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Manca il personale in “trincea”, Chiari: «Per il nostro ospedale sta arrivando la tempesta perfetta»

SAN BENEDETTO - Il primario di Ginecologia, assieme agli omologhi Parato (Cardiologia) e Petrelli (Medicina d'urgenza) hanno messo in evidenza i punti cardine del fabbisogno sanitario della Riviera. Riflettori puntati sul nuovo Piano Sociosanitario
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L’ospedale “Madonna del Soccorso”

 

di Giuseppe Di Marco

 

«Per il nostro ospedale sta arrivando la tempesta perfetta. In assenza di numeri adeguati in termini di personale infermieristico, e con tante aspettative in arrivo, la prossima estate potrebbe essere difficilissima da gestire». E’ con queste parole che il dottor Andrea Chiari, primario di Ginecologia, descrive il probabile scenario in cui si potrebbe ritrovare l’ospedale di San Benedetto.

 

Chiari, assieme a Giuseppina Petrelli e a Maurizio Parato, sono stati invitati in commissione sanità ad esprimere la propria opinione sul nuovo Piano Sociosanitario redatto dalla Politecnica delle Marche e dalla Bicocca di Milano, presentato alcuni giorni fa dal vertice regionale.

 

Il responso non è affatto positivo. In generale, i primari parlano di dati generici, su cui sarà difficile costruire una seria analisi del fabbisogno sanitario della Riviera. Nel frattempo, i direttori delle unità operative ribadiscono che il problema principale, ovvero la carenza di personale, continua a radicarsi.

 

La discussione è stata aperta dalla Petrelli: «La situazione del nostro ospedale si ascrive nel contesto della crisi nazionale – ha spiegato il primario di Medicina d’urgenzaC’è una grande carenza di medici: noi siamo al 50% del personale. Eppure ci sono tante potenzialità sia per il dipartimento medico, sia quello chirurgico. La politica, quindi, dovrebbe chiedersi qual è la missione per l’ospedale di San Benedetto. Il budget va ridistribuito in base alle nostre esigenze, seguendo due binari: una serie di misure immediate e una riorganizzazione più lenta».

 

Il Piano punta molto sulla medicina territoriale: «Sono d’accordo, ma quanti anni ci vorranno per organizzare case della salute? – continua Petrelli – Nel frattempo dobbiamo tamponare l’urgenza. Abbiamo un 30% dei casi per i quali è necessaria alta competenza, quindi bisogna trovare un cappello normativo perché al Pronto soccorso venga assunto un numero congruo di specialisti. Per non chiuderlo abbiamo dovuto accettare turni gestiti da una cooperativa. Spero che questa situazione, con la Medicina d’urgenza che non funziona a regime, si risolva entro breve».

 

Sulla questione del personale è tornato anche Chiari: «Attorno alla carenza di personale c’è un equivoco – ha aggiunto il primario di Ginecologia – Di questo, nei due plessi, ce n’è tanto. Ma vogliamo chiederci dove è stato allocato? In “trincea” sono pochissimi, mentre di ruoli amministrativi moltissimi. La sensazione è che il futuro direttore Ast avrà una responsabilità per cui tutto quello che finora è stato rimandato, non potrà più essere procrastinato: ad esempio si dovrà risolvere il problema dei doppioni negli ospedali».

 

A chiudere il dibattito è stato Maurizio Parato, che dopo aver sottolineato la necessità di ammodernare la dotazione tecnologica della Cardiologia – soprattutto tac coronaricarisonanza – è passato alle criticità del Piano: «Il piano steso dalle università è piuttosto generico – ha concluso il primario – In un documento del genere bisogna indicare non solo gli obiettivi, ma anche come si intende raggiungerli. Il piano dice come devono essere distribuite le Utic, ma non quali debbano essere i nodi “hub” e “spoke” della rete. Per quel che mi riguarda, non c’è nulla sulla prevenzione cardiovascolare. E sui posti di lungodegenza? Deve essere chiaro che bisogna aumentarli».


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