i lavoratori, sia quelli bravi e formati sia chi è alla prima esperienza, vanno a cercare altrove». 

 

La Agostini parte dalla soluzione, o meglio dall’auspicio su cui possa poggiare la ripartenza, per poi entrare nel merito, con esempi concreti.

«Da maggio a settembre si propongono contratti a 15 ore a fronte di 55-60 effettivi, la settimana. Con integrazioni “fuori busta” che poi dipendono anche dalla capacità di trattare del dipendente. Qualcuno nemmeno lo prende.

Nessun riposo settimanale, come è previsto dalla normativa europea. 

Per capirci, una prima assunzione a fronte di un contratto di 40 ore, dovrebbe prendere circa 1.400 euro lordi al mese più circa 2.000 euro di ratei come tredicesima, quattordicesima e tfr. Più eventuali straordinari. Invece prendono al massimo 1.200 euro al mese, tutto compreso.

Per lavorare, tanto per fare un esempio, in uno chalet dalle 6 alle 20, tutti i giorni. 

E’ chiaro che se uno ha alternative, non accetta questo lavoro». 

 

Le parole della segretaria generale Filcams Cgil poggia su testimonianze: «Gestire irregolarità contrattuali sul turismo per noi, come per i colleghi delle altre sigle, è ordinaria amministrazione. In estate, più che in altri periodi dell’anno, abbiamo file di dipendenti che ci chiedono di visionare la busta paga, molte situazioni sfociano in vertenza. Tantissime le dimissioni».

 

La pandemia da Covid in che modo ha influito su tutto questo?

 

«La pandemia ha rappresentato il momento di svolta. Il turismo è stato il settore che più di altri ha risentito delle chiusure e delle restrizioni.

 

I dipendenti dall’oggi al domani si sono ritrovati senza un lavoro e con una cassa integrazione rapportata alle ore di lavoro inserite sul contratto, ben diverse da quelle realmente lavorate.

 

Chi ha potuto ha fatto letteralmente la fuga dal settore. Alcuni hanno trovato altri lavori. Qualcuno si è rimesso a studiare. Altri, i più qualificati,  se ne sono andati  all’estero o nelle località dove il turismo poggia su altre basi».

 

Non usa mezzi termini Luana Agostini anche nell’affermare che «ci troviamo di fronte ad un classe imprenditoriale improvvisata, allettata dall’idea di fare soldi facili. La dice lunga l’improvvisa ed esagerata fioritura di attività del food, in tutta la provincia e soprattutto ad Ascoli. 

L’accoglienza, il turismo di qualità sono un’altra cosa. In Italia ce ne sono tantissimi di esempi. Qui si va avanti solo per la fame di lavoro».

 

 

 


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