di Antonietta Vitali
«Alla luce proprio del fatto che il turismo è sempre più esperenziale, quindi le persone vogliono fare anche esperienze, conoscere il territorio e non solo andare al mare, la notizia dei recenti ritrovamenti nella nostra area archeologica ha fatto aumentare di colpo, le visite turistiche», così l’assessore con delega alla Cultura e al Turismo del comune di Cupra Marittima, Daniela Luciani facendo trasparire grande orgoglio per le recenti scoperte e una grande operosità nell’organizzare un ottima accoglienza alla forte richiesta turistica di questi ultimi giorni.
I recenti ritrovamenti in questione presso il Parco Archeologico Naturalistico Civita di Cupra Marittima sono dei frammenti di pittura realizzati in terzo stile pompeiano di cui ci racconta, con dovizia di particolari, il direttore del parco, il professor Fabrizio Pesando, docente di Archeologia e Storia dell’Arte Romana presso l’Università Orientale di Napoli, partendo propria dall’origine di tutta l’area archeologica cuprense.
Si tratta di una città che nasce nel primo secolo a.C., Roma la trasformerà addirittura in colonia donandole un prestigio a livello amministrativo di notevole menzione. In tutta l’epoca romana il culto delle divinità è fondamentale, ogni attività umana è protetta dalla luce degli dei che per questo vengono rispettati e venerati. Anche in questa città, ovviamente, quindi, ci sono molte edificazioni che rimandano a luoghi di culto in onore degli dei di cui la più importante è il tempio edificato (probabilmente in onore della dea Cupra) all’interno della cui cella di preghiera sono stati rinvenuti i frammenti di pittura. È un tempio di età augustea, databile dal 10 a.C. al 10 d.C., e le tecniche di costruzione lo raccontano, la particolarità dei frammenti di pittura rinvenuti non è tanto nel fatto di essere paragonabili alle pitture presenti a Pompei che è, semplicemente, il contenitore più vasto di vari tipi di decorazione dove uno studioso tedesco del 1800 catalogò le diverse tipologie di dipinti in quattro stili definiti, appunti, pompeiani. Questi generi di decori arrivano ad essere ritrovati persino in Britannia, cioè, un po’ in più territori corrispondenti all’Impero Romano.
La peculiarità dei dipinti cuprensi sta nel loro essere elementi decorativi unici quando vengono contestualizzati nell’epoca storica di realizzazione. La tecnica di decorare, infatti, i templi con le pitture a colore è stata praticata nell’età romana fino alla fine dell’epoca repubblicana. Con l’avvento dell’età augustea i decori vengono fatti in marmo e in travertino. Ecco perché, pertanto, le pitture cuprensi rappresentano un unicum, perché seppur eseguite all’interno di una costruzione risalente all’età augustea, rappresentano una modalità di decorazione risalente all’età repubblicana, caso che non si accerta neppure nei vasti scavi di Pompei. La casualità che ha fatto in modo che i frammenti di pitture si siano conservate e siano arrivate a noi oggi è dovuta ad un cedimento strutturale dell’area dove venne costruita la cella di venerazione. Il danno è ancora evidente agli occhi del visitatore e si trova in corrispondenza del muro che separava la parte anteriore con il colonnato dalla parte posteriore dove c’era la cella. Nel secondo secolo d.C. si rende necessaria una ricostruzione che parta dalle fondamenta il cui nucleo non era di cemento ma semplicemente una specie di scatola all’interno della quale avevano buttato la terra. Era un sistema di costruzione semplice che però ha ceduto. Per sistemare il tutto hanno smantellato la cella, riaperto la terra, consolidato il nucleo che è stato riempito non solo di terra ma anche dei laterizi di smantellamento della cella, comprese le parti decorate. Tutto questo ha permesso che la conservazione dei decori riemersi con gli scavi.
Quaranta le cassette, più o meno, di frammenti rinvenuti, di cui quelle contenenti le parti più interessanti saranno due o tre. Tutto il materiale si trova ora in magazzino in attesa di restauro, l’idea è quella di esporre al pubblico i ritrovamenti partendo già proprio dal mostrarne le fasi di recupero per poi esporre, in un luogo debitamente dedicato, il risultato finale. Per il professor Pesando la parte migliore è stata poter approfondire lo studio di due diverse tipologie di cantiere di epoca romana, il primo quello della costruzione del tempio, il secondo quello della ricostruzione dovuta al crollo. Durante il secondo venne ricostruito anche il muro di separazione che oggi è visibile buttato a terra, davanti al casolare risalente alla fine dell’800 costruito dal proprietario di una porzione di terreno dell’epoca. Per avere leggi di tutela sul patrimonio culturale bisognerà aspettare qualche primo rudimento arrivato nel 1908. Trenta, almeno, gli ettari di terreno sui quali la ‘civita’ romana si estende sul territorio di Cupra Marittima, uno solo gli ettari attualmente riportati alla luce grazie agli scavi iniziati negli anni 2000 realizzati grazie a delle sovvenzioni. Gli scavi attualmente sono in corso a livello universitario ad opera del professore Pesando e degli allievi che si appassionano molto a questa zona perché davvero di interesse storico fondamentale. Il percorso di visita all’area archeologica si snoda seguendo le corde che tracciano il cammino e che accompagnano il turista che può scegliere di vistare la zona anche senza guida turistica perché ogni punto di interesse è storicamente spiegato da un pannello informativo. Il parco è aperto tutti i pomeriggi dalle 17,30 alle 20,30 (prima farebbe troppo caldo) e ad accogliere il turista l’area del mercato all’interno della quale troviamo un’altra piccola cella di culto, decorata in quarto stile pompeiano, questa volta dedicata a Mercurio, dio del commercio e del guadagno. Il foro della civita, ancora oggi come un tempo, è rivolto alla convivialità e all’incontro, ospitando eventi, degustazioni, spettacoli, rappresentazioni.
Il dettaglio storico: la ricostruzione della cella del tempio del secondo secolo d.C. coincide, più o meno, con il passaggio attestato di Adriano nel 127 d.C. i cui documenti parlano anche della ricostruzione di un tempio in onore della dea Cupra che l’Imperatore commissiona a proprie spese e che potrebbe essere quello di cui si è detto.
L’importanza storica: è l’unica zona delle Marche meridionali che vede la presenza di edifici imponenti, molti altri potrebbero essere rinvenuti data la vasta area ancora da scavare ma per questo sono necessari importanti risorse che consentano scavi di lungo periodo.
L’importanza ambientale dell’area: è un parco che ospita molte specie erbacee spontanee, specie arboree agrarie e arboree spontanee rappresentando un’area naturalistica dalla biodiversità perfettamente conservata.
Il futuro: su questo l’assessore Daniela Luciani non ha alcun dubbio: «Valorizzare il parco archeologico prima di tutto per la nostra stessa comunità perché da qui ritroviamo le nostre radici rafforzandone il senso di appartenenza alla comunità ma anche per continuare ad essere una testimonianza storica di notevole importanza».
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