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Il Parco della Rimembranza: storia di un “giardino della memoria”

ASCOLI - Cent’anni fa nascevano, in Italia, i Parchi della Rimembranza, viali o aree alberate intesi come “giardini della memoria”, dedicati ai caduti della Grande Guerra che, nel nostro Paese, furono circa 600.000. Erano luoghi di grande forza evocativa e di una certa importanza paesaggistica; anche Ascoli vanta una di queste istituzioni: il parco urbano oggi conosciuto come Parco dell’Annunziata
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Lo scalone che risale il pendio settentrionale del Parco (foto Cat. BBCC)

 

di Gabriele Vecchioni

 

Qualche mese fa, sull’inserto settimanale di un importante quotidiano nazionale, un articolo di Rossella Sleiter, con un’attenta ricostruzione degli eventi, ricordava il centenario della «nascita e dell’evoluzione dei Parchi della Rimembranza dedicati, in origine, ai caduti della Prima Guerra Mondiale del ’15-‘18».

 

Il Principe e le Autorità sul palco d’onore costruito per l’occasione sul piazzale dell’Annunziata (foto da “Flash”)

È interessante notare che «se le realizzazioni ottocentesche si incentrarono sulla commemorazione del singolo eroe risorgimentale (si pensi alle centinaia di monumenti dedicati a Giuseppe Garibaldi o a Vittorio Emanuele II), nel primo dopoguerra si assistette piuttosto all’esaltazione del sacrificio di una intera generazione di giovani (A. Pezzi, 2014)»: i monumenti diventarono “collettivi”, non più dedicati al singolo personaggio.

 

L’idea originaria si deve a Dario Lupi, deputato e sottosegretario alla Pubblica Istruzione (nel 1923) ma «Già nel 1919 era stata costituita una Commissione nazionale per coordinare le onoranza ai caduti e le celebrazioni della memoria degli eroi di guerra (A. Pezzi, 2014)».

 

Mascherone della fontana dell’Annunziata (foto C. Perugini, spiegazione nel testo). Le volute decorative appaiono incomplete perché coperte dal terriccio (il reperto è lì dal 2002)

Gli spazi dedicati al ricordo dei caduti potevano essere anche viali, aree archeologiche, spazi sportivi, tutti rigorosamente alberati. Il numero delle piante messe a dimora era, di solito, pari a quello dei caduti originari del luogo («… gli alberi varieranno a seconda della regione, del clima, dell’altitudine, Circolare Ministeriale 27 dicembre 1922 del ministero della Pubblica istruzione»); ancora oggi, viali e parchi si identificano per la grande varietà vegetale presente (cipressi, tigli, lecci, pini), autentiche “selve votive” come furono immaginate dal legislatore. Nulla era lasciato al caso, nella circolare c’era anche un disegno di come doveva avvenire la piantagione dell’ “albero sacro”, sorretto da tutori lignei rigorosamente tricolori (v. una delle foto a corredo dell’articolo).

 

Nell’articolo viene riportata una citazione dal Bullettino toscano di orticoltura, ricordando che nel 1923 erano già 1050 i «viali e parchi dove splende la gran fiamma suscitata dall’on. Lupi nelle grandi città come nei piccoli villaggi sparsi per la campagna», diventati più di 2200 nel 1924. Vengono riferite altre dichiarazioni – un po’ retoriche, in verità – dell’epoca, dedicate «alla Rimembranza dei figli caduti per la grandezza della patria […] la virtù della gente nostra non dimentica il suo passato e guarda fiduciosa al suo avvenire».

 

La scalinata che porta alla Fortezza; a dx, la Torre del Cucco (cartolina anni ’70)

Per la sua idea, Lupi si era ispirato alle “strade della rimembranza” canadesi, oltre che a esperienze consimili francesi e della Gran Bretagna. Ancora Pezzi spiega che i “luoghi della memoria” erano previsti come luoghi da percorrere piuttosto che da osservare, uno scenario dove il visitatore poteva vivere un’esperienza di raccoglimento e di contemplazione, dove si realizzava «un intimo rapporto tra lo spazio antropizzato e l’elemento vegetale».

 

La costruzione di parchi del Ricordo e, più precisamente, la piantagione di essenze arboree per ricordare i morti è una tradizione antica, precristiana. L’albero è memoria del caduto ma simboleggia anche la rinascita: «Le radici affondano nel terreno, i rami si slanciano verso il cielo […] Il sottosuolo è il regno dei morti, è la memoria, è il passato. La corsa verso il cielo è la vita, l’avvenire, la speranza (F. Boer, 2020)».

 

Come anticipato all’inizio dell’articolo, anche Ascoli ebbe il suo Parco della Rimembranza, più conosciuto oggi come Parco dell’Annunziata. Vediamo brevemente la sua storia.

 

Veduta aerea della sede della facoltà di Architettura (ex-ospedale Mazzoni). La via alberata (in alto nella foto) è il Viale della Rimembranza (foto D. Galiè)

Il Parco, come tanti altri in Italia, nasce negli anni ’20 del Novecento ma la sua progettazione, voluta dall’amministrazione comunale picena (che stanziò la somma iniziale di 40.000 lire di allora, pari a poco meno di 50.000 euro di oggi) e affidata all’ingegner Paoletti, è antecedente (1919).

 

Per la realizzazione dell’opera fu scelta un’area non lontana dal centro cittadino, ancora relativamente spoglia di vegetazione, la collina che dominava l’abitato e dove sorgeva l’antico capitolium cittadino. All’inizio, fu realizzato il viale d’accesso (l’attuale Viale della Rimembranza), a partire da Via Pretoriana (la costa per gli ascolani); la parte più elevata insisteva sulla strada aperta già nel 1893. Successivamente, ci fu la creazione delle aiuole e la piantagione di essenze arboree e arbustive (4000 circa). In cinque anni circa, il Parco fu terminato e potette essere inaugurato il 5 luglio 1925, alla presenza del principe ereditario Umberto di Savoia, futuro Re d’Italia.

 

Statua delle Vittoria; in primo piano, un esemplare di tiglio (foto Cat. BBCC)

Il Principe di Savoia fu accolto in Municipio dal sindaco, avv. Franchi, che celebrò la costituzione del Parco per onorare la memoria dei «combattenti che compirono nell’ultima guerra tutto il loro dovere […] caddero serenamente sul campo rivolgendo l’ultimo loro pensiero alla Patria e al Re».

 

Un lungo servizio di Antonio Paoletti sulla rivista locale Flash informava (1983) che il Principe salì, poi, al «Colle dell’Annunziata per presenziare all’inaugurazione del Parco delle Rimembranze; fanno ala lungo i magnifici viali, fiancheggiati dai sacri alberi della riconoscenza» ben 1200 bambini delle scuole elementari, tutti rigorosamente in grembiulino bianco «di ottimo effetto».

 

Il Parco visto dalla Fortezza Pia (cartolina del 1948)

Per la realizzazione dei diversi Parchi della Rimembranza esistevano degli elenchi ufficiali di piante da utilizzare, in base alle diverse “zone climatiche” italiane, ma non sempre tali ordini furono rispettati (in Liguria furono utilizzate anche le palme, non contemplate dagli elenchi prima citati). Nel caso di Ascoli, furono scelti come “alberi del ricordo” i pini d’Aleppo, una conifera ben adattata al clima locale: erano 379, uno per ogni caduto ascolano della Prima Guerra Mondiale.  Ogni albero aveva «una targhetta recante il nome di un caduto»; le targhette indicatrici non sono più rintracciabili.

 

Uno degli “alberi del Ricordo” (foto G. Vecchioni)

I lavori continuarono e nel 1927 fu costruita la cosiddetta scalinata dell’Annunziata che da via Dino Angelini arriva al soprastante parco. Più tardi, fu realizzata la strada che porta alla Fortezza Pia e furono sistemate le opere accessorie. A tale proposito, ricordiamo che nel muraglione di sostegno del terrazzamento vicino alle sostruzioni dell’Annunziata, all’altezza della curva che immette nella suddetta strada, erano stati ricavati tre arconi; in quello centrale era sistemata una fontana costituita da una conchiglia di raccolta dell’acqua che fuoriusciva da un cannello metallico sistemato nella bocca di un mascherone di travertino. Il mascherone fu scalpellato e asportato nel 1988; fu ritrovato a Bari, nel 2002, dagli agenti dei Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Artistico. Da allora, giace appoggiato a un muro interno del giardino comunale a Piazza Arringo.

 

Pietre di recupero utilizzate su un muro del Parco (foto G. Vecchioni)

Del Parco della Rimembranza originario e della sua monumentalità (aiuole delimitate da conci e piccoli massi di travertino, statue ed erme commemorative) non è rimasto molto:  la crescita delle piante – ormai centenarie – e la frequentazione umana, con il degrado e i danneggiamenti che porta, hanno alterato l’impianto iniziale. A questo proposito, una breve precisazione: nella formazione del Parco, fu utilizzato un maggior numero di piante sempreverdi rispetto alle caducifoglie (più “spettacolari” per il foliage); la loro stessa ubicazione (si pensi ai cipressi lungo la scalinata che porta alla Fortezza) non esalta la monumentalità delle costruzioni, ma la nasconde. Resta una bellissima area verde all’interno della città, un parco urbano da conservare e da proteggere gelosamente, anche perché poche altre città possono vantarsi di averne uno simile, almeno così esteso (il Parco dell’Annunziata è vasto circa 3-4 ettari).

 

Schema di messa a dimora delle piante (Circ. Min. 22 dic. 1922)

 

A sinistra frontespizio dell’opera di Dario Lupi Parchi e Viali della Rimembranza (1923); a destra cartolina commemorativa

 


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