di Maria Nerina Galiè
«Un Paese senza infermieri è destinato a fallire e, soprattutto, a regredire»: lo dice con convinzione Laure Morganti, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Ascoli, nella Giornata mondiale dell’Infermiere, oggi 12 maggio.
I fatti del Covid confermano le sue parole: il ruolo fondamentale degli infermieri ha permesso al Sistema sanitario piceno – forse più che nel resto del territorio nazionale – di “tenere botta”, nonostante sia andato molto vicino a crollare.
«Il rischio implosione era dietro l’angolo, la pandemia ha soltanto rappresentato l’innesco», sottolinea la dottoressa Morganti, nei cui ricordi sono ancora vivi i momenti di duro lavoro, con turno massacranti, caratterizzati anche da un concreto pericolo, all’inizio, per la scarsità di dispositivi di protezione.
Eppure gli infermieri del Piceno sono rimasti sempre al loro posto, dispensando cure ma pure il prezioso – spesso unico nel momento più tragico – conforto umano ai tanti malati, lontani dalle famiglie per le rigide e indispensabili regole.
La presidente Opi del Piceno, come membro della Commissione d’Albo delle Federazione nazionale, oggi sarà a Bergamo e Brescia, per prendere parte alle celebrazioni nelle città che più hanno pagato, in termini di morti anche tra gli operatori sanitari, durante la pandemia.
Ma questa giornata deve essere l’occasione per guardare al futuro con fiducia, «per ricompattare l’alleanza tra infermieri e cittadini.
Non dateci “una pacca sulle spalle” – sono ancora le parole della presidente Morganti – ma la convinzione che, insieme, abbiamo voce in capitolo nelle “stanze dei bottoni” e chi è deputato a decidere deve tener conto delle nostre istanze.
Oggi deve prevalere la speranza che, quanto promesso in ambito organizzativo, per migliorare le condizioni e, di conseguenza, le prestazioni, sia presto mantenuto».
Dal primo maggio l’Organizzazione mondiale della Sanità ha dichiarato la fine della pandemia da Covid. Ma gli insegnamenti che questa ha impartito restano: «Il Covid ha acceso i fari sull’importanza della medicina territoriale – è sempre la presidente Opi a parlare – sulla strategia di tenere il più possibile gli utenti fuori dagli ospedali, che piuttosto devono essere deputati alla cura delle acuzie».
Sono programmi inseriti sia nel piano regionale che nel Pnrr salute. La figura dell’infermiere di famiglia e di comunità è un concreto obiettivo. Mancano, però diversi aspetti da perfezionare.
«Per adesso – continua la Morganti – nelle Marche sono stati avviati programmi sperimentali, in cui l’aspetto decisionale è ancora appannaggio di altri e l’infermiere si limita ad eseguire prestazioni impartite.
Ecco, l’infermiere di famiglia, che dovrà prendere in carico il paziente e tutto il nucleo familiare appunto, avrà autonomia decisionale».
Per procedere in questa direzione, l’aspetto formativo è determinante.
Morganti: «Il piano di studio per adesso è triennale, con il biennio della Magistrale, al momento abilitante soltanto all’orientamento Manageriale. L’auspicio è di istituire l’orientamento Clinico Avanzato, che abilita alla specializzazione in Pediatria, dove si registrerà una forte carenza a breve, ma anche in Psichiatria, ad esempio, alle Cure palliative e all’Emergenza e Urgenza.
Ho fatto richiesta alla Regione, in tal senso, ma non ho ancora avuto risposta.
E’ vero anche che abbiamo dei professionisti con competenze acquisite sul campo, in anni di lavoro in determinati settori e sarebbero perfettamente grado, fin da ora, a ricoprire ruoli specifici, come previsto nel programma».
La presidente Opi della provincia di Ascoli, in carica dal 2017 ed al secondo mandato, conosce bene anche il problema della carenza di personale: «È di dominio pubblico che la carenza di infermieri è un problema per l’organizzazione dei servizi, e soprattutto rispetto alla qualità dell’assistenza.
L’importanza dell’infermiere nel sistema salute è sostanziale, non è uno slogan, bensì un dato di fatto, riscontrabile in molteplici studi scientifici.
La carenza porta a un altro dato più allarmante: secondo studi internazionali, quando in media si ha un infermiere ogni 6 assistiti il rischio di mortalità scende del 30%, ma l’Italia è sulla media di 11, proprio a causa della mancanza di personale infermieristico.
La carenza infermieristica in Italia (circa 65-70.000 unità) è riconosciuta anche a livello internazionale.
E’ fondamentale quindi l’aspetto organizzativo, dettato dalla politica socio sanitaria, per tenere alto il livello di cure. Nel Piceno, sotto certi aspetti, siamo al limite».
Dottoressa, un commento sulle vertenze sindacali e le tensioni tra i sindacalisti: «L’Ordine non può entrare nel merito delle diatribe sindacali. Lo deve fare solo nella misura in cui queste impattano sul livello di sicurezza delle cure».
Non siamo a questo punto?
«Posso dire che abbiamo una popolazione di professionisti, i quali tamponano in ogni modo le carenze e le difficoltà. Ma le risposte devono arrivare, prima possibile.
L’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Ascoli ribadisce la sua disponibilità, sia alle autorità regionali che locali, per studiare insieme strategie orientate alla soluzione di una situazione che rischia di essere drammatica per l’appropriatezza delle cure erogate».
«Due sono gli approcci al lavoro – conclude la presidente provinciale Opi – sporcare e consumare, oppure essere un valore aggiunto al sistema.
Io sono convinta che la maggior parte di noi, che abbiamo scelto questa professione, sia per adottare il secondo».
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