Le condizioni in cui a Campolungo di Ascoli versa la storica dimora di Villa Sgariglia non si schioda. Sull’argomento, come avvenuto in passato, interviee di nuovo “Italia Nostra” e lo fa con il presidente della sezione ascolana Gaetano Rinaldi che ne ripercorre le tappe. E indirizza l’ennesima missiva a Giovanni Issini (soprintendente Marche Sud), Marco Fioravanti (sindaco di Ascoli), Giorgia Latini (assessore regionale alla cultura), Massimo Sargolini (direttore Scuola Architettura e Design di Ascoli), Antonella Caroli (presidente nazionale di Italia Nostra), Maurizio Sebastiani (presidente regionale di Italia Nostra) e alle associazioni culturali e di tutela del territorio.
Ecco cosa dice Rinaldi: «La destinazione, dopo le infelici esperienze pregresse, rimane quella della destinazione di tipo residenziale turistica del complesso. Si era partiti nel 2000 quando, in occasione del Giubileo a Roma, vennero distribuite, come al solito, risorse a pioggia in tutta Italia per favorire la realizzazione di strutture destinate ad ospitare i pellegrini diretti nella Capitale. Così ad Ascoli venne assegnata la somma di due miliardi delle allora lire per destinare la sontuosa Villa Sgariglia a “ospizio dei pellegrini”.
Naturalmente, stante la destinazione per così dire povera, era prevista la realizzazione dei bagni al piano e non nelle singole camere. Naturalmente, in corso d’opera, si comprese l’erronea destinazione del complesso, stante la totale mancanza di pellegrini in transito da Ascoli diretti a Roma. Si optò per una ristrutturazione di diverso tipo: non più “ospizio per i pellegrini”, bensì, visto il prestigio della costruzione, un albergo di elevato standing per clienti danarosi. Ma purtroppo non fu fatta probabilmente alcuna indagine preventiva sulla entità dei flussi turistici attivabili. Il che determinò entrate limitate non in grado di assicurare un’accettabile copertura dei costi di gestione della struttura.
Si ritenne di superare l’ostacolo pensando di utilizzare la struttura per le cerimonie nuziali. Purtroppo, per complicare le cose, mancava un spazioso locale per ospitare gli invitati alle cerimonie nuziali. Fu autorizzata (da chi?) la realizzazione di un immenso gazebo in strutture metalliche che coprì per tutta la sua lunghezza il terrazzo posto al primo piano della villa, arrecando in questo modo un danno enorme all’armonia e al decoro del capolavoro di Lazzaro Giosafatti. Ma anche questa soluzione di ripiego non produsse probabilmente risultati positivi. La conseguenza fu la chiusura dell’attività e l’abbandono al degrado della splendida villa peraltro non più tale per la presenza inquietante dell’immenso gazebo.
Ora si torna al punto di partenza. Non più “ospizio per i pellegrini”, e nemmeno albergo di qualità, bensì struttura ricettiva tipo “country house”: locuzione che, tradotta in italiano, significa “casa di campagna”. Anche se di lusso. Guai a pensare a qualcosa di differente. Per esempio destinare Villa Sgariglia a sede del Centro di studio e coordinamento del sistema delle risorse culturali delle “Terre della Primavera Sacra” e della Riviera delle Palme e dei “Dieci parchi culturali e ambientali” (tra cui quello della Ville Nobiliari Picene) individuati come moduli nell’ambito del Sistema. Al massimo si era pensato a qualcosa di diverso quando si propose di realizzare nella zona perfino un autodromo. Ma, fortunatamente, la proposta, inaccettabile, non fece molta strada. Ora quella della “country haus” è probabile che vada avanti.
Dobbiamo augurarci, per evitare che ci sia un altro esito fallimentare, che prima di iniziare questa nuova avventura vengano fatte attente analisi dei flussi turistici attivabili per non trovarsi, solo dopo, in cattive acque e sollecitare altre soluzioni per superare gli ostacoli. Non si ritiene, comunque, che si possa ancora fra ricorso alla… scialuppa di salvataggio delle cerimonie nuziali, non solo per la riduzione ormai conclamata del numero dei matrimoni, ma principalmente perché per ripristinare armonia e decoro della prestigiosa struttura si dovrà assolutamente eliminare l’immenso gazebo che ha completamente stravolto l’elegante immagine di Villa Sgariglia.
Per tutto questo rivolgiamo un caldo appello al soprintendente Marche Sud perché, dopo aver effettuato tutti gli accertamenti sulla regolarità della realizzazione del gazebo, si provveda alla sua eliminazione per restituire la primitiva armonia alla prestigiosa opera architettonica di Lazzaro Giosafatti. Con l’ulteriore preghiera di fare tutto quanto possibile per avviare il restauro della incantevole Chiesa dell’Assunta, ora in una condizione di degrado insostenibile, un edificio che completa, anzi completava, con la sua sobria eleganza il valore rilevante di una delle ville nobiliari più belle delle numerose presenti nella Vallata del Tronto e nella Riviera delle Palme».
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