Una storia di amore, passione e attaccamento al territorio sbocciata, quasi per caso, nel diciannovesimo secolo e proseguita fino ai nostri giorni. Tutto ha inizio nella prima metà dell’Ottocento. Dove? Ad Ascoli, ovviamente, e più precisamente negli ambienti dell’alta borghesia cittadina. Sotto le cento torri, le nobili famiglie ascolane possono contare su una grande disponibilità di carne, personale di cucina esperto e, aspetto da non sottovalutare, un prodotto tipico che qualche secolo più tardi sarà in grado di meritare la “Denominazione di Origine Protetta” (Dop).
Una combinazione vincente che, grazie all’idea dei cuochi che prestavano servizio nelle cucine della nobiltà locale, darà vita all’oliva all’ascolana, indiscusso piatto principe della tradizione culinaria cittadina che già agli albori abbinava in maniera decisamente innovativa le varietà di carni a disposizione, facendone un ripieno perfetto.
Alla base della inimitabile ricetta c’è ovviamente l’oliva tenera ascolana, la varietà tipica del territorio, leggermente più piccola della media, tenera – ovviamente – ma particolarmente delicata nella coltivazione, che nel Piceno ha trovato il suo habitat naturale e che, una volta farcita con un mix di carne di manzo, suino e pollo, dà vita ad un’irresistibile tentazione per gusti di ogni età.
Dall’Ottocento, ad Ascoli, la ricetta si tramanda di generazione in generazione e, come spesso avviene in questi casi, ogni famiglia può aggiungere un tocco personale a una ricetta che, di casa in casa e di città in città, assume profumi e sapori diversi, con una serie di reinterpretazioni più o meno canoniche ma comunque accomunate da un Dna tipico ascolano al 100%.
Ancora oggi, le olive all’ascolana rappresentano una vera e propria istituzione gastronomica, capace di raccogliere consensi sia in patria che al di fuori dei confini della città, finendo per deliziare i palati di tutto il mondo, Stati Uniti compresi.
Sono davvero numerose, infatti, le testimonianze che arrivano dall’altra parte del pianeta di giovani imprenditori, famiglie e studenti che, pur lontani migliaia di chilometri da casa, non rinunciano a rimboccarsi le maniche e a cimentarsi in una preparazione che sembra davvero conoscere confini, conquistando clienti o più semplicemente amici e colleghi con un gusto inconfondibile.
Anche gli USA hanno scelto di “adottare” l’oliva all’ascolana, e c’è chi conosce questo prodotto italiano proprio negli Stati Uniti, Paese in cui si può arrivare solo muniti di un ESTA, autorizzazione digitale di viaggio collegata elettronicamente al passaporto del viaggiatore. Molte le testimonianze di chi, approdando in USA, ha voluto assaggiare questo prodotto tipico ascolano che costituisce spesso la fortuna dei ristoratori italiani all’estero, calamitando clienti da ogni parte del mondo. Per fare questa esperienza culinaria negli USA è comunque necessario essere in possesso di un passaporto statunitense oppure richiedere un visto o più semplicemente un ESTA, riservato ai viaggi d’affari e alle vacanze negli Stati Uniti della durata massima di 90 giorni. Ma il vero turista curioso non si lascia comunque demotivare da questo perché per richiedere l’ESTA basta compilare un semplice modulo in formato digitale. Una volta effettuato il pagamento, i dati dei viaggiatori vengono inviati all’Ufficio delle dogane e della protezione delle frontiere degli Stati Uniti, che nel giro di tre giorni – in media – elaborerà la richiesta e concederà l’ESTA che resterà valido per 24 mesi a partire dalla data di rilascio o fino al termine del periodo di validità del passaporto.
L’autorizzazione di viaggio dà diritto a compiere un numero illimitato di soggiorni negli USA nell’arco dei 24 mesi, con l’unica limitazione imposta dalla durata massima di 90 giorni consecutivi.
La procedura prevista dall’ESTA è semplice e intuitiva, il modo più comodo e rapido per godersi un’esperienza negli Stati Uniti in tutta serenità. Perché no, magari assaporando un’oliva all’ascolana Made in USA.
F.A.
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