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Fermo pesca, gli armatori non ce la fanno più: «A maggio nuovo stop, bisogna cambiare le regole»

SAN BENEDETTO - Raccolte le firme di 22 volanti di stanza tra la Riviera delle Palme e Brindisi. Oltre alla rimodulazione del fermo, gli operatori chiedono che vengano applicate le quote di pescato e la cassa integrazione di settore
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Le volanti di San Benedetto chiedono udienza presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali

 

di Giuseppe Di Marco

 

Fermo pescaquotecassa integrazione di settore: riguardano questi argomenti le rimostranze delle volanti di San Benedetto, che vista l’assenza di risposte del governo all’appello lanciato mesi fa, hanno deciso di fare nuovamente gruppo per essere ricevuti e confrontarsi sulle principali problematiche che attanagliano la categoria.

 

A prendere l’iniziativa è ancora una volta Enzo Raffaele: l’armatore ha organizzato una nuova raccolta firme attorno ad un documento che a breve verrà inviato al Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. «Con il nuovo governo pare debba cambiare anche la direzione del Dipartimento pesca – dice Raffaele – sicché da quando abbiamo scritto la prima volta a Roma non abbiamo ancora ricevuto risposta. E oramai non ce la facciamo più: bisogna che le questioni che ci stanno a cuore vengano affrontate in modo approfondito, affinché la categoria possa tornare a lavorare in modo quantomeno sereno».

 

Il tema più importante è la rimodulazione del fermo biologico. «Dobbiamo ancora capire in quale periodo la pesca delle sardine e delle acciughe sarà costretta a fermarsi – continua l’armatore – stando a quanto ne sappiamo, dovremmo fermarci per tutto il mese di maggio. Una soluzione che va assolutamente rivista, e non con le alternative finora avanzate, ovvero tra giugno e luglio». In precedenza, lo stesso Raffaele propose al Dipartimento pesca di prevedere il fermo fra agosto e settembre: per due mesi consecutivi, così da non influenzare negativamente l’attività nel periodo più importante.

 

Oltre alla questione del fermo, c’è anche quella delle quote di pescato che ancora non sono state applicate, con effetti sul mercato sfavorevoli al commercio del piccolo pelagico. Infine, gli armatori chiedono di ricevere la Cisoa, misura economica d’indennizzo ancora non corrisposta. «Siamo 22 imbarcazioni, di stanza in diversi porti che vanno da San Benedetto a Brindisi – conclude Raffaele – in ogni caso, non intendiamo essere inutilmente polemici nei confronti del Dipartimento pesca, ma è anche vero che la nostra categoria non può essere abbandonata a sé stessa».


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